I 25mila operatori stimano 200 milioni di perdite e propongono mercati temporanei per la ristorazione itinerante con distanziamento e take away
Proposte Made in Italy, cucinate al momento, all’aria aperta e a prezzi ragionevoli. Che ne sarà del cibo da strada? Mentre si aspettano le nuove regole per la riapertura di esercizi pubblici e ristoranti, prevista per il primo giugno, c’è una categoria che ha subito oltre al danno della chiusura forzata da coronavirus anche quella dovuta alla stagionalità: sono gli operatori dello street food.
«Da ottobre siamo fermi e le prospettive per la ripartenza ancora non ci sono», afferma Alfredo Orofino, imprenditore, ideatore ed organizzatore del Festival Internazionale dello Street Food, “re” di questa categoria.
In Italia ci sono circa 25mila realtà di questo tipo, gestite soprattutto da giovani (età media 40 anni) che non lavorano da mesi che hanno subito un danno economico di circa 200 milioni di euro, calcolando i mancati introiti , la merce invenduta, e i costi fissi (tanti hanno investito nelle infrastrutture e nei truck ottenendo dei finaziamenti o hanno apppena ottenuto la licenza e si trovano nell’impossibilità di accedere alle forme di sostegno alla liquidità ).
«Nel 2020 il calendario del festival prevedeva 100 eventi in altrettante piazze d’Italia che sono stati bloccati dalla pandemia –racconta Orofino –. La natura del nostro lavoro poi ha molti aspetti positivi, come lavorare all’esterno e poter mantenere le distanze con facilità, ma anche limiti che andrebbero sicuramente rivisti. Per questo ho scritto a inviato precise richieste alle istituzioni nazionali, regionali e comunali, mettendo a punto un piano operativo ed organizzativo che permetta agli operatori di lavorare, rispettando tutte le misure di sicurezza. Le risposte sono state, a voce, anche positive ma l’operatività è ancora lontana».
Le richieste al Governo
Oltre alla domanda di contributi a fondo perduto e l’azzeramento degli oneri fiscali per l’anno in corso, quella che è più urgente, sottolinea il “rappresentante della categoria”, è la semplificazione burocratica.
Le richieste per rimettersi in cammino sono:
- tempi rapidi per la risposta dalle amministrazioni quando di chiede un permesso per un evento (ora è di 30/60 gg); deroga per la stanzialità ( la licenza itinerante prevede al massimo di due ore di sosta in un punto);
- concessione per essere inseriti anche nelle aree mercatali;
- istituzione e concessione gratuita di un’area centrale della città adibita al cibo di strada con le norme in vigore.
Lo spazio che non c’era per il cibo in sicurezza.
E proprio su questo punto, la possibilità di avere uno spazio food fisso all’interno delle città, l’imprenditore ha messo a punto il progetto “International Street Food Take Away” che può inserirsi in questa fase 2 con la creazione di un mercato temporaneo del cibo di strada. All’interno di questo nuovo spazio delimitato, potrebbero sostare da 7 a 10 operatori (uno per tipologia di cucina), distanziati di almeno di 3 metri, e somministrare le specialità ai clienti per l’asporto, mantenendo un metro di distanza e operando con tutti i dispositivi di protezione individuale richiesti. Per evitare code o assembramenti basterebbe fare gli ordini al telefono o via app o richiedere la consegna a domicilio in assoluta sicurezza.
«Chiediamo – conclude Orofino – che ci venga restituito l’orgoglio di tornare a fare ciò per il quale da sempre sono apprezzati: cucinare» fonte: Il Sole 24 ore, Luisanna Benfatto, 29.04.2020