Nonostante i rincari dei prezzi al consumo, gli agricoltori denunciano speculazioni per tenere bassi quelli della materia prima alla fonte. Raccogliere un ettaro di grano costa fino al 40% in più rispetto al periodo pre pandemia
Il nuovo raccolto di grano duro non dà quella boccata d’ossigeno tanto attesa per calmierare i prezzi della pasta e della semola. Dopo i dati in ribasso, secondo i produttori cerealicoli di Bari, della Bat e di Foggia, attraverso Cia Levante e Cia Capitanata, declinazioni provinciali di Cia Agricoltori Italiani Puglia, sarebbero in atto «gravi speculazioni sul prezzo del grano duro».
Le quotazioni della Cun e delle borse merci di Bari e Foggia questa settimana hanno fatto segnare un ribasso: un calo di 10 euro alla tonnellata nel Barese, dai 20 ai 23 euro nel Foggiano rispetto alle quotazioni di partenza che oscillano dai 540 ai 575 euro al quintale. Sembrano cifre risibili, ma non lo sono, specie se rapportate ai pesanti aumenti dei costi di produzione. Dalla prima aratura alla trebbiatura, passando per il decremento quantitativo delle rese per ettaro, a causa della persistente siccità, la più prolungata degli ultimi anni, il grano duro pugliese non ha vita facile.
Negli ultimi anni, complessivamente la Puglia ha prodotto mediamente 9,5 milioni di quintali di grano duro, vale a dire il 35% della produzione nazionale, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Da sola, la provincia di Foggia riesce in media a produrre 7.125.000 quintali su una superficie di 240 mila ettari.
Si può pensare che, data la situazione di stallo cerealicolo determinato dalla guerra tra Russia e Ucraina, anche le quotazioni del grano duro avrebbero dovuto risalire e dare ossigeno ai produttori. Ma così non è. Anzi, il prezzo per quintale continua a scendere. Ma cosa provoca questo fenomeno?
Secondo Giuseppe Creanza, direttore Cia Levante, «ci sono fenomeni speculativi messi in atto dagli intermediari, commercianti che fanno il bello e il cattivo tempo sulle contrattazioni con gli agricoltori. Tra le strategie messe in atto ci sono le voci su maxi produzioni in arrivo dal Canada, che spingono gli agricoltori a vendere per timore che il prezzo cali troppo. Ma questo raccolto è atteso tra circa quattro mesi: parlarne ora significa avere la sfera di cristallo».
Del resto, fra giugno e luglio 2021, parti del Canada e degli Stati Uniti furono colpite da un’ondata di caldo storica. In alcune zone del Canada, uno dei massimi produttori di grano al mondo, furono raggiunti i 50° C e il fenomeno provocò un crollo produttivo del 27% rispetto all’anno precedente, il più basso degli ultimi otto anni (dati: International Grain Council); questo determinò un aumento del prezzo del grano duro e tenero all’origine e a valle della trasformazione.
Dato che le forme organizzate di commercio legate a cooperative in Puglia scarseggiano, gli intermediari determinano ancora pesantemente gli umori del mercato. «Inoltre – continua Creanza – i contadini sono spinti a vendere anche dal bisogno di realizzare liquidità. Ciò spinge a tenere un prezzo più basso. Fra qualche settimana s’inizierà ad arare e a preparare i terreni. Con l’aumento dei costi registrati, è necessario rientrare delle risorse impegnate durante la precedente campagna».
I costi di produzione per chi coltiva e raccoglie grano sono già aumentati dal 30 al 40%. Coltivare e, soprattutto, raccogliere un ettaro di grano, prima della pandemia aveva un costo che oscillava fra i 700 e i 750 euro, mentre oggi occorrono ben più di 1000 euro. Grossa parte degli aumenti è da riversare sull’aumento del costo del carburante agricolo, schizzato a 1,60 euro al litro.
«Gli imprenditori agricoli reclamano il giusto prezzo, altrimenti per le aziende che non riusciranno a coprire i costi di produzione, sarà davvero difficile seminare nuovamente grano in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime agricole dall’estero – denuncia Cia Levante – L’andamento del mercato dimostra, per chi ancora avesse dubbi, che l’aumento dei prezzi dei prodotti finali ai consumatori, come pane, pasta, farine, biscotti, non dipende dai prezzi dei prodotti agricoli». Fonte: Linkiesta, Gastronomika. Stefania Leo, 08.07.2022