La riforma votata dall’Europarlamento azzoppa le strategie ambientali decise dalla Commissione e mina la difesa della biodiversità
Con la strategia Farm to Fork la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen aveva proposto un ambizioso piano decennale per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Per fare dell’agricoltura un pilastro del Green Deal. La F2F propone obiettivi davvero avanzati: arrivare al 25% della superficie agricola condotta con metodo biologico al 2030, ridurre del 50% l’uso di pesticidi chimici entro la stessa data, ridurre l’uso di fertilizzanti e dimezzare la perdita di nutrienti garantendo la fertilità dei suoli, tagliare del 50% le vendite di antimicrobici per gli animali di allevamento e di antibiotici per l’acquacoltura.
Ma siamo caduti alla prima prova di coerenza. Dopo il Consiglio Europeo AgriFish che ha espresso una posizione deludente sulla riforma della Pac proposta dalla Commissione, infatti, anche il Parlamento europeo ha votato diversi emendamenti peggiorativi della nuova Politica Agricola Comune. Che così è uscita con un baricentro spostato, esattamente come in passato, a favore di grandi proprietari terrieri, agricoltura intensiva e grandi gruppi di trasformazione alimentare. Di un modello costruito sulla quantità anziché sulla qualità, sulla concentrazione delle produzioni agricole anziché su una produzione diffusa che includa anche le cosiddette aree interne e marginali, altrimenti lasciate in abbandono e in via di spopolamento.
Esattamente il contrario di quello che servirebbe al clima e all’Italia, la cui agricoltura ha il primato europeo del biologico e dei prodotti distintivi. Eppure la ministra Bellanova – che rispondendo alla Camera a una mia interrogazione ha definito senza remore troppo stringenti gli obiettivi di qualità ambientale per l’agricoltura proposti dalla Commissione Ue – è rimasta decisamente soddisfatta dalla versione azzoppata della riforma della Pac uscita dal Parlamento europeo.
Chi invece proprio non l’ha digerita sono Verdi Europei, alcuni eurodeputati italiani di maggioranza, associazioni e movimenti ambientalisti, come i Fridays For Future, Legambiente, Greenpeace, WWF, e la colazione Cambiamo Agricoltura secondo cui il testo votato del Parlamento europeo affossa il Green Deal e andrebbe ritirato per lavorare a una riforma coerente con gli obiettivi climatici europei.
Più nel dettaglio il Parlamento europeo ha approvato un blocco di emendamenti, presentati dai tre maggiori gruppi politici europei, il Partito popolare, i Social Democratici e i liberali di Renew Europe, che indeboliscono l’efficacia ambientale degli eco-schemi e blindando una larga fetta dei budget nazionali dei pagamenti diretti (60%) per il sostegno al reddito degli agricoltori. Misura di cui beneficiano in modo largamente prevalente i grandi proprietari terrieri e gli allevatori intensivi, trattandosi di sussidi proporzionati alle superfici coltivate e al numero di capi allevati. Restano invariate le sovvenzioni per gli allevamenti intensivi e non viene stabilito neanche un tetto massimo per la densità di capi per ettaro. Mentre il 10% di biodiversità da garantire nei campi agricoli indicato nella Strategia Biodiversità è stato inserito nella Pac solo come un “considerando” non come un articolo, privandolo quindi di effettiva efficacia.
Sul testo della nuova Pac, l’Ue dovrà avviare il trilogo tra Commissione, Parlamento e Consiglio. Ma su queste basi non c’è possibilità che l’agricoltura dia il suo contributo alla lotta alla crisi climatica. Per questo credo sia necessaria una grande assemblea pubblica di cittadine e cittadini insieme a mondo agricolo, associazioni, amministratori, politici e tutti coloro che si oppongono al questa Pac. Fonte: HuhhPost, R. Muroni, 26.11.2020