“E’ un mondo più bello quello in cui puoi abbracciare un Papa. Per me è stato come parlare a un amico”. A ricevere la telefonata a sorpresa di Papa Francesco è Carlo Petrini, scrittore e fondatore di Slow Food. Venti minuti a parlare di ambiente, immigrazione, e degli umili del mondo.
Petrini, un’emozione non comune.
“Sul cellulare mi è comparso all’improvviso un numero sconosciuto. Ho risposto, e dall’altra parte c’era Papa Bergoglio. Non ero affatto preparato, ma la semplicità con cui il pontefice è stato capace di instaurare un dialogo diretto mi ha messo subito a mio agio. Avevo inviato un libro al Papa…”.
Il libro di Terra Madre?
“Sì, era il mese di luglio, quando il Papa è andato a Lampedusa. Assieme al libro gli avevo spedito anche una lettera e un articolo sui migranti piemontesi in terra d’Argentina, proprio come i genitori di Bergoglio. In un secolo, dal 1876 al 1976, dal nostro Paese sono partiti per l’estero 24 milioni di migranti. Di questi, 3 milioni hanno trovato casa in Argentina. Ed è esattamente ciò che avviene oggi con i nostri neri d’Africa: gli italiani morivano allora, come costoro muoiono oggi. Ma il Papa mi ha raccontato di suo padre…”.
E cosa le ha raccontato?
“Nell’articolo parlo di un bastimento, il ‘Principessa Mafalda’, che nel 1927 partì da Genova e si inabissò poco lontano dalle coste brasiliane causando la morte di 314 migranti italiani. Bergoglio mi ha detto che suo padre sarebbe dovuto salire proprio su quella nave. Invece partì due anni dopo. Gli ho detto che io sono agnostico, ma che c’è un segno del destino se suo padre non salì sul Mafalda, di cui tutti, ancora oggi, in Piemonte hanno memoria”.
Da piemontese a piemontese, cosa vi siete detti?
“Mi sono permesso una frase in piemontese… una frase che diceva mia nonna sui preti. Ma non dico quale… saggezza popolare. Lui si è messo a ridere”.
Nella lettera invece cosa scriveva al Papa?
“Nella lettera parlavo di Terra Madre, di questa rete di persone umili che difendono ovunque l’ambiente, la biodiversità, l’economia rurale. E a questo punto la chiacchierata è diventata più incisiva”.
Nell’intervista a Eugenio Scalfari, il Papa insiste sull’amore per il prossimo, sul lievito che serve al bene comune, e su come il liberismo selvaggio non faccia che rendere i forti più forti, i deboli più deboli e gli esclusi più esclusi. Avete riaffrontato il discorso?
“Il ragionamento di fondo è ruotato attorno alla necessità di portare avanti un’economia agricola di sussistenza, e non di accaparramento. Lui ha concordato, e mi ha anche svelato che sua nonna era solita dire che quando si muore, nel sudario non ci sono tasche in cui portarsi dietro il denaro. Da qui, ha definito ‘stupefacente’ il lavoro che stiamo portando avanti come Terra Madre. Io allora mi sono anche permesso di invitarlo da noi, in Piemonte”.
Verrà?
“Nel 2014 ha in programma questo viaggio, e, se riuscirà, verrà anche a trovarci. Ci siamo trovati in piena sintonia sull’importanza di focalizzare l’attenzione sugli umili, e di come, grazie alla rete delle comunità del cibo, essi acquisiscano autostima e dignità col farne parte. E’ un mondo povero, che però difende il seme della propria terra, e in quanto tale propositivo”.
Cosa le ha lasciato questa telefonata?
“La fiducia in un mondo migliore fino a quando c’è gente come Papa Francesco, che sa dialogare in maniera affabile e gettare ponti. Una semplicità e un’empatia che nascondono un carattere straordinario. Ci siamo salutati augurandoci buona salute e un abbraccio virtuale… come con un amico. Non ho avvertito alcuna distanza, e so di aver conosciuto un personaggio straordinario. Tutto ciò è importante non solo per la storia della Chiesa, ma per la speranza di un dialogo e per la sostenibilità ambientale”.
fonte: la Repubblica, 22.10.2013