L’introduzione di nuovi materiali biodegradabili a base biologica nei processi industriali può cambiare il futuro del pianeta. Per l’Unione europea e soprattutto per il nostro paese è una grande occasione per costruire un primato in un settore che dominerà molti mercati e inciderà notevolmente sulla riduzione dell’inquinamento globale
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Quello che abbiamo visto accadere sulle spiagge dell’isola di Bali, di questi tempi, un anno fa, è stato drammatico: più di 90 tonnellate di detriti di plastica scaricate dai monsoni, una montagna. Così come sono state impressionanti le immagini della balena trovata morta vicino all’Isola di Kapota (Indonesia) con 6 chili di bottiglie e buste di plastica nello stomaco. Ed è solo uno dei tanti casi.
Da dove deriva questa montagna di plastica? Circa il 40% della domanda di plastica riguarda gli imballaggi (ogni minuto in tutto il mondo vengono acquistate un milione di bottiglie di plastica) e il 61% del totale dei rifiuti di plastica raccolti post-consumo deriva dagli imballaggi (PlasticsEurope, 2019).
La Ellen MacArthur Foundation ha stimato che di questo passo nel 2050 gli oceani conterranno più plastica che pesci, in termini di peso.
La produzione di plastica è passata da 1,5 milioni di tonnellate nel 1950 a 359 milioni di tonnellate nel 2018. Di queste, 61,8 milioni sono state prodotte in Europa (World Economic Forum, 2016; Gu et al., 2017). L’inquinamento della plastica non ha confini, coinvolge Asia e Africa, passa per il Mediterraneo e raggiunge l’Antartide.
Lo scorso 5 agosto 2020 la nave per il recupero della plastica marina dell’Ocean Voyages Institute (una Ong) dopo 80 giorni in mare (in due tappe), ha concluso la sua missione di recupero della plastica in mare aperto raccogliendo in totale 170 tonnellate di detriti in plastica affermandosi così come la più grande bonifica in oceano aperto della storia.
Per non parlare delle microplastiche, particelle di plastica (frutto della scomposizione del moto ondoso e del sole) non visibili ad occhio nudo perché inferiori a 5 mm e per questo motivo non facilmente recuperabili dall’ambiente e che la fauna marina scambia per plancton.
L’introduzione della bioplastica e in particolare della cosiddetta biodegradabile a base biologica – si sfruttano dall’avocado alle alghe, dai girasoli alla canna da zucchero passando per le patate e altro ancora – ha rappresentato un importante passo avanti, così come l’avanzamento della sensibilità verso la raccolta differenziata per lo smaltimento e il riuso.
Attualmente però, le bioplastiche rappresentano solo circa l’1% degli oltre 368 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno. La capacità produttiva dovrebbe crescere di quasi sette volte nei prossimi cinque anni (dati European Bioplastics-nova-Institue).
L’Europa ha rafforzato la sua posizione di importante hub per l’intera industria delle bioplastiche; è al primo posto nel campo della ricerca e sviluppo ed è il più grande mercato del settore in tutto il mondo.
L’Unione europea ha inoltre deciso (Strategy for Plastics in a Circular Economy” – European Commission 2018b) la messa al bando di 10 articoli di plastica monouso, tra cui cannucce, forchette e coltelli, (che costituiscono l’80% della plastica presente sulle spiagge europee secondo il Wwf) e fissato obiettivi per la riciclabilità di tutti gli imballaggi in plastica entro il 2030.
L’introduzione di nuovi polimeri a base 100% biologica totalmente biodegradabili con peculiari proprietà termiche e di resistenza meccanica, nonché nuovi mix a base di compound 100% naturali, spingeranno in avanti la produzione e l’utilizzo in vari settori industriali di bioplastiche completamente biodegradabili (con un consumo estremamente ridotto di suolo lo 0,015% della superficie agricola a livello globale).
Oltre al packaging, il portafoglio di applicazioni continua a diversificarsi. Nuovi (super) polimeri a base naturale troveranno ampia applicazione nel settore automotive, soprattutto veicoli elettrici (questioni di peso), nell’edilizia sia grazie alla stampa 3D sia a nuovi materiali conglomerati, nel settore aerospaziale e in tanti altri settori industriali dove esigenze di peso e caratteristiche termo dinamiche sono e saranno sempre di più fattori critici.
Ecco nascere una grande opportunità, in particolare per l’industria europea e ancora di più per il nostro Paese. L’Italia, infatti, è terza per numero di brevetti depositati in Europa per le Bioplastiche e quarta per le Tecnologie da riciclo (European Patent Office – Epo).
Il premio Nobel per la chimica, l’ingegnere Giulio Natta, inventò la plastica grazie alla Montecatini: le aziende e i centri di ricerca italiani e una parte dei soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbero (dovrebbero) far nascere, un nuovo primato italiano capace di sfruttare virtuosamente questo enorme spazio di mercato che inciderà sul ridurre l’inquinamento globale da plastica: una grande opportunità che la ricerca e l’industria italiana che non possiamo permetterci di perdere. Fonte: Linkiesta, Greenkista, Danilo Broggi, 26.01.2022