Quali sono le piccole importanti abitudini nella gestione quotidiana del cibo che possono fare la differenza e incrementare ulteriormente i buoni risultati raggiunti dall’Italia nella lotta al food waste
Unsplash
È vero, l’Italia ha strappato un ottimo risultato a livello internazionale nella lotta agli sprechi alimentari – 2° posto, subito dopo il Canada – come certificato dall’ultimo Food Sustainability Index, il rapporto dall’Economist Impact in collaborazione con Fondazione Barilla sul rapporto tra cibo, salute e ambiente in 78 Paesi (oltre il 92% della popolazione mondiale).
Il merito, spiega Marta Antonelli, direttrice della Ricerca della Fondazione Barilla, è anche di politiche come «la Legge Gadda (o Legge “Antisprechi”) che ha facilitato, anche tramite agevolazioni fiscali, la donazione delle eccedenze alimentari alle Onlus». L’intervento normativo ha garantito nel primo anno di entrata in vigore della legge (2016-2017) un aumento delle donazioni di cibo alle onlus del +21%.
Ad oggi, nella Penisola lo spreco pro capite annuo a livello domestico in Italia raggiunge quota 67 chili, nella ristorazione 26 chili e nella distribuzione 4 chili.
Volendo, si può fare di meglio. Guardando ai dati del Food Waste Index Report 2021, realizzato dal Programma delle Nazioni Uniti sull’Ambiente (Unep), lo spreco alimentare è un problema con ricadute e dimensioni mondiali, che pesa 931 milioni di tonnellate ogni anno. E il 61%, responsabile del 8-10% delle emissioni di gas serra a livello globale, viene generato proprio tra le mura domestiche. Un macigno che non si può ignorare ma che dovrebbe spingerci a progettare nuovi modelli di consumo e acquisto sostenibili, a partire proprio dalle abitudini domestiche e quotidiane. Dunque, come possiamo alzare l’asticella, aumentando le nostre già buone performance in questo ambito?
Per celebrare la Giornata nazionale di prevenzione contro lo spreco alimentare del 5 febbraio, Babaco Market, servizio di delivery impegnato a portare nelle nostre case frutta e verdura non accettate dai canali tradizionali, come i supermercati, e quindi spesso destinate allo spreco a causa, ad esempio, di piccoli difetti estetici, ha stilato un memorandum con le tre regole d’oro per scongiurare il food waste. E renderci, così, “eroi nella lotta allo spreco”.
Prima regola: programmare i pasti (e quindi gli acquisti). «Arrivare all’appuntamento della spesa settimanale con le idee già chiare su cosa preparare permette di risparmiare tempo e denaro e, cosa non da poco, permette alle persone di evitare di sprecare il cibo», ha spiegato a Greenkiesta Francesca Mori, marketing e comunication manager di Babaco.
«In questo» – ha continuato Mori – «è molto utile l’arte del meal prep. Il segreto per essere dei veri maestri della preparazione dei piatti programmati è ritagliare dei momenti durante la settimana per dedicarsi con piacere alla cucina e sfruttare al massimo ogni ingrediente. Ciò permette di conciliare gli impegni frenetici della quotidianità e la necessità di mangiare bene evitando gli sprechi».
Seconda regola d’oro: considerare che bucce, foglie, torsoli o semi hanno grandi potenzialità. Dunque, non destiniamoli, a prescindere, alla pattumiera. «In pochi sanno che è proprio nella buccia che si concentra tutto il gusto, l’aroma, il colore e tanti preziosi fitocomposti di molti prodotti». Mori cita l’esempio della cipolla: «è buona norma tenere da parte le bucce e lasciarle essiccare all’aria, sul termosifone in inverno, al sole d’estate o nell’essiccatore se se ne possiede uno. Una volta essiccate si conservano a lungo in un contenitore ermetico e in un luogo fresco e asciutto. Per dare colore, profumo e un delicato aroma di cipolla a un brodo basterà aggiungere agli altri ingredienti una manciata di bucce direttamente in pentola. A fine cottura le bucce avranno rilasciato nel liquido tutte le loro proprietà e si potrà filtrare il brodo. Se invece vengono frullate finemente, fino a ottenere una polvere, si possono usare come una spezia per insaporire arrosti, salse, verdure ripiene e molti altri piatti».
Per quanto riguarda foglie, gambi e torsoli, la fermentazione è un’antica tecnica che può dar loro una nuova vita. «Rende edibili e gustose anche quelle parti che sono da sempre state erroneamente considerate scarti. Inoltre, aumenta l’acidità dei cibi (creando un ambiente sfavorevole allo sviluppo dei patogeni e aumentando la conservabilità), pre-digerisce zuccheri e proteine scindendoli in molecole più piccole, migliora il profilo nutrizionale degli alimenti arricchendoli di preziosi fermenti lattici o lactobacilli e rendendo più facilmente disponibili vitamine e altre sostanze utili».
Terza e ultima regola: organizzare con criterio la disposizione degli alimenti nel frigorifero. «Questo è un punto chiave. L’ordine delle pietanze deve rispettare quello dato dalla data di scadenza». Dunque, verranno collocati in fondo i prodotti che presentano una scadenza più tardiva mentre davanti e immediatamente accessibili quelli che scadono prima.
«Nello sportello via libera a salse e condimenti vari, mentre le uova andranno posizionate nel primo ripiano, che mantiene meglio la temperatura costante, insieme ai prodotti caseari freschi. Il centro è destinato al pesce, mentre i ripiani bassi alla carne. Frutta e verdura invece vanno nel cassetto».
Tuttavia, ha spiegato Mori, non tutti i prodotti possono stare insieme. Ad esempio, le mele e le banane rilasciano etilene che accelera i processi di maturazione, dunque meglio conservarle fuori dal frigo, insieme a patate e pomodori. Stessa sorte per le già menzionate cipolle e per l’aglio: le prime amano il buio, mentre il secondo preferisce stare a temperatura ambiente.
Infine, un mito da sfatare, che stavolta riguarda il congelatore. «Frutta e verdura si possono congelare. Gli ortaggi, se sbollentati prima del congelamento, si conservano più a lungo». Fonte: Linkiesta, Gastronomika, Riccardo Liguori, 07.02.2022