CRISPR, Cas9, Editing, conoscete queste nuove parole? Se non le conoscete vi assicuro che nei prossimi anni le sentirete sempre più spesso perché le nuove tecniche di modifica del genoma di organismi viventi – a questo si riferiscono – stanno già rivoluzionando la ricerca scientifica in biologia e in medicina.
La CRISPR è una biotecnologia inventata pochissimi anni fa. Gran parte del lavoro iniziale è stato fatto da due donne: Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier. Tenetevi a mente questi nomi perché scommetto che vinceranno presto il premio Nobel. Nel giro di pochissimi anni si è diffusa a macchia d’olio, è potenzialmente potentissima e proprio per questo genererà moltissime discussioni nella società, che arranca e non riesce a stare dietro alla velocità delle innovazioni scientifiche. In Italia e all’estero infatti siamo ancora fermi alle discussioni sugli OGM vegetali mentre nel mondo della ricerca scientifica si è andati molto oltre.
Senza entrare minimamente nel dettaglio tecnico, che in questo momento è irrilevante, volendo produrre un OGM devo prelevare con l’ingegneria genetica un gene da qualche specie e inserirlo nell’organismo che voglio modificare. La specie che dona il gene può essere più o meno distante geneticamente dalla specie che devo modificare ma può anche provenire della specie stessa, anche se dal punto di vista della legislazione non cambia nulla. Questo ormai si fa da più di vent’anni. Questo trasferimento genetico lascia alcune tracce oltre al gene inserito, e sono queste tracce che possono permettere l’identificazione della specie modificata e, se parliamo di alimenti, l’eventuale segnalazione in l’etichetta che si sta utilizzando un Organismo Geneticamente Modificato. In alcuni paesi infatti gli OGM si possono coltivare e consumare; in altri paesi come l’Italia si possono solo importare e utilizzare ma non si possono coltivare, ma comunque ovunque nel mondo sono registrati e regolamentati.
La CRISPR è stata adattata da qualcosa che esisteva già in natura perché è utilizzata da alcuni batteri per difendersi dall’attacco dei virus, e fa parte delle biotecnologie di editing perché esattamente come un Word processor permette di andare direttamente sul gene che si vuole modificare e “editarlo”: cancellarlo o cambiarlo a nostro piacimento. Vi propongo una semplice analogia: fino ad ora per produrre un “documento OGM” si doveva prelevare una parola da un testo e trasferirla in un altro. Immaginiamo di avere due documenti aperti, i due genomi, e supponiamo che nel primo documento ci sia scritto “La mia bella casa”. Io però voglio scrivere “La mia piccola casa”. In un altro documento compare la parola “piccola”. Posso allora andare nel secondo file, selezionare la parola “piccola”, tagliarla, poi andare nel primo file, selezionare la parola “bella”, toglierla e inserire la parola “piccola”. Questo è un OGM: io ho prelevato qualche cosa da un altro file –oppure dallo stesso documento ma in una posizione diversa– e l’ho inserito nel primo. Potrei anche voler scrivere “la mia piccola e bella casa” o altre varianti, ma avrei sempre costruito un documento OGM.
È questo trasferimento, questo “copia e incolla”, questo “taglia e cuci” tra documenti diversi che viene regolamentato. Non è la modifica genetica in sé che viene regolamentata ma il modo con cui viene effettuata. Quello che l’Editing permette di fare invece è andare, esattamente come farei con un word processor, direttamente col cursore sulla parola che voglio modificare, cancellare le lettere che non mi interessano e se lo desidero anche riscrivere altre parole. Ovviamente alla fine il risultato è lo stesso, ma dal punto di vista regolatorio è tutto un altro paio di maniche perché non ho effettuato il “copia e incolla” tra due documenti, tra due organismi. Non ho usato le tecniche di ingegneria genetica: ho modificato il genoma come potrebbe avvenire in natura con una mutazione spontanea.
L’articolo di Doudna e Charpentier è del 2012 ma già negli anni immediatamente successivi il numero di articoli scientifici che sfruttano questa tecnica per le cose più disparate è esploso esponenzialmente, tanto è vero che nel 2015 le due riviste scientifiche forse più importanti al mondo, Nature e Science, hanno dedicato a questa scoperta una copertina. Science l’ha chiamata “l’innovazione dell’anno”, e probabilmente non solo dell’anno ma anche del secolo.
Perché la CRISPR è sconvolgente? Principalmente per due motivi. Il primo è che costa veramente pochissimo: già su alcune piattaforme di crowfunding si possono trovare dei piccoli kit per fare l’Editing con la CRISPR. Se non nel garage di sicuro in un laboratorio attrezzato come ce ne sono tanti, e questi kit costano meno di 200$. Ma dal punto di vista della regolamentazione la caratteristica dirompente è che questo tipo di biotecnologia non lascia traccia. Come vi dicevo se oggi in laboratorio produco un OGM, nel nuovo organismo lascio delle tracce, degli indizi del trasferimento avvenuto. E questo perché normalmente oltre al gene che mi interessa trasferire, che dona per esempio la resistenza a un insetto, si inseriscono anche altre sequenze geniche, quello che si chiama un “costrutto”. Qualche cosa che sta all’inizio, il “promotore”, qualcosa che sta alla fine, altri geni ausiliari che mi permettono di selezionare in laboratorio le cellule che sono state veramente trasformate, e così via.
Il punto è che avendo altre informazioni, oltre alla sequenza del gene inserito, in laboratorio si può verificare se una pianta è stata effettivamente modificata con queste tecniche. Le tecnologie di Editing invece –la CRISPR è solo l’ultima arrivata ma è quella ormai più utilizzata– hanno il grosso vantaggio che, dal punto di vista di chi analizza il prodotto finale, non lasciano tracce. La modifica è indistinguibile da una mutazione casuale che può avvenire in natura come ne avvengono continuamente. Supponiamo di voler modificare i limoni per produrre delle antocianine e farli diventare viola. Potrei farlo per via transgenica producendo un OGM, prendendo ipoteticamente il gene o il gruppo di geni che produce il colore viola dal mirtillo, inserirlo dentro un limone e ottenere, sempre ipoteticamente, un limone viola. Avendo trasferito un gene in questo modo, questo ipotetico limone OGM sarebbe regolamentato dalla legge e quindi probabilmente, almeno in
Europa, non vedrebbe mai la luce, vista l’opposizione politica attuale a queste tecniche.
Se invece domani mi spuntasse un limone viola nel giardino, per mutazione spontanea, io potrei senza alcun problema registrarlo, coltivarlo, commercializzarlo e utilizzarlo e nessuno mi potrebbe dire nulla perché non è un OGM.
Ora io potrei effettuare le modifiche desiderate con la CRISPR. È un esempio puramente ipotetico (e al momento sarebbe anche piuttosto complicato fare questo tipo di modifica) ma è per dare l’idea della dirompenza di questa tecnica. Si potrebbe produrre un limone che produce antocianine, e quindi diventa viola, senza lasciare alcuna traccia della trasformazione. E dopo averlo ottenuto potrei piantarlo in giardino e dire “oh, guardate cosa ho trovato!” e nessuno potrebbe, andando ad analizzare il genoma di questo limone, scoprire che l’ho modificato io, perché al suo interno non ha le tracce tipiche del trasferimento genico. Sfuggendo quindi di fatto alla regolamentazione e al controllo politico a cui invece sono sottoposti gli OGM che tanto continuano a far discutere.
A Bruxelles, a vari livelli nelle istituzioni UE, si parla da anni delle cosiddette new breeding techniques, tra cui l’editing. Queste cosiddette “nuove biotecnologie” non sono attualmente normate dalla legge: la direttiva europea non ha nulla da dire al riguardo perché non erano previste quando nel 2001 è stata varata la regolamentazione. Come vi ho detto la legislazione regolamenta solamente il modo con si effettua una modifica, non la modifica stessa. Tanto è vero per esempio che sono presenti in commercio delle piante, coltivate anche in Italia, che sono state modificate per resistere ai diserbanti –la bestia nera di molti anti-OGM– che però non essendo state ottenute per via transgenica ma con altre tecnologie, non ricadono nella regolamentazione degli OGM, non sono chiamate OGM, tutti noi le abbiamo in casa e nessuno si preoccupa o ci costruisce sopra delle campagne politiche e mediatiche.
Ne abbiamo parlato a lungo nel libro Contronatura, parlando dei risi Clearfield®, ottenuti per mutagenesi, raccontando anche uno dei primi prodotti già in commercio frutto dell’Editing: una colza resistente alle solfoniluree, una classe di diserbanti. Poiché la legislazione attuale non regolamenta questo nuovo tipo di tecnologie, siamo letteralmente nel Far West.
La battaglia politica in atto in Europa è questa: da un lato alcuni paesi e alcune associazioni dicono “le nuove biotecnologie saranno pure nuove ma comunque permettono di fare delle modifiche genetiche piuttosto pesanti e quindi dobbiamo considerarle degli OGM a tutti gli effetti. Vogliamo estendere anche a queste tecniche la legislazione esistente”
Un altro gruppo di paesi, insieme ad altre associazioni, sostengono invece che “dal punto di vista scientifico queste modifiche sono indistinguibili dalle mutazioni che possono avvenire in natura. Se io posso mettere in commercio un limone viola trovato nel mio orto, perché non dovrei poter mettere in commercio, con le stesse regole, lo stesso limone viola prodotto nel mio laboratorio? Escludiamo queste tecniche dalla legislazione che riguarda gli OGM e regolamentiamo invece, caso per caso, i prodotti ottenuti”
Voi capite che la questione in realtà non è scientifica ma è squisitamente politica, ed è per questo che ormai da un po’ di anni a Bruxelles si sta discutendo di questo senza venirne a capo.
Tuttavia è interessante notare che recentemente c’è stato un piccolo capovolgimento di fronte e il blocco anti-OGM si è spaccato. Se prima tutti erano contrari agli OGM ora alcuni cominciano a fare dei distinguo in favore di una valutazione caso per caso, come sarebbe sempre sensato fare, andando a valutare i singoli prodotti indipendentemente dalle tecniche con cui sono stati ottenuti. Che è poi la tesi centrale del libro Contronatura.
Greenpeace si è già espressa contro dicendo che anche l’Editing è il male assoluto per cui presumibilmente continueranno a fare le loro pagliacciate in tuta bianca volte a colpire emotivamente l’opinione pubblica. Chi è contrario a queste nuove tecnologie non a caso li chiama “OGM 2.0” o “nuovi OGM” o cose così. Una tecnica di manipolazione linguistica cruciale per la loro strategia, perché vuole riversare automaticamente la cornice emotiva e interpretativa (il “frame”) che si è accumulata sugli OGM verso queste nuove tecniche che al momento non hanno ancora assunto connotazioni emotive.
Altri invece, che sono tuttora contrari agli OGM, sono invece possibilisti, o hanno fatto addirittura delle dichiarazioni positive verso queste nuove biotecnologie (non solo l’editing ma anche la cisgenesi cioè il trasferimento di geni tra specie sessualmente compatibili che ora ricadono nella definizione legale di OGM). Per esempio si potrebbero utilizzare, e già qualcuno ci sta provando, per ridurre l’impatto dell’utilizzo del rame in viticoltura. Il rame è un metallo tossico che viene utilizzato sia nella viticoltura convenzionale sia nella viticoltura biologica, oltre che in altri settori dell’agricoltura. Il Ministro dell’agricoltura Maurizio Martina, ma anche alcuni esponenti di Slowfood e produttori di vino famosi, hanno fatto delle dichiarazioni in questo senso: il Ministro ha promesso che in sede europea voterà a favore di una non regolamentazione dell’editing e della cisgenesi. Anche per evitare di ripetere ciò che è successo in passato con l’ingegneria genetica applicata all’agricoltura: una tecnologia nata in Europa ma fatta fuggire all’estero dove il clima politico era più favorevole.
Sarà cruciale, dal punto di vista comunicativo, evitare di dare un nome e creare una classe linguistica apposita per le piante modificate in questo modo. Scienziati in ascolto, rifuggite dalla tentazione che purtroppo già vedo in giro di chiamarle “piante editate”. No, NO e poi NO. Sarebbe una catastrofe dal punto di vista comunicativo: farebbe passare l’idea, come è successo per gli OGM, che si tratti di una categoria biologica a parte, da guardare a vista e da temere, e quindi qualcosa da regolamentare strettamente, indipendentemente dalle caratteristiche delle singole piante. Un nome crea un bersaglio, permette di materializzare il nemico da temere, serra le fila. Sauron. Nessuno ha mai coniato un nome specifico per le piante modificate con radiazioni, o con mezzi chimici, o per fusione di protoplasti, o per induzione della poliploidia, o per colture cellulari e così via. Altrimenti non compreremmo al supermercato l’anguria senza semi e non trovereste il tritordeum nei negozi bioeconaturali pur essendo un cereale sintetico completamente fatto in laboratorio.
Tuttavia la discussione in sede europea rischia di essere totalmente inutile. Anche nel caso peggiore in cui si volesse regolamentare in modo molto rigoroso queste nuove tecnologie beh… poiché non c’è modo di scoprire se un prodotto è stato ottenuto con la CRISPR, come si fa in pratica a bloccare un prodotto sviluppato all’estero e importato? Questo si fa regolarmente con del riso: esiste un riso sperimentale OGM sviluppato in Cina –riso Bt che resiste ad alcuni insetti che quindi ha bisogno di meno pesticidi– ma che non è ancora stato autorizzato e non è in commercio. A quanto pare era talmente appetibile ed efficace in campo che alcuni risicoltori hanno cominciato a coltivarlo illegalmente senza autorizzazione. Ogni tanto si ritrova nelle importazioni di riso dalla Cina. Poiché è un OGM come vi ho detto lascia alcune tracce nel genoma: viene identificato e ne viene bloccata la diffusione nel mercato interno.
Ma se domani qualcuno producesse un limone viola con l’editing, e lo importasse in Italia, noi cosa potremmo fare? Certo, possiamo anche dire che non lo vogliamo, ma non abbiamo modo di distinguere le mutazioni spontanee, che continuano ad avvenire, da quelle invece ottenute tramite queste nuove biotecnologie.
Se andate al supermercato e vedete dei cavolfiori di colore arancione, beh sappiate che sono frutto di una mutazione genetica avvenuta spontaneamente nel 1970 in Canada. Oppure pensate al pompelmo rosa: questo è frutto di alcune modifiche genetiche indotte ottenute sottoponendo dei semi di pompelmo molti anni fa a delle radiazioni. Non c’è alcun tipo di regolamentazione sul pompelmo rosa perché legalmente non è considerato un OGM.
Quindi, il fatto che i prodotti ottenuti con queste tecniche non siano identificabili unito al loro basso costo e alla facilità con cui si possono fare questo tipo di modifiche, anche limitandoci al campo delle applicazioni in agricoltura, si creerà sicuramente un gran sconquasso. Per esempio negli Stati Uniti è già stato prodotto uno champignon che non annerisce una volta tagliato. La CRISPR è stata usata per spegnere il gene che produce la polifenolossidasi che causa l’annerimento del fungo. Questo era già stato fatto per esempio con una mela prodotta in Canada, la mela Arctic. A questa mela, con le classiche tecniche di ingegneria genetica, è stato spento il gene che causa l’annerimento, ed è quindi un OGM a tutti gli effetti. Per questi champignon invece è stata utilizzata la CRISPR e quindi a tutti gli effetti è indistinguibile da un prodotto con una mutazione che sarebbe potuta avvenire spontaneamente. Gli USA hanno già dichiarato che questo tipo di prodotti non è considerato un OGM e quindi possono essere immessi sul mercato sottoposti alle normali regole di qualsiasi altro nuovo prodotto che viene immesso sul mercato.
Cosa succederà in Europa dal punto di vista politico non lo sappiamo ma rischia di essere totalmente irrilevante. A me piace fare un paragone, un po’ vintage, con quello che è successo negli anni ‘70. All’epoca ero un ragazzino e sappiate che agli inizi degli anni ’70 se accendevate la radio trovavate solo la Rai e poco altro, come Radio Monte Carlo o altre stazioni straniere. Non c’era tutta quella enorme quantità di trasmissioni radio ed emittenti che ci sono adesso. Era illegale trasmettere il segnale radio: tutte le emittenti dovevano essere sotto lo stretto controllo statale –la RAI è sempre stata sotto stretto controllo politico e lo è tuttora–. Negli anni ‘70 però il costo degli apparecchi di trasmissione e la voglia di molte persone di far sentire la propria voce, anche solo per trasmettere musica oppure per trasmettere cose che la RAI si rifiutava di diffondere o censurava, fece nascere delle emittenti radio locali assolutamente illegali. Ogni tanto quando sbucavano lo Stato mandava le forze dell’ordine a sequestrare e sigillare gli impianti, che potevano stare comodamente in una stanza d’appartamento.
All’epoca si chiamavano “radio libere”. Lo so che fa ridere adesso che siamo nell’epoca in cui chiunque può mettersi a trasmettere o far sentire la propria voce in mille modi, ma all’epoca non era così: si chiamavano radio libere perché non erano sotto controllo politico. Erano veramente impossibili da bloccare tanto è vero che nel giro di pochi anni lo Stato ha mollato l’osso e ha lasciato il permesso a chiunque di farsi sentire.
Perché faccio questo paragone? Perché a lungo andare secondo me succederà la stessa cosa con queste biotecnologie: ci sarà sicuramente chi cercherà di regolamentare strettamente l’editing così come adesso alcuni politici un po’ miopi cercano di regolamentare internet, che però è intrinsecamente, almeno in larga parte, non regolamentabile.
Qualcuno potrebbe già aver prodotto un limone viola e magari chissà, in questo momento sta andando a registrarlo dicendo che è sbucato all’improvviso nel suo giardino, così com’è successo al cavolfiore e a tante altre piante. Finché si continuerà a regolamentare le tecniche e non i prodotti ottenuti non si uscirà dai paradossi che vi ho illustrato.
E se non vi basta ciò che vi ho raccontato, in campo vegetale, per mostrare il carattere dirompente della CRISPR, questo è ancora nulla rispetto alla battaglia politica ed etica che si scatenerà sulle modifiche si possono fare, e che già si stanno facendo, sugli embrioni umani, dato che questa tecnica potrebbe essere utilizzata per curare alcune malattie genetiche ma anche, potenzialmente per fare molto di più. Fonte: Le ScienzeBlog, Dario Bressanini