Tagli indiscriminati e incendi della foresta amazzonica sono alla base della produzione di numerose merci (dalla carne al bioetanolo) che il Brasile importa nell’Unione Europea con dazi di favore
(foto Ap)
Che rapporto c’è tra la mostra-denuncia in corso al Maxxi di Roma (ancora fino al 13 febbraio) e i mobili di design nordico che avete deciso di comprare per la vostra nuova casa? Oppure tra le affascinanti foto scattate in 7 anni di esplorazioni amazzoniche da Sebastiao Salgado e il vostro hamburger di manzo surgelato? Il nesso ha un nome: Mercosur-Ue. Si tratta dall’accordo commerciale tra Unione Europea e il governo brasiliano in primis (ma non solo) recentemente rinnovato da Bruxelles: un accordo di libero scambio che permette l’importazione nella Ue a dazi ridotti di molte merci prodotte nel mercato comune dell’America meridionale: in Brasile come in Argentina, Paraguay, Uruguay, Venezuela, Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador.
Un rapporto dei Verdi europei avverte: quasi la metà dei nostri imprenditori contrari all’accordo Mercosur-Ue. L’europarlamentare Eleonora Evi: «Fermate il trattato tra l’Ue, il Brasile e altri Stati sudamericani. Pagheremmo in perdita di posti di lavoro e salute»
Il tutto — accusano gli attivisti di Greenpeace e i ragazzi di Fridays For Future — senza tener conto di come vengono sottratti alla Terra quei prodotti: merci legate alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani, come la carne o la soia appunto, i cui allevamenti e coltivazioni intensivi «aggravano la crisi climatica». Ne parla un rapporto commissionato dai Greens europei a YouGov e diffuso lunedì 31 gennaio. Come spiega l’eurodeputata verde, co-portavoce nazionale di Europa Verde, Eleonora Evi.
Onorevole Evi, lei è europarlamentare con i Verdi dal 2020. Lo scorso novembre avete commissionato a YouGov un sondaggio che raccoglie le opinioni di 2 mila imprenditori di 8 Paesi Ue e di 300 manager italiani. Tema: l’accordo commerciale tra Unione europea e i Paesi del Mercosur. Cosa ne è emerso ?
«Emerge che questo accordo non è visto di buon occhio nemmeno da moltissime aziende e imprenditori europei di Italia, Francia, Germania, Olanda, Spagna, Irlanda, Belgio e Ungheria. Anzi, il sondaggio conferma che quasi la metà degli imprenditori è preoccupata per l’impatto ambientale che avrà il Mercosur-Ue. Perché fino ad oggi non c’è traccia negli accordi di alcun tipo di sanzione rispetto alle eventuali violazioni ambientali nella produzione delle merci oggetti degli scambi tra i Paesi sudamericani e quelli europei. Di più: le salvaguardie invocate e propagandate dall’Ue spariscono negli accordi scritti».
Davvero questo accordo minaccia gli equilibri climatici e rischia di accelerare il surriscaldamento globale ?
«Sì, è davvero grave perché il rischio che corriamo è enorme: la situazione nei Paesi del Mercosur, e in particolare in Brasile, è così drammatica che la foresta amazzonica è diventata un emettitore di CO2 e non più un assorbitore (ndr. come abbiamo scritto su Pianeta 2030, leggi qui l’articolo). Ed è una follia portare avanti un accordo che — anche in base alle valutazioni del governo francese, che stima un aumento del 25% della deforestazione in America del Sud (ndr. leggi qui l’attacco di Macron a Bolsonaro e il suo no al Mercosur-Ue) — peggiorerebbe quanto già fatto dal capo dello stato brasiliano Jair Bolsonaro. Gli ultimi dati diffusi da Greenpeace sono lì a ricordarci che in tema di disboscamento il presidente ha stabilito il record negativo degli ultimi 15 anni».
Qual è, in base ai dati in vostro possesso, la situazione reale in Amazzonia? E come noi europei possiamo contribuire a salvare la foresta?
«In Amazzonia la situazione è fuori controllo proprio perché stiamo abbattendo la foresta per fare spazio ai pascoli e alle coltivazioni di soia, e per incrementare la raccolta di legname e le attività estrattive e minerarie. Noi europei, come consumatori, possiamo cambiare le nostre abitudini di spesa e ridurre i consumi, scegliendo con attenzione cosa compriamo».
Questo per chi consuma. E per chi produce o importa?
«C’è un aspetto che riguarda gli imprenditori. Imprenditori che non saranno in nessun modo tutelati dall’arrivo di prodotti a basso costo provenienti dal Brasile e in generale dal Mercosur: in particolare di carne, soia, gomma, ma anche legname, bioetanolo (ricavato dalle coltivazioni intensive di canna da zucchero). Tutti prodotti che potranno sbarcare nell’Ue a prezzi stracciati, contro i quali i nostri agricoltori si troveranno a competere non ad armi pari. Dunque far passare così com’è l’accordo è un grande danno che faremmo in primis ad agricoltori e imprenditori europei».
Viene allora spontaneo chiedersi chi davvero voglia questo accordo “malefico”…
«Non certo le piccole e medie imprese o i piccoli agricoltori. Lo vogliono invece le grandi aziende dell’agroindustria e dei pesticidi, come Basf e Bayer-Monsanto, che hanno ancora enormi quantitativi di prodotti chimici da noi oggi vietati ma che potranno esportare in Sudamerica».
In una seduta plenaria del parlamento Ue lei ha detto che i cittadini europei «sono complici inconsapevoli della distruzione di preziosi ecosistemi per il Pianeta»: quali sono, se può fare qualche esempio, i nostri consumi sotto accusa ? E’ vero che anche un hamburger vegetale può danneggiare l’Amazzonia ?
«L’hamburger vegetale assolutamente no. La preoccupazione è per la coltivazione in Sudamerica di monocolture come la soia Ogm: ma quelle colture non sono certo quelle utilizzate per gli hamburger di soia in vendita in Europa. Che invece spesso sono prodotti con soia coltivata in Italia con una filiera biologica. Invece la soia del Mercosur diventa mangime e ne serve tanto, tantissimo per gli allevamenti intensivi ed è soia al 100% ogm, che noi in Europa importiamo regolarmente per la zootecnia intensiva».
Quindi soia che diventa ‘componente’ degli hamburger di carne. I vegetariani possono star tranquilli invece?
«L’alimentazione vegana o vegetariana non è sotto accusa. Anzi io la ritengo proprio parte della soluzione della crisi climatica: lo dice la stessa Commissione Ue che nella sua strategia ‘farm to fork’ al 2030 aveva in bozza parlato della riduzione del consumo di carne, anche se poi nella versione definitiva si è limitata a caldeggiare la promozione delle diete vegetali. Invece io resto convinta si debba ragionare della riduzione del consumo di carne e altri alimenti di origine animale per combattere il surriscaldamento globale».
Lei è co-portavoce nazionale di Europa Verde. A metà febbraio 2021 i giovani di Fridays For Future hanno lanciato la campagna #SayNoEUMercosur. Avete incontrato i ragazzi di Greta o collaborate con loro?
«Ho incontrato diverse volte molti gruppi e organizzazioni della società civile dai Fridays ai promotori della campagna #StopTtip (per fermare l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Ue) che portammo avanti con una forte critica della politica commerciale dell’Unione. Queste voci molto spesso sono ascoltate dall’intero parlamento Ue che ha già votato due volte risoluzioni nelle quali si dice che non ratificheremo l’accordo Ue-Mercosur se il testo rimane quello fin qui negoziato perché mancano completamente le salvaguardie ambientali. E una delle misure che chiediamo è l’introduzione di sanzioni oggi completamente assenti rispetto a questo tema». Fonte: Corriere della Sera, Luca Zanini, 31,01.2022