Si celebra oggi, 2 maggio, la Giornata mondiale del tonno, istituita nel 2016 da una Risoluzione dell’Assemblea Generale ONU per evidenziare la necessità di predisporre piani di protezione e sfruttamento controllato di questo pesce assai ricercato, importante per l’alimentazione e lo sviluppo
Una risorsa ittica assai ricercata e decisamente importante per i fabbisogni alimentari del pianeta, lo sviluppo socio – economico di interi paesi e vasti territori che si affacciano sul mare: il tonno, a buon diritto, ha la sua Giornata mondiale, istituita nel 2016 da una Risoluzione dell’Assemblea Generale ONU per evidenziare la necessità di predisporre piani di tutela e sfruttamento controllato (nel quadro degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile) di questo pesce appetitoso e appetibile.
Nel rapporto FAO sullo stato della pesca e dell’acquacoltura mondiale del 2016, nonchè nell’edizione 2017 della Ocean Conference in sede ONU, è stata ribadita la necessità di una gestione efficace per ripristinare gli stock sovrasfruttati di specie ad alto interesse commerciale quali i tonni, di cui circa 7 milioni di tonnellate vengono sbarcate nei porti ogni anno, mentre le specie migratorie di tonno rappresentano il 20 per cento del valore di tutte le attività
di pesca marina e oltre l’otto per cento di tutti i prodotti ittici commercializzati a livello mondiale.
La FAO, ha altresì osservato che la domanda globale di tonno permane elevata, con una “significativa sovracapacità” delle flottiglie tonniere, mentre va affrontato il calo degli stock derivante dalla pesca eccessiva negli oceani, sottolineando l’importanza di attuare efficacemente il quadro giuridico internazionale, come indicato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), nonché da accordi, raccomandazioni e risoluzioni annuali stabilite a vari livelli istituzionali.
Storicamente, l’uomo cattura il tonno perchè ne apprezza le carni, in termini quantitativi e qualitativi, non buttando via nulla. Per questo, in passato i grandi esemplari erano definiti come “maiale del mare”, in quanto ogni parte veniva consumata, fresca, salata o essiccata, lasciando i resti a decomporsi per essere utilizzati come fertilizzanti.
Sono più di 80 gli Stati che praticano la pesca al tonno, con migliaia di pescherecci operanti in tutti gli oceani, in particolare nell’Indiano e nel Pacifico, dove l’attività è in continua crescita ed è rivolta all’inscatolamento ed al consumo fresco, soprattutto nelle varianti sashimi/sushi.
Contestualmente, vi sono differenze rilevanti per quanto riguarda le specie target, i requisiti di qualità e i sistemi di produzione. Nel mercato dello scatolame, si preferiscono specie con carne meno grassa, come il tonno pinna gialla o il tonnetto striato, mentre a dominare nel fresco sono le specie a carne rossa, come il tonno pinna blu o il tonno obeso.
Parlando di “tonni”, si possono individuare almeno 16 specie comunemente riconosciute come tali, la metà appartenenti al genere Thunnus, tra le quali spicca il più pregiato, ovvero il tonno rosso Thunnus thynnus, oggetto del desiderio dei mercati giapponesi, dove può raggiungere quotazioni record: nel gennaio scorso, al mercato di Tokyo, un esemplare di 278 chili all’asta è stato venduto per oltre tre milioni di dollari.
Il Mediterraneo, è uno dei mari frequentati da questa specie, dove viene pescato con diversi metodi e sotto una stretta regolamentazione, oggetto di un piano di ricostituzione pluriennale delle risorsa, dopo il netto calo riscontrato nei primi anni Duemila, a causa dell’utilizzo selvaggio di attrezzi illegali e micidiali per ogni specie pelagica accidentalmente catturata, come le reti derivanti “spadare”.
Ogni anno, la Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico (ICCAT) si riunisce per fare il punto della situazione e, attraverso i suoi apparati tecnico – scientifici, dettare le regole che dovranno essere adottate da organismi sovranazionali quali l’Unione Europea e relativi stati membri.
Tra le disposizioni adottate, c’è il Totale ammissibile di cattura (Tac) nazionale destinato al tonno rosso, per l’Italia pari a 4308 tonnellate per la stagione corrente, che diverranno 4756 nel 2020, da ripartire fra unità che utilizzano reti a circuizione e palangari, impianti di tonnara fissa e pesca sportiva, più una quota residuale indivisa. Questa ripartizione è contestata da molti operatori in quanto considerata non equa, poichè esclude diverse marinerie regionali e rispettivi pescatori con le loro barche, che si trovano impossibilitati a pescare anche un singolo tonno rosso, pur avendone potenzialmente diritto.
Anche le tonnare fisse, il sistema di pesca al tonno rosso più antico, nonchè maggiormente ecocompatibile e sostenibile, potrebbero avere problemi. Rispetto ai tre impianti autorizzati fino all’anno scorso (Isola Piana, Portoscuso e Porto Paglia, nel Sud-ovest della Sardegna), quest’anno potranno pescare nuovamente lo storico impianto siciliano di Favignana e quello di Cala Vinagra, a nord dell’isola di San Pietro.
Se non saranno assegnate dal Ministero delle Politiche Agricole singole quote ad impianto in base alla storicità delle catture (come chiesto dagli operatori), sarà bagarre tra chi raggiunge per primo il monte-quota prefissato di 364 tonnellate (più eventuale quota aggiuntiva), mettendo a rischio il prosieguo dell’attività per alcune imprese.
In linea con quanto auspicato dalla Commissione UE per la pesca e richiesto da diverse amministrazioni locali, si renderebbe opportuno riequilibrare il settore, favorendo le attività tradizionali e meno impattanti, come appunto le tonnare italiane (peraltro uniche nel Mediterraneo), che detengono solo l’otto per cento della quota nazionale, mentre il sistema con reti a circuizione ben il 74 per cento, tra cui figurano pescherecci che, da soli, possono pescare fino a 280 tonnellate di pinna blu. Fonte: National Geographic, testo e foto di Simone Repetto.