Immerse in duecento ettari di vigna e bosco di macchia mediterranea, le installazioni di artisti internazionali sono il fiore all’occhiello di Château La Coste
La prima domanda che vi faranno quando racconterete di aver visitato Château La Coste sarà: «Dove siete stati»? La seconda sarà: «Quelli delle polo col coccodrillo»? «No» penserete guardando al cielo, ma accondiscendenti specificherete «La-Coste, staccato: è un produttore di vino».
Certo il nome, anche se storpiato, probabilmente aiuta la fama di questo viticoltore ma, dopo aver visitato la sua vigna e la sua cantina, capirete che ha fatto tutto da solo e il successo è meritato.
Château La Coste si trova nei pressi del villaggio di Le Puy-Sainte-Réparade, non lontano da Aix en Provence, nel cuore verde della Provenza. Adagiata su una distesa di 200 ettari di vigne e boschi di macchia mediterranea la tenuta vanta una produzione di vini risalente agli antichi romani. Si coltivano vigne di Cabernet Sauvignon, Grenache, Sauvignon Blanc, Syrah, Chardonnay, Cinsaut e Vermentino, oltre agli olivi della varietà Aglandau. Agricoltura rigorosamente biologica.
Il motivo per cui ne scriviamo, però, non è prettamente enogastronomico, anche se l’esperienza enologica e il buon cibo non mancano all’interno di alcuni bar e ristoranti di livello differenziato per soddisfare tutti i gusti e i portafogli. C’è anche la possibilità di soggiornare in un’elegante struttura dotata di tutti i comfort compresa la Spa.
Château La Coste è quello che si definisce un museo a cielo aperto, meglio ancora un parco artistico e, nel caso specifico, parallelamente artistico e architettonico. In Italia una cosa simile è Arte Sella in Valsugana, ma qui, siamo di fronte all’azione di un mecenate, infatti, è lo stesso proprietario, il vignaiolo, che sostiene i costi della realizzazione delle installazioni sparse tra le sue vigne.
Il mecenate, però, non è francese bensì irlandese, il magnate Paddy McKillen, impegnato da sempre in attività alberghiere e immobiliari. Chissà se anche lui come molti anglosassoni ha scelto la Provenza dopo aver letto il libro “Un anno in Provenza” dell’inglese Peter Mayle, che consigliamo a chi ama quest’angolo di Francia.
Opere di architetti di fama internazionale (tra gli altri Renzo Piano, Frank Gehry, Tadao Ando, Oscar Niemeyer) e di artisti celeberrimi (per citarne alcuni Ai Wewei, Tom Shannon, Sophie Call) per le installazioni permanenti, ma anche artisti selezionati per le mostre temporanee che si svolgono all’interno di alcune opere che sono costruite appositamente come padiglioni per eventi ed esposizioni (contemporanei e non come Picasso e Chagall ma anche Annie Morris, Idris Khan, Bob Dylan).
La visita è sorprendente e comincia subito in una struttura pienamente parte del percorso artistico: è, infatti, Tadao Ando ad aver disegnato gli spazi dell’accoglienza dove giovani premurosi illustrano, con dovizia di particolari, come affrontare la passeggiata nelle vigne.
In autonomia o con visite guidate si viene invitati a perdersi nel Domaine, gustando la bellezza del luogo e delle installazioni, un invito a riflettere sul senso che ciascun artista ha voluto dare con il suo contributo. Un modo per trascorrere una mezza giornata fuori dal comune, immersi in un paesaggio bucolico, circondati dalla bellezza.
La visita – che può durare dalle due alle quattro ore secondo il momento di piacere che si vuol dedicare a ciascuna opera e del tempo che si vuol dedicare alla pace che la vista di una vigna regala – si conclude accanto alla cantina, quella originaria trasformata in padiglione espositivo da Jean-Michel Wilmotte e quella nuova progettata da Jean Nouvel.
Dopo tanto bello arriva anche il buono: in ogni momento della giornata è possibile mangiare e, soprattutto, degustare i vini della Maison. Viaggiare è conoscere, riempirsi gli occhi di ciò che la natura ci offre insieme a ciò che l’ingegno dell’uomo produce è un bel modo di tornare a casa molto appagati. Fonte: Linkiesta, Gastronomika, Aldo Palaoro, 07.09.2022