Un’azienda valutata in 3 miliardi di dollari che passa interamente nelle mani di un’associazione non profit, con il mandato di reinvestire interamente i profitti nella tutela del Pianeta.
Sarebbe fantascienza se di mezzo non ci fosse Yvon Chouinard, fondatore e proprietario – o meglio, ex-proprietario – di Patagonia, che a 83 anni dà l’ennesima dimostrazione del suo approccio visionario all’imprenditoria. Dimostrandoci come alcune dinamiche del capitalismo possano essere cambiate dall’interno, se c’è la volontà di farlo.
Patagonia mostrava un’anima ambientalista decenni prima che diventasse di moda farlo. Yvon Chouinard, scalatore e alpinista, iniziò come artigiano per poi passare al commercio di abbigliamento tecnico sportivo. Fondata nel 1970, la sua azienda crebbe fino a diventare una multinazionale, sempre dimostrando un’inattaccabile coerenza sui temi ambientali e sociali: la certificazione di B-corp conseguita nel 2011, l’1% del fatturato annuale devoluto in beneficienza.
E ancora una percentuale paritaria di donne ai vertici (compresa Rose Marcario, amministratrice delegata dal 2008 al 2020), l’adozione di fibre tessili organiche e riciclate. Fino al punto da auto-definirsi come un’impresa attivista, con l’adesione agli scioperi per il clima e lo scontro aperto con l’ex-presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Fino a questo punto Patagonia è stata una società privata, le cui azioni erano detenute dallo stesso Yvon Chouinard e da altri membri della famiglia. A 83 anni, con un annuncio a sorpresa, il fondatore volta pagina. Il 98% delle quote passerà a Holdfast Collective, un’organizzazione non profit. Sarà quest’ultima a incassare sotto forma di dividendi tutti gli extra profitti (cioè i guadagni che restano dopo averne reinvestito una parte nello sviluppo dell’impresa e aver accantonato un cuscinetto per gli imprevisti) e «usare ogni dollaro ricevuto per combattere la crisi ambientale, proteggere la natura e la biodiversità e supportare le comunità».
Il restante 2%, incluse tutte le azioni con diritto di voto, spetterà al neo-costituito Patagonia Purpose Trust. Si tratta di una fondazione che si farà garante della continuità nella gestione strategica.
“Adesso il nostro unico azionista è il Pianeta», titola il comunicato pubblicato da Patagonia. Il business di fatto rimarrà esattamente lo stesso, e per i dipendenti non cambierà nulla. L’unica differenza sta nel fatto che i guadagni saranno interamente reinvestiti nella causa ambientale. Una decisione inedita che peraltro non è stata presa a buon mercato. La famiglia Chouinard dovrà infatti sborsare circa 17,5 milioni di dollari in tasse sulla donazione.
In questo modo Yvon Chouinard, ormai ultraottantenne, dichiara di aver trovato la «soluzione ideale» al grande punto di domanda rappresentato dalla successione. «Speriamo che questo influenzi una nuova forma di capitalismo. Che non finisca per creare pochi ricchi e un sacco di poveri», ha affermato nel corso di un’intervista rilasciata in esclusiva al New York Times. «Devolveremo – ha concluso – la maggiore quantità possibile di denaro a chi sta lavorando attivamente per salvare questo Pianeta». Fonte: Valori.it, Valentina Neri, 15.09.2022