Radicate in 36 Paesi ed in espansione. 80 nate solo nel 2019. Il verbo della “Chiocciola” si diffonde in tutto il mondo come risposta alle crisi ambientali ed alimentari
La risposta di Slow Food alle problematiche e alla crisi ambientale è una comunità diffusa in tutto il mondo con un indirizzo politico preciso ed in grado di trovare soluzioni alle emergenze. Così si legge in una nota dell’associazione della “Chiocciola”, la Comunità Slow Food diventa la prima forma di partecipazione alla vita dell’associazione, istituzionalizzata all’interno dell’impianto organizzativo globale di Slow Food dell’ultimo Congresso internazionale tenutosi a Chengdu (Cina) nell’autunno 2017.
Le Comunità Slow Food si fondano sulla condivisione di uno o più progetti a livello locale e sulla contaminazione con altre realtà, perseguendo l’obbiettivo della tutela della biodiversità ed educazione alimentare e del gusto.
“Per noi, al centro dell’idea di Comunità c’è il bene comune, legato al cibo, all’ambiente, alla socialità, alla spiritualità. Il suo cemento è la sicurezza affettiva, che lega tra loro le persone che ne fanno parte. Abbiamo tanto lavoro da fare per creare una miriade di Comunità Slow Food nel mondo, ma partiamo dalle reti già attive in seno al movimento e dai progetti già realizzati: l’Arca del Gusto e i Presìdi, l’Alleanza dei cuochi, i Mercati della Terra, gli orti. Con loro proveremo ad affrontare le sfide che ci attendono nei prossimi dieci anni: l’emergenza climatica e il collasso degli ecosistemi minacciano la nostra stessa sopravvivenza e noi siamo convinti che la soluzione sia nel cibo, nelle scelte alimentari quotidiane di ognuno. È per questo che occorre poter piantare ovunque nel mondo una bandiera di Slow Food” afferma Carlo Petrini accogliendo a Chiusi i 96 rappresentanti di Slow Food da 32 Paesi riuniti nel Consiglio internazionale da giovedì 13 giugno a domenica 16 giugno per l’incontro annuale durante il quale si tracciano le linee guida per il lavoro dei 12 mesi successivi.
Quanto auspicato da Petrini è già stato messo in pratica dalle prime Comunità costituitesi in tutto il mondo: dalla Russia al Sudafrica, dall’Ecuador al Canada, sono già 80 le Comunità Slow Food nate in questa prima parte del 2019. In Italia la Comunità dell’orto condiviso vesuviano: biodiversità e tradizione, che a Cercola (Na), trasforma le attività di coltivazione e semina in strumenti concreti per favorire la socialità e l’inclusione di bambini, persone con disagi e fasce più deboli della popolazione, che proprio nella comunità e nel contatto con la terra trovano un approdo sicuro. Mirafood, la comunità per la valorizzazione del quartiere di Mirafiori è l’ambizioso nome di questa comunità urbana, nata in uno dei quartieri periferici di Torino, ricco di spazi verdi e orti. Cambiando continente e andando in Colombia per conoscere la Comunità di Bocachica, che coinvolge un centinaio di pescatori, cuochi, produttori locali e consumatori. Insieme organizzano incontri, laboratori di cucina e momenti di confronto per far conoscere la ricchezza dei mari e soprattutto la necessità di tutelare gli ecosistemi dei Caraibi. Dall’altra parte del mondo, e precisamente nelle Filippine, troviamo i 138 membri della Comunità di Pasil/Kalinga, la prima indigena creata nel Paese, impegnata a difendere e conservare le sementi tradizionali e portare avanti alcune varietà di riso coltivate ad altitudini elevate.
“Il viaggio iniziato a Chengdu nell’autunno 2017 è solo l’ultima tappa di un più ampio cammino, cominciato a metà degli anni ’90 in Italia e poi diffusosi in 160 Paesi del mondo. Oggi facciamo tappa a Chiusi ma guardiamo già all’ottobre 2020 quando saremo a Torino, con una nuova edizione di Terra Madre che accoglierà al suo interno il nuovo Congresso internazionale di Slow Food. Sarà un Congresso più aperto che mai, per scrivere insieme il futuro di Slow Food e consegnare la guida a una nuova generazione di leader, che avranno la grande responsabilità di guidare tutto il movimento nei prossimi dieci anni, quando si deciderà buona parte del futuro dell’umanità. I lavori di Chiusi hanno un valore straordinario nella piccola ma grandiosa storia di Slow Food” conclude Petrini. fonte: WineNews, 11.06.2019