di Katharina di Nieuwerve
Postfazione di Gianni-Emilio Simonetti
pagg. 144; anno 2010
Editore: DERIVEAPPRODI
Descrizione
Non solo ricette insolite o curiose, ma il cibo come un filo che racconta e lega i piaceri della tavola alla vita corrente di uomini e donne, alla civiltà dei sapori, alle astuzie dell’onnivoro, alle cerimonie della convivialità e ai peccati della carne che la esaltano.
L’autrice, giornalista e gastronoma, ci guida alla ricerca degli odori, degli aromi, dei flaveurs che eccitano i nostri sensi e suscitano il nostro appetito e il nostro godimento alimentare, senza tralasciare l’aneddotica che, dalle olive e fichi secchi di Platone al body-sushi, accompagna la storia degli atti alimentari. Come si prepara l’hamburger che non mangerete mai in un fast-food? Che cosa sono i «ditalini della fata»? È facile cucinare un mole poblano? Che cos’è il fonio e perché è fondamentale nell’equilibrio alimentare dell’Africa? Come si prepara una torta di pere allo zafferano? Qual era il piatto più amato dai clienti del mitico «Cotton Club» di Harlem? Che cos’è il poutine? È vero che i belgi soffrono di fritetudine? Com’è finito il dirigibile Zeppelin nel piatto dei lituani? Solo alcuni dei temi trattati in questo piccolo viaggio cucinario.
In post-fazione al libro una riflessione sul gusto di Gianni-Emilio Simonetti, docente di Food-Design presso il Politecnico di Milano-Bovisa.
Katharina di Nieuwerve
Katharina di Nieuwerve, erede di un’antica e nobile famiglia delle Fiandre, dopo una breve carriera diplomatica, che le ha permesso di girare il mondo, si è specializzata in giornalismo gastronomico. Vive ad Amsterdam.
un assaggio…
I diablotins di Père Boisvin
«Dio fece il cibo, ma certo il diavolo fece i cuochi».
James Joyce
Durante la stagione della Restauration i parigini affollavano gli ippodromi di Chantilly e molti di essi, già a partire dalle dieci del mattino, a cavallo o in carrozza intasavano l’Avenue de Clichy per potersi permettere una sosta presso il Père Boisvin, una locanda con una sala da pranzo grande come un fazzoletto, prima di proseguire la passeggiata sull’Avenue de Saint-Ouen. Nei giorni di sole, di malavoglia, Père Boisvin, aggiungeva due o tre tavoli accanto alla porta d’ingresso e qualche panca accanto alle botti sul retro. Completavano l’esercizio due sale comunicanti al primo piano, esclusivamente riservate alle nobildonne. La stessa duchessa de Berry, en robe en crêpe Élodie, di color blu come il mare, si vantava di aver assaggiato questa cucina.
Chi era Boisvin? Si diceva che fosse stato il cuoco di Paul Barras, uno dei capi del Direttorio che governò la Francia dal 1795 al 1799, grande corrotto e geniale corruttore, dissoluto quanto basta per una fama da puttaniere, amante di Joséphine Tager de la Pagare, vedova di Beauharnais, che per liberarsene la gettò tra le braccia di Napoleone Bonaparte. Cuoco e anche manutengolo tanto da dover cambiare il cognome che era Boisgin e con il quale aveva diretto le cucine del Petit Hôtel La Rochefoucauld, in rue des Saints-Pères. Un piccolo e confortevole hotel dove il duca cercava di conciliare il disprezzo del genere umano, le esigenze rivoluzionarie e l’odore di sangue dei ghigliottinati. Una missione politica che non gli impediva di essere fiero della sua cucina e di accogliere alla sua tavola i numerosi amici e alleati, tra cui appunto il giovane Alexandre de Beauharnais. Nel 1906 il gestore della locanda di Chantilly era un successore di questo cuoco che insieme a Lapeyrouse e Frédéric – come si chiamava questo locale prima di diventare la Tour d’Argent – costituivano il meglio della ristorazione francese. In particolare la cucina di Boisgin era improntata alla massima semplicità e perfezione e a una grande attenzione al modo di presentare i piatti. Le cronache gastronomiche del tempo dicevano che Parigi aveva un grande bisogno di questa elegante semplicità.
Uno degli entremets che più ottenevano il favore della clientela erano Les diablotins. Un diablotin in Normandia è una ciotola di formaggio bianco nel quale vengono messi e mescolati con cura una cipolla e uno spicchio d’aglio tagliati fini, del prezzemolo e del dragoncello tritati, un cucchiaio di mostarda bruna e forte, un pizzico di cumino e uno di paprika dolce, una punta di pepe di Cayenna e sale quanto basta. Alla fine vanno aggiunti 50 grammi di burro rammollito e si lavora ancora il tutto finché il composto non ha raggiunto la consistenza voluta, eventualmente aggiungendo un po’ di panna liquida fresca. Il diablotin si innalza a cono sul piatto di portata e si decora con del dragoncello e foglie d’alloro. Si diceva che quello del Père Boisvin avesse altri due o tre ingredienti segreti, ma nessuno li ha mai scoperti.
Diablotins alle noci e Roquefort Affettate circa 200 grammi di pane di segale e inumiditelo con della panna liquida fresca. In una ciotola mescolate con cura 50 grammi di Roquefort, 30 grammi di burro ammorbidito, 20 grammi di formaggio fresco o di ricotta. Aggiungeteci 80 grammi di noci sbucciate e tritate, un pizzico di noce moscata, qualche fogliolina di menta fresca strappata con le mani. Spalmate questo composto sulle fette di pane e doratele in forno già caldo. Decorate il diablotin con un mezzo gheriglio di noce e una fogliolina di menta. Servite subito. Le dosi sono per sei persone. Un’ottima alternativa al Roquefort è il Bleu des Causses. In questo caso potete servire i diablotins in un piatto accompagnandoli con una mezza pera, cotta nel vino, nella quale avrete messo un cucchiaio di questo formaggio dopo aver tolto il torsolo.