«

»

Mar 27 2022

Print this Articolo

VINO, IL VALORE SOCIALE E TERAPEUTICO DI UN CALICE A SANA SLOW WINE FAIR

Centopassi, Valdibella, l’Olivera: storie di riscatto e inclusione che passano dalla vigna. Per tre giorni, a Bologna, oltre 500 cantine provenienti da 18 Paesi in mostra nell’evento firmato Slow Food

La squadra dei ragazzi di Valdibella, cooperativa di agricoltori bio a Camporeale 

Buono, pulito e giusto. Ma anche appassionato, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostenibile a livello sociale. Così è il vino che si mette in mostra da domenica a martedì con la prima edizione di Sana Slow Wine Fair, l’evento che porta a Bologna oltre 500 cantine provenienti da 18 Paesi per affermare che il nettare di Bacco non è soltanto Pil, ma economia relazionale e simbolo della transizione ecologica. Un po’ come quello ormai famoso che la cooperativa Libera Terra produce, con il marchio Centopassi, grazie alle uve coltivate su terreni confiscati alle mafie, arricchendo il bouquet nel calice di sapori quali giustizia, diritti, onestà.

 Centopassi: le uve sono coltivate su terreni confiscati alle mafie 

Insomma, che il vino sia semplicemente buono non basta più: è da questa consapevolezza che nasce il lavoro di Slow Food sul vino e che ha portato alla creazione di una manifestazione che intende uscire dai soliti schemi fieristici per mettere in primo piano idee, valori e princìpi che ruotano intorno alla sostenibilità ambientale, alla tutela del paesaggio e all’equità sociale del lavoro in vigna per contribuire a cambiare il sistema agricolo. Di “sostenibilità” si sente parlare sempre più spesso. Ma che cosa significa essere sostenibili in ambito enologico? Per gli organizzatori di Sana Slow Wine Fair la risposta è semplice: “Non ci sono soltanto la cura dei filari e la potatura delle piante tra i compiti dei vignaioli. Non è sufficiente occuparsi della raccolta e della pigiatura delle uve, così come non basta seguire la fermentazione e l’imbottigliamento”. E spiegano: “Tra i ruoli di chi lavora in vigna c’è quello sociale: significa che il vignaiolo può, e deve, essere motore di crescita economica grazie al rapporto virtuoso instaurato con i propri dipendenti e con le comunità con cui la propria cantina interagisce”.

La vendemmia dei Centopassi 

Per Gianluca Brunori, docente di Food Policy e di Marketing del vino all’Università di Pisa, “occorre che i produttori maturino consapevolezza della relazione che hanno con l’ambiente sociale circostante, facendo sì che si traduca in senso di responsabilità. Pensare al proprio business, ragionare in termini meramente economici, significa rischiare di incrinare questo equilibrio”.

Stesso discorso per quanto riguarda il rapporto con i propri lavoratori: “E’ innanzitutto indispensabile corrispondere un compenso equo e rispettare le norme in materia di contratti di lavoro, aspetti che non debbono più venire disattesi. In secondo luogo occorre creare le condizioni affinché vi sia reale integrazione e arricchimento culturale reciproco: produrre vino significa anche fare comunità, con tutto ciò che ne deriva”.

L’Olivera, in Spagna  

Ecco allora che a Bologna si potrà fare il giro d’Italia e del mondo sorseggiando calici di rossi e bianchi che non sono grandi solo nel palato, ma anche in tutta la filiera che precede l’arrivo a tavola. Vini come quelli di Valdibella, cooperativa di agricoltori bio a Camporeale, in provincia di Palermo, che coltiva la terra e le relazioni umane nel rispetto degli equilibri naturali e sociali.

La cooperativa è nata nel 1998 in un territorio a forte vocazione rurale, affiancandosi alla comunità salesiana Itaca che si occupa di accoglienza di giovani con disagio sociale e promuovendo, attraverso il progetto Jonathan, il loro inserimento nel mondo del lavoro. “Abbiamo ereditato dai nostri padri un sapere colturale e l’abbiamo coniugato con quello culturale – dicono -. Loro ci hanno indicato la strada e noi oggi la percorriamo con una nuova consapevolezza”. 

L’Olivera, cooperativa sociale che coltiva e produce vini e oli biologici in Catalogna 

Un percorso simile a quello fatto in Spagna da L’Olivera, cooperativa sociale che coltiva e produce vini e oli biologici in Catalogna, poco distante da Barcellona, inserendo disabili e persone in difficoltà. “L’Olivera è un progetto collettivo e inclusivo, fatto di tante mani e tante voci, come pietre di forme diverse costruiscono un muretto a secco – spiegano i produttori spagnoli -. Un paesaggio umano che incastona pietre irregolari, persone diverse, per costruire un progetto solido, pietra dopo pietra, persona per persona”. Fonte: La Repubblica, IL GUSTO, Roberto Fiori, 27.03.2022

Permanent link to this article: https://www.slowfoodvalliorobiche.it/vino-il-valore-sociale-e-terapeutico-di-un-calice-a-sana-slow-wine-fair/