Migliaia di specie di piante e funghi potrebbero estinguersi prima ancora che gli scienziati siano riusciti a catalogarle. Lo sostiene un nuovo report.
Esistono migliaia e migliaia di specie di piante e funghi che non sono ancora state catalogate. Specie che, oltre a contribuire all’equilibrio del proprio ecosistema, serbano grandi potenzialità anche per gli esseri umani, che potrebbero ricavarne alimenti, cure, fibre. Ma le minacce che incombono sulla loro sopravvivenza sono talmente numerose, e talmente gravi, che molte di esse potrebbero andare perdute per sempre prima ancora che gli scienziati siano riusciti a studiarle. Lo sostiene il centro di ricerca botanica Kew Gardens nelle pagine del report State of the world’s plants and fungi, che si basa sul lavoro di 210 esperti che fanno parte di 97 diversi enti di ricerca in 42 paesi.
Scoprire nuove specie è una lotta contro il tempo
Gli scienziati si dedicano costantemente a esplorare i vari ecosistemi alla ricerca di specie vegetali e fungine che non sono ancora state inserite nei database ufficiali. Nel 2019 sono ne sono state aggiunte 1.942 all’International plant namex index, 1.886 all’Index Fungorum. Non è da escludere che abbiano un potenziale impiego come alimenti, medicinali o fibre, oppure assolvono a un ruolo importante per l’equilibrio del loro ecosistema. Tra quelle descritte lo scorso anno in Cina e nel Sudest asiatico, per esempio, ci sono trenta specie di Camellia, genere da cui si ricavano anche il tè (Camellia sinensis) e diversi fiori a uso ornamentale. In Turchia invece sono state identificate sei specie di Allium, genere che comprende anche aglio, cipolla, porro ed erba cipollina. In Brasile sono state trovate piante selvatiche imparentate con la manioca e con la patata dolce.
La manioca è un alimento-base per circa 800 milioni di persone nel mondo. La scoperta di nuove specie potrebbe quindi avere un grande potenziale per la sicurezza alimentare © Annie Spratt/Unsplash
Ma “le minacce attuali alla biodiversità del Pianeta, che vanno dai cambiamenti climatici al disboscamento alle modifiche nell’uso del suolo, trasformano il compito di catalogare le specie in una lotta contro il tempo. Spesso, prima che una nuova specie sia stata nominata e descritta, si sta già estinguendo”, si legge nel report. Il rischio quindi è che scompaia prima ancora che le sue potenzialità vengano esplorate.
Piante e funghi, il 39,4 per cento rischia l’estinzione
Per proteggere il capitale naturale, spiegano i ricercatori, bisogna definire quali specie sono a rischio, in quali territori e per quali motivi. Solo così si possono indirizzare gli interventi di tutela in modo mirato. Lo standard internazionale è la Lista rossa delle specie minacciate stilata dall’Iucn, l’Unione mondiale per la conservazione della natura. Anche se si tratta del database più completo, però, comprende soltanto 116.117 specie di piante, funghi e animali. Cioè circa il 6 per cento sui 2,1 milioni noti agli scienziati. Scarsamente rappresentati soprattutto i funghi: la lista ne elenca appena 285 specie su 148mila. Per non parlare di tutte quelle ancora sconosciute, che secondo alcune stime sono circa due milioni (escludendo gli animali).
In pratica, nella lista dell’Iucn alcune categorie risulterebbero sotto-rappresentate (come le piante dell’Asia tropicale) mentre altre sarebbero sovra-rappresentate (è il caso delle piante africane). Un po’ come succede con i sondaggi effettuati in occasione delle elezioni politiche, che quasi mai interpellano un campione davvero rappresentativo degli aventi diritto al voto, spiega il dottor Barbany Walker. Avendo accesso ai dati demografici, però, gli istituti di ricerca possono correggere queste distorsioni (tecnicamente chiamate bias).
Gli stessi modelli statistici usati per i sondaggi sono stati applicati anche alla Lista rossa. Arrivando a calcolare che le specie a rischio di estinzione siano il 39,4 per cento del totale. In pratica, due su cinque. Una stima impressionante, ci ricorda ancora una volta quanto sia urgente tutelare la biodiversità. Fonte: LifeGate, Valentina Neri, 1.10.2020