Il fine dining ad alta quota guidato da Michele Lazzarini corona il sogno di quattro giovani agricoltori: raccontare la cultura delle Alpi Orobie attraverso «una cucina che risponda all’agricoltura e non viceversa»
C’era una volta un bréc arroccato sulle pendici delle Alpi Bergamasche, nel comune di Oltressenda Alta. Superata la frazione di Nasolino, tornante dopo tornante, si raggiungono gli antichi casolari che compongono il piccolo borgo di Valzurio, un’oasi bucolica in cui si respira una sensazione di pace assoluta.
In questo contesto onirico (ri)sorge Contrada Bricconi, grazie alla passione visionaria e al lavoro indefesso di Giacomo Perletti, Matteo Trapletti, Giovanni Pizzamiglio e Paolo Tocchella: dopo l’abbandono dell’ultima famiglia di agricoltori, nel 2011 Giacomo vince il bando comunale per la gestione del complesso tardo medievale, con la volontà di riqualificare quella preziosa eredità culturale, nodo di giunzione tra uomo e natura. Il progetto è futuristico: un’azienda agricola 4.0 dove stalla, fienile e caseificio sono costruiti con tecnologie all’avanguardia.
Un rimarchevole esempio di architettura alpina che nel 2020 ha meritato una menzione nel concorso di architettura Constructive Alps. Il bisogno di rispondere alle esigenze funzionali e di efficienza economica proprie di un’esordiente attività produttiva e ricettiva incontra il desiderio di valorizzare il paesaggio e l’architettura di montagna: così il nuovo si innesta con sapienza e rispetto sul preesistente, in un’ottica di continua evoluzione e bramosa sinergia con le comunità locali.
Questa impresa avveniristica e al contempo deferente nei riguardi delle tradizioni antiche trova il perfetto coronamento nel ristorante inaugurato nel mese di giugno, affidato alle mani esperte di Michele Lazzarini. Dopo nove anni di militanza al fianco di Norbert Niederkofler nel ristorante tristellato St. Hubertus, è stato un vero e proprio colpo di fulmine a fargli capire che era il momento giusto, ma soprattutto il luogo giusto, per fare ritorno a casa (Michele è nativo di Gandellino, comune poco distante dalla Contrada). L’occasione del fortunato incontro è la premiazione di CARE’s The ethical Chef Days 2018, progetto concepito da Niederkofler per riunire aziende e professionisti del settore enogastronomico con l’obiettivo di promuovere un approccio etico e sostenibile alla cucina, nel rispetto dei ritmi della natura e delle comunità locali: la passione di Giacomo, fondatore di Contrada Bricconi invitato a ritirare il Social Responsibility Award, travolge l’allora head chef del ristorante di San Cassiano in Badia al punto da invogliarlo a condividere quell’avventura audace ma assai concreta, che trova la sua sublimazione in una cucina estremamente coerente, fondata su territorialità e stagionalità, in pieno stile “Cook The Mountain”.
L’agriturismo si articola su due livelli per un totale di circa trenta coperti: al piano terra, le sale che fino al 2014 ospitavano le prime tre Grigio Alpine si aprono sull’ingresso, in cui spicca il banco dedicato all’esposizione dei prodotti agricoli frutto di un duro lavoro di squadra. Il salame bergamasco è di puro suino allevato con il siero del caseificio; la formaggella è realizzata con il latte crudo e intero di Grigio Alpina impiegando lattoinnesto aziendale per valorizzare la flora batterica autoctona; lo stracchino “a munta calda” viene prodotto come da tradizione: il latte appena munto viene fatto coagulare tempestivamente per un risultato cremoso, dal chiaro sentore di fieno. Al piano superiore un’unica sala, con un incantevole terrazzino che si affaccia sulla valle, consente di sbirciare nella cucina dove la brigata opera frenetica, animata da un entusiasmo contagioso.
All’interno, come all’esterno, tutto è estremamente materico: il legno e la pietra si mescolano in un perfetto equilibrio tra minimalismo e calore. I tavoli tondi di legno, ben illuminati da lampade a sospensione di design, non hanno tovaglie, mentre i tovaglioli adagiati con cura sul piatto in ceramica sono di Beltrami, piccola impresa fondata nel 1965 a Cene – paese della Val Seriana poco distante – oggi ambasciatrice nel mondo del made in Italy.
Il set di posate è disposto in una bella scatola di legno: a ogni portata i commensali sono liberi di sceglierle a proprio piacimento, in un clima di convivialità che si sposa con il contesto agreste senza sottrarre eleganza all’esperienza. Quando arriva la pancia di Pecora Gigante Bergamasca il personale di sala consegna con orgoglio l’autentico coltello da pastore bergamasco, fabbricato artigianalmente a Premana, in provincia di Lecco: un coltello da lavoro con il manico in legno e il collarino in metallo sul quale appoggia la lama in apertura, adatto alle incombenze della pastorizia e della vita di montagna. Tutto è posizionato con l’intenzione di raccontare una storia, passata e futura.
Sul menu, raffinato nella sua semplicità, è inciso il logo, credo e leitmotif dell’intero progetto: le linee curve che riproducono i pascoli si intrecciano con gli spigoli dei pendii montuosi a raffigurare «la montagna che rivive». Il percorso unico viene “giustificato” con il proposito di evitare sprechi: la scelta accurata dei piatti risponde alla disponibilità dei prodotti dell’azienda e degli altri agricoltori, allevatori, vignaioli, artigiani e pescatori coinvolti.
La cultura alpina diventa trama di una narrazione coesa che il personale di sala non si esime dal raccontare. Il salame con la panna, piatto tipico camuno, viene reinterpretato: la polenta di accompagnamento si fa taco di mais (dell’antica varietà bergamasca di Gandino), pronto ad avvolgere – rigorosamente con le mani – un boccone godurioso di pasta di salame sormontato da una riduzione di panna. Il burro di centrifuga autoprodotto, leggermente salato e montato a puntino, è servito con una pagnotta calda dalla crosta bruna, impastata con le farine biologiche del Mulino Giudici di Cerete, sempre in Val Seriana.
Il parüch, tipica erba montana assimilabile a uno spinacio selvatico, diviene una vellutata che accompagna uno gnocchetto di patate; l’equilibrio è dato dalla nota acida del fiurit, testimonianza esemplare della volontà dei casari di non sprecare nulla della produzione del latte: il “fiore di ricotta” prelevato prima della formazione della ricotta stessa e conservato in una tazza di legno (“basgiòtt”) era un bene prezioso per le famiglie contadine, dedicato soprattutto ad anziani e bambini per l’ottimo apporto proteico. La trota alla brace proviene dall’allevamento di un anziano signore di Gandellino, che ha riempito nuovamente le sue vasche alimentate con acqua di sorgente per dare il proprio personale contributo a questo progetto innovativo.
La carta dei vini propone un «cammino di conoscenza» delle peculiarità vinicole lombarde, partendo da Bergamo, la terra che li accoglie, fino a Mantova, dove il Lambrusco viene lodato come «prodotto profondamente contadino, semplice, vero». Non mancano le birre agricole come la Smoking Ganja servita in accompagnamento alla melanzana BBQ: una birra chiara del birrificio artigianale Luppolajo, in cui le note di malto affumicato a quercia si legano a quelle resinose delle cime di canapa in infusione a freddo.
L’esperienza gastronomica diventa quasi il pretesto per un fine ultimo ben più nobile della mera soddisfazione culinaria: la cucina si fa messaggera partecipe della cultura agricola, patrimonio passato, presente ma soprattutto futuro, che Contrada Bricconi si impegna a preservare e alimentare quotidianamente. Fonte: Linkista, Gastronomika, Thea Papa, 22.08.2022