La battaglia di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, amico degli indigeni, interlocutore del Papa
Per capire chi è Carlo Petrini bisogna andare alle radici del mito.
Perché del mito di Carlin che stiamo parlando. Di quel signore nato il 22 giugno del 1949 dalla mamma maestra e dal papà ferroviere che aveva avuto come levatrice una certa signora Gola che in questo caso sembra un segno del destino. Il destino di Carlo si compirà molti anni dopo, ma è in queste stagioni che il fondatore di Slow Food sviluppa la sua più grande forza, l’empatia.
A 18 anni è presidente di un’associazione cattolica con la quale porta aiuti e sostegni in una terra, quella tra Langhe e Roero, che non era certo ricca come oggi quando – per citare lo stesso Petrini – è stata «colpita da un improvviso benessere». Quell’associazione diventa un luogo di infiniti stimoli culturali in cui il cibo esiste, ma non è il motore. Magari il collante. Così questo manipolo di giovani braidesi lancia un festival jazz, poi arriva Cantè i’euv e cambia tutto. Vuol dire letteralmente cantare le uova, ovvero una manifestazione che riprende una tradizione popolare piemontese.
L’evento diventa una delle rassegne di musica popolare più importanti d’Italia, ma costa. Per finanziarla i Petrini boys organizzano una vendita per corrispondenza di vino e per promuoverla nasce un catalogo che li racconta.
Lo fa così bene da diventare il primo modello della futura Guida ai vini d’Italia. Nel 1986, nasce Arcigola e tutto comincia.
La forza di Petrini e di quello che lui rappresenta è sempre figlia del mettersi in ascolto prima di parlare. Sia che l’interlocutore sia l’oste di una trattoria, un produttore di vino, Greta Thunberg o il Papa. Da questo nasce il mito del visionario, del provocatore.
Slow Food arriva nel 1989. Le sue idee si chiamano poi Salone del Gusto di Torino, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo-Bra e la rete di Terra Madre. Nel 2000 ottiene il premio “Communicator of The Year Trophy”, della IWSC (International Wine and Spirit Competition) e nel 2004, la rivista Time Magazine gli attribuisce il titolo di “Eroe Europeo del nostro tempo”. Poi piovono le lauree honoris causa.
Nel 2011 è tra i promotori del Forum dei movimenti per la terra e il paesaggio ed interviene al Forum permanente dell’Onu sulle questioni indigene. Nel 2019 è protagonista al Sinodo “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale”.
Il suo viaggio culturale ora lo porta a dialogare con frequenza con Papa Francesco anche se al primo posto nei suoi pensieri c’è l’impegno per una politica agricola comune (Pac) più equa e sostenibile e per una transizione ecologica condivisa. Ma la sua forza è ascoltare e farsi capire. «L’amore per la natura e per la nostra Terra Madre – dice Petrini – ha preso piede anche nelle scelte che si effattuano in un’enoteca o quando si va al ristorante. Cose impensabili fi no a vent’anni fa, ma che ora mi pare abbiano una diffusione confortante. E il fatto che le nuove generazioni ne facciano una discriminante è una circostanza che mi fa ben sperare per il futuro dell’enologia che non sarà più dominata solo dai marchi o dalla lotta sui prezzi. Entrerà in gioco una differente sensibilità sia tra gli appassionati sia tra i produttori, che mi paiono anche loro sempre più consapevoli». Perché mangiare è un atto politico e lo sarà per sempre. Il fondatore di Slow Food sarà al Festival di Green&Blue il 6 giugno alle 19.30 per il Gran finale ai Bagni Misteriosi del teatro Parenti. Fonte: la Repubblica, Cronaca, Luca Ferrua, 29.05.2022