La Chiocciola consegna la proposta al Ministro delle Politiche Agricole Centinaio. Petrini: “i prezzi riconosciuti agli agricoltori sono scandalosi”
Il tema dell’etichettatura trasparente e dell’informazione al consumatore è ormai un argomento caldo, che dopo anni di lotte di varie associazioni ha ottenuto anche molti risultati: etichette d’origine d’obbligo su latticini, pomodori trasformati, uova… Da Terra Madre Salone del Gusto, Slow Food lancia al Ministro delle Politiche Agricole Gianmarco Centinaio la proposta di una nuova frontiera di etichette a favore del consumatore, quella in cui si indichino i prezzi delle materie prime. Non un obbligo, ma un’autocertificazione del trasformatore: una vera e propria provocazione della Chiocciola, che pone l’attenzione su un problema (purtroppo) molto diffuso. Come ha infatti sottolineato il presidente di Slow Food Carlo Petrini, i prezzi riconosciuti agli agricoltori sono “scandalosi: per il grano – ha detto – è lo stesso di 30 anni fa, le carote, per fare un altro esempio, sono pagate a 7 centesimi al chilo”. Quello del prezzo delle materie prime in etichetta sarebbe quindi “uno strumento – secondo Slow Food – per rendere più consapevoli i consumatori, aumentare la trasparenza delle filiere, valorizzare imprese agricole etiche e socialmente responsabili e contrastare le politiche aggressive della Gdo nei confronti dell’agricoltura di piccola scala”. Una difesa dei piccoli produttori, cuore pulsante dell’agricoltura italiana e internazionale, come Carlo Petrini ha sottolineato proprio ieri alla conferenza d’inaugurazione di Terra Madre, fondata sulle tradizioni delle aziende meno grandi, custodi anche della biodiversità (altro tema centrale all’edizione di quest’anno): ecco perché Slow Food ha messo a punto il progetto dell’etichetta con il prezzo “origine delle materie prime”, “per restituire dignità e valore al lavoro agricolo, fornire strumenti di valutazione al consumatore e contrastare la progressiva spinta al ribasso dei prezzi all’origine dei prodotti alimentari. È lo stesso meccanismo – argomenta Slow Food – che ha contribuito a generare condizioni di lavoro nelle campagne sempre meno dignitose e a innescare meccanismi in cui gli unici a guadagnarci sono i criminali più o meno organizzati che sul disperato bisogno di lavoro delle persone costruiscono le loro fortune”. Fonte: WineNews, 21.09.2018