Il fondatore di Slow Food: “è l’occasione giusta per dare nuova dignità a luoghi rimasti ai margini”
Si parla molto di turismo esperienziale, di un nuovo modo di approcciarsi alla cultura, alla natura ma anche all’enogastronomia, come una delle chiavi per rivitalizzare i tanti piccoli borghi d’Italia. Tutti aspetti che, dopo il “terremoto” generato dal Covid-19, hanno conquistato uno spazio maggiore. Ma adesso alle parole devono seguire i fatti. Potrebbe iniziare una nuova era per il viaggio con opportunità che si aprono anche per quei posti rimasti “ai lati” delle mete principali ma che hanno tanto da offrire e da far vedere. Ma attenzione a quello che viene spacciato come “autenticità” quando in realtà non lo è.
Carlo Petrini, fondatore, voce e anima di Slow Food, cita Italo Calvino per ripensare ad un modello di ripresa del settore turistico. “Inghiottire il paese visitato, nella sua fauna e flora, e nella sua cultura”, questa era la definizione di “vero viaggio” da parte dell’autore de “Le città invisibili”. Petrini riparte da qui ma mette in chiaro alcuni aspetti. “Che la ricerca di un turismo esperienziale spesso legato alla gastronomia fosse già un trend in voga prima del Covid-19, è chiaro a chiunque. Ciò che però non era, e non è tuttora scontato, è la possibilità di trovare autenticità in queste esperienze, culinarie e non. Il web e molte agenzie di viaggio, infatti, brulicano di pacchetti preconfezionati, dove spesso a vincere è una corsa frenetica al ribasso e dove si prediligono strutture ricettive, ristoranti e corsi di varia natura che con l’ansia dell’essere competitivi, rinunciano alla qualità e alla competenza, perdendo unicità e dando spazio ad una triste omologazione. Pacchetti che vorrebbero essere “alternativi” ad un turismo di massa superficiale, ma che, in realtà, lo sono solo nella forma, non cambiando di fatto la sostanza. Di alternativo, infatti, non hanno nulla, proprio perché permettono al turista di entrare in contatto solo con un surrogato artificiale di un territorio, piuttosto che con la sua vera e bella complessità”.
Il turismo della fase post-Covid è destinato a cambiare, potremmo addirittura parlare di “anno zero”. Le ripartenze hanno anche i loro lati positivi perché da qui si possono gettare le basi per un futuro diverso. Ma bisogna avere una direzione precisa. “Come in tutti i periodi successivi a shock sistemici – continua Petrini – quest’estate avremo un’opportunità nuova che potrebbe portarci a vivere le nostre vacanze e il territorio italiano in maniera diversa e finalmente più autentica. Quella di quest’anno potrebbe essere la stagione estiva in cui a vincere saranno giocoforza i viaggi di prossimità, che ci costringeranno a scoprire territori minori, meno frequentati dal turismo massivo e quindi, forse, proprio per questo più veri. L’estate dei piccoli borghi e delle periferie rurali poco rinomate, laddove si possono trovare, come sosteneva anche il grande Mario Soldati, elementi culturali fortemente identitari e tipici di un posto: “se vogliamo trovare il vero Piemonte – diceva – dobbiamo andare ai confini, fuori dalle zone urbane”.
È arrivato, quindi, il tempo di dare centralità ai territori marginali, quei posti in cui l’integrazione tra cibo e territorio è già esistente, e dove ad essere al centro del sistema sono i luoghi e chi li abita: reali, proprio per questo insostituibili e ricchi di un bagaglio culturale immenso che aspetta solo di essere scoperto, gustato e raccontato. È questa forse l’occasione giusta per dare nuova dignità al settore: evitando luoghi comuni e replicabilità delle esperienze, e guardando, da un lato, al cliente come a una persona e non un mero numero; dall’altro, al territorio e ai suoi abitanti con rispetto e curiosità, e non come luoghi e persone da poter consumare e sfruttare in maniera funzionale e acritica”.
Come sempre la sfida può essere vinta solo se tutti daremo il nostro contributo ma quello che serve, in primis, è un cambio di mentalità.
“La ripresa del turismo italiano post pandemia – conclude il fondatore di Slow Food – così come in molti altri settori, necessita di una sensibilità nuova da parte di tutti, che permetta di elaborare nuove strategie per chi viaggia e per chi accoglie. Per salvaguardare l’autenticità della nostra fauna, flora e cultura, non solo enogastronomica. Per promuovere la biodiversità, ovvero la ragione per cui un territorio si distingue da un altro. Per avere domani ancora un motivo per continuare ad esplorare il mondo e scoprirne i suoi gusti e colori. Per salvare la bellezza, da cui poi nasce il vero benessere: quello che genera un’economia più sana e un turismo responsabile, più etico e più sostenibile per tutti”. Fonte: WineNews, 30.06.2020