Oggi più che in passato mangiare è un atto politico ma la svolta è che i cuochi ora sono gli agenti
Il cibo come elemento centrale per dare una nuova chance al pianeta. La frase «mangiare è un atto politico» ha tanti padri e ancora più numerosi interpreti, ma mai come in questo momento si trasforma da atto in diritto da esercitare. Uno degli interpreti più autorevoli di questa frase è Massimo Bottura. Il piu influente chef del pianeta non l’ha utilizzata nel suo ruolo di super cuoco ma in quello di ambasciatore Onu contro lo spreco alimentare e la perdita di cibo e la usa per sottolineare con forza che: «Mangiare è un’azione che determina da che parte si sta. Nella scelta degli ingredienti, dei fornitori, delle materie prime».
Massimo Bottura
Il passo successivo è prendere consapevolezza che gli chef, anzi i cuochi, possono diventare attori politici per la capacità di influenzare le abitudini, le scelte, le ricette, le preparazioni. Quello che hanno fatto Carlo Petrini, Vandana Shiva, Alice Waters può e deve essere solo l’inizio. Con interpreti nuovi che si chiamano Massimo Bottura, ma anche Mauro Colagreco, Enrico Crippa, Rene Redzepi. Il riconoscimento dei cuochi come interpreti politici del cambiamento e non solo come produttori di piaceri gastronomici – che restano elemento e motore irrinunciabile sia chiaro – è inevitabile e necessario. D’altra parte la centralità del cibo per il futuro sostenibile del pianeta è stato riconosciuto con forza da «Cop 27» e dal «G20» dove il ritorno costante della parola «food» ha scandito come un mantra le discussioni.
Illustrazione di Laura Angelucci
Se l’Italia per biodiversità, cultura, tradizione e fama può e deve avere un ruolo chiave in questo processo c’è un luogo d’Italia che lo sta avendo perché è diventato un modello di stile di vita. Quel luogo è Pollica, la culla della «Dieta Mediterranea», e proprio quello stile di vita che culturalmente ci appartiene da sempre si sta facendo largo come modello di sostenibilità riconosciuto dalle Nazioni Unite, dall’Unesco, dall’Unione Europea. «Noi, soprattutto noi italiani – spiega Sara Roversi, presidente del Future Food Insititute – con questo patrimonio inestimabile che abbiamo, compreso quello del soft power della Dieta Mediterranea, dovremmo specchiarci nel futuro del vivere mediterraneo, dovremmo esserne i primi interpreti, dovremmo fare scuola, riconoscendo che ci sono interessi collettivi altri che devono incontrare la nostra straordinaria capacità di lasciare un segno in questo cammino verso il cambiamento. Un segno che somigli ai nostri valori, ai nostri sogni che diventano investimenti, impegno, studio, scoperta, sperimentazione ed infine, finalmente, azioni tangibili verso un cambiamento radicale e circolare verso le nostre radici».
Un percorso che a Pollica sta diventando realtà. Ma quello che più di ogni altro diventa concretezza è che lo stile di vita del Mediterraneo è esportabile. E’ un modello di sostenibilità, integrazione, visione del cibo, lotta alla fame e adeguato sostegno a una giusta alimentazione per tutti che il mondo può copiare. Perché l’energia della semplicità è un valore capace di trasformare le fatiche dela complessità. Ci sono esempi important in Portogallo, in Marocco, ma contaminazioni che passano dal Giappone e da New York dove il modello «Dieta Mediterranea» ha incontrato il «Green Box Machine» di Stephen Ritz che con le coltivazioni sostenibili e il «vertical farming» ha ottenuto risultati concreti con i bambini del Bronx.
Mangiare è un atto politico ora è chiaro a tutti, ma mangiare bene è un atto d’amore per noi stessi, per gli altri, per il pianeta. Fonte: laRepubblica, Luca Ferrua, 27.11.2022