Slow Food riunisce e racconta le storie di donne attive nel disegnare il futuro del cibo e nel salvare la Terra. Ecco alcuni racconti insieme a un’iniziativa
pixdeluxe
Nella rete di Slow Food ci sono molte storie di donne incredibili che lavorano duramente per creare cambiamenti nelle proprie comunità e oltre, lottando per ridurre la fame e per garantire l’accesso al cibo per tutte e tutti. Ecco alcune di queste storie.
I dati Fao
Secondo la Fao le donne producono tra il 60 e l’80% del cibo nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo e sono responsabili della metà della produzione alimentare mondiale, ma il loro ruolo come produttrici e fornitrici di cibo – e il loro contributo critico alla sicurezza alimentare – è stato riconosciuto solo di recente. Gli studi della Fao confermano anche che le donne, pur essendo essenziali per l’agricoltura su piccola scala, per il lavoro agricolo e per la sussistenza quotidiana delle famiglie, incontrano maggiori difficoltà rispetto agli uomini nell’accesso alla terra, al credito, ai fattori di produzione e ai servizi che migliorano la produttività.
12 storie di donne della rete Slow Food
«Come giardiniera e insegnante, aiuto le donne a connettersi con la terra per creare qualcosa di bello, e le responsabilizzo fornendo loro gli strumenti necessari per coltivare il proprio sostentamento e costruire un futuro sostenibile» spiega Rachel Olajumoke Okeola, scienziata alimentare e giardiniera nigeriana. «Nutrendo la terra, nutro anche le donne che se ne occupano, incoraggiandole a trovare uno scopo e una speranza rinnovata. Questo le aiuta a recuperare un senso di appartenenza e a sentirsi realizzate. Attraverso i miei progetti, le metto in condizione di diventare parte attiva della comunità e di prendere il controllo delle proprie vite». Rachel ha fondato Mias Traditional food and spices, un’azienda di tè che trasforma spezie, frutta ed erbe indigene in bevande e tè salutari. È anche insegnante di scienze agrarie in una scuola superiore della comunità, dove coordina progetti dedicati agli orti scolastici e alla formazione degli studenti.
Sullo stesso tema è intervenuta Paula Silveira, giardiniera, educatrice e psicoanalista argentina. «L’orto è un luogo di apprendimento collettivo, dove le persone vengono per imparare a creare il compost e gli insegnanti chiedono consigli per realizzare orti scolastici» spiega Paula, che vede l’orto come un luogo di vita, uno spazio dove essere felici e seminare, incontrare coloro che fanno parte di altri orti nella zona e sensibilizzare sulla centralità del tema della sovranità alimentare.
Madina Sadirdinova, del Kirghizistan, ha coordinato il progetto del Sebet Farmers Market, con l’obiettivo di «mettere in contatto gli agricoltori di piccola scala con i produttori e i consumatori urbani, affinché possano sviluppare la propria capacità produttiva e fornire raccolti puliti e gustosi». Mentre Amorelle Dempster, fondatrice del Mercato della Terra di Maitland Slow Food in Australia, condivide le sue riflessioni su come «in quanto donna, ho usato le mie capacità per nutrire e creare comunità intorno al sistema alimentare. Per ricostruire e fornire opportunità, per creare benessere, benefici economici e risultati positivi per le persone che conosco e anche per quelle che non conosco».
Progettare, agire e innovare per favorire il cambiamento: con questo motto Samantha Vergati, italiana che vive a Parigi, sviluppa nuovi modelli socio-alimentari accessibili, sostenibili e di qualità, creando al contempo occupazione per donne in difficoltà in un’ottica di emancipazione e autonomia. Nel 2016 ha fondato l’associazione Altrimenti con l’obiettivo di portare una nuova cultura del gusto e una soluzione unica al problema dello spreco alimentare e del cibo sano e sostenibile per tutti, e di creare percorsi di inserimento socio-professionale per le donne in situazioni di precarietà.
La sicurezza alimentare non è definita solo in termini di accesso e disponibilità di cibo, ma anche in termini di distribuzione delle risorse e di capacità di produzione, nonché di potere d’acquisto per comprare cibo dove non viene prodotto. Dato il ruolo cruciale delle donne nell’approvvigionamento alimentare, qualsiasi strategia che miri ad aumentare la sicurezza alimentare in modo equo e sostenibile non può trascurare la questione del loro accesso limitato alle risorse produttive.
«Se le donne svolgono il 70% del lavoro agricolo in tutto il mondo, ma la terra è principalmente di proprietà degli uomini, allora non abbiamo ancora equità. Se in Germania solo un decimo delle agricoltrici gestisce l’azienda agricola in cui lavora, mentre si occupa anche della famiglia, allora non c’è ancora equità» ha commentato Lea Leimann, giovane attivista di Slow Food in Germania. «Per realizzare una giusta transizione nel sistema alimentare, abbiamo bisogno di pari diritti e di un maggior numero di donne in posizioni di leadership. Dobbiamo rompere gli stereotipi binari e le norme di genere. Abbiamo bisogno di una politica alimentare femminista».
«Non importa dove si trovino, le donne si sono sempre prese cura della terra: seminano e diserbano, osservano e raccolgono i semi. Nutrono la famiglia, alimentano le tradizioni e trasmettono queste conoscenze alle generazioni future». Con queste parole Ruta Beirote, lettone, esprime la propria visione del ruolo delle donne. Agricoltrice lei stessa, Ruta gestisce una banca dei semi con l’obiettivo di preservare le sementi tradizionali lettoni che rischiano di scomparire. La famiglia di Ruta Beirote coltiva fagioli da generazioni, selezionandoli per forma e soprattutto per colore. Oltre a preservare il patrimonio locale di biodiversità, li rende disponibili per deliziose ricette.
Le fa eco Aruna Tirkey, dall’India: «Le donne sono nutrici, assistenti e vere protettrici della Madre Terra e di tutti i sistemi alimentari naturali. Come imprenditrici possono essere protagoniste di un cambiamento che garantisca l’accesso a mezzi di sussistenza e a uno sviluppo rispettoso del clima». Aruna ha fondato la comunità indigena Oraon Slow Food, che organizza campagne educative rivolte a scuole e ostelli per studenti urbani e rurali e promuove il cibo Adivasi e la cucina del Jharkhand, rafforzando la cultura e l’identità locali.
«Essendo nata negli anni 60, quando il Movimento per i diritti delle donne stava ancora prendendo piede, mia madre, Diane Kaiotehkwe Woods, mi ha cresciuta come una donna forte e mi ha ispirato a raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita. Nella cultura Kanienke’ha’ka (Mohawk), le donne hanno una voce forte nel processo decisionale. Siamo una società matrilineare. Storicamente, l’agricoltura era responsabilità delle donne, mentre gli uomini erano a cacciare o a combattere per proteggere il popolo. Ma in molte società l’agricoltura è un “lavoro da uomini” e le donne non sono ancora rispettate per il proprio contributo all’agricoltura nelle comunità» aggiunge Lorraine Kahneratokwas Gray, direttrice esecutiva del Four Bridges Traveling Permaculture Institute e consigliera ITM dell’Associazione Slow Food Turtle Island negli Stati Uniti. «Parte del mio lavoro con il Four Bridges Traveling Permaculture Institute consiste nel parlare a favore di queste donne e nel sostenere il loro lavoro nel campo dell’agricoltura tradizionale e della vita sostenibile. Inoltre, grazie al mio coinvolgimento con l’Associazione Slow Food Turtle Island, sto lavorando con le comunità indigene di tutto il mondo per ottenere l’uguaglianza delle donne nei campi dell’agricoltura e della sostenibilità».
«Vogliamo promuovere nuove abitudini alimentari e pratiche culinarie che contribuiscano all’autonomia e all’emancipazione delle donne» ha affermato Paula McIntyre, chef e direttrice di Slow Food in Irlanda del Nord, a capo di un’associazione che promuove e dà potere alle giovani donne della costa settentrionale dell’isola. «Come donne abbiamo bisogno di sostenerci e spronarci a vicenda, a volte al di fuori della nostra zona di comfort. #EmbraceEquity si concentra sulla necessità di mostrare alle donne che possono fare ed essere tutto ciò che vogliono. Spesso ci tiriamo indietro perché pensiamo di non essere abbastanza capaci o forti. Molte donne nel campo del cibo hanno aperto la strada: tutte noi dobbiamo impegnarci di più».
Claudia Albertina Ruiz Sántiz, una donna della comunità indigena Tzotzil nello Stato messicano meridionale del Chiapas, ha iniziato presto a plasmare il proprio destino: «Tutti mi dicevano che dopo aver finito la scuola avrei dovuto sposarmi, ma a 14 anni mi sono rifiutata e mi sono iscritta all’Universidad de Ciencias y Artes de Chiapas. È stata una scelta ribelle, lo ammetto, e non facile per la mia famiglia, ma molto importante per me e il mio futuro».
Claudia ha seguito la propria passione e da allora è stata nominata tra i 50 migliori giovani chef del mondo che daranno vita al futuro dell’alimentazione. «Compro gli ingredienti solo da piccoli produttori locali e uso solo cibi di stagione, come suggerisce la filosofia di Slow Food. Far parte dell’Alleanza dei Cuochi per me è fondamentale, perché mi permette di valorizzare non solo i prodotti della mia terra, ma anche le mie radici autoctone. Mi sono imbattuta in molte discriminazioni dovute al fatto di essere donna e indigena, ma non mi sono mai arresa né ho perso la speranza che un cambiamento è ancora possibile». Ascolta il suo podcast qui
«Il desiderio delle persone della regione colpita dal terremoto in Turchia era trovare qualcuno che li sostenesse moralmente. Abbiamo anche lasciato il linguaggio della consolazione e cercato di far sentire loro che non sono soli. Nonostante ciò che abbiamo visto nella zona del terremoto, abbiamo dovuto mantenere la nostra compostezza e il nostro atteggiamento di resistenza e stare in piedi di fronte alle vittime del terremoto. Abbiamo seppellito le nostre lacrime e abbiamo cercato di fare il meglio che potevamo, qualsiasi cosa fosse necessaria in quella zona» ha commentato Serra Beklen, cuoca turca che sta cercando di aiutare le comunità ferite dal terremoto.
«Anni fa me ne sono andata per studiare, ma dopo la laurea in lingue e letterature straniere, ho riscoperto l’amore per il Carso e sono tornata nella mia terra» conclude Sara Devetak, che insieme al marito Pavel dirige l’azienda agricola di famiglia specializzata nella produzione del miele di marasca del Carso, Presidio Slow Food. «Per me famiglia, terra e lavoro sono un’unica cosa. Ho la fortuna di avere una famiglia grande, bella e unita: lotto per ciò che amo e non mi arrendo mai. Proprio come mio nonno Renato; proprio come chi, in questi terreni calcarei, vivi di roccia, eroicamente resiste».
L’iniziativa lanciata da Slow Food Italia premierà 10 donne in occasione di Cheese, a Bra dal 15 al 18 settembre 2023
Slow Food Italia e l’assessorato Pari Opportunità della Regione Piemonte lanciano l’iniziativa Donne che salvano la Terra con l’obiettivo di dare valore e voce alle donne piemontesi che – spesso nell’ombra – lavorano per custodire la terra, produrre cibo buono, pulito e giusto, e cambiare il futuro. In occasione di Cheese, a Bra dal 15 al 18 settembre, verranno presentati i 10 migliori profili candidati. Le storie delle dieci finaliste saranno raccontate sui canali social di Slow Food Italia e di tutti coloro che vorranno aiutare a diffondere questa iniziativa, affinché siano di esempio per tutte e tutti mostrando con orgoglio il lavoro che ogni giorno realizzano.
Fonte: La Cucina Italiana, da Slow Food Lodovica Bo, 13 agosto 2023