617 locali premiati: 133 le new entry, ben 279 le Chiocciole
L’edizione n. 29 della guida presentata oggi a Terra Madre. Petrini: “Le osterie rappresentano l’italianità più profonda”
“Secondo noi l’osteria è accogliente e conviviale, ha un buon rapporto qualità/prezzo, conosce a fondo la materia prima che usa, lavora prodotti di prossimità, sa proporre il vino, anche se è solo quello della casa, non ha il menù degustazione, non scimmiotta il ristorante importante, è moderna ma non rinnega il passato, non insegue le mode, anzi spesso le anticipa e, last but not least, ha un bravo oste (o anche più di uno)”: questa la definizione che Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni, curatori della guida Osterie d’Italia di Slow Food Editore, hanno tenuto a precisare oggi, alla presentazione dell’edizione del 2019 della guida che da 29 anni mette insieme, e premia, gli attori del settore delle osterie italiane. Che quest’anno sono ben 1617, con 133 new entry e 279 Chiocciole, i locali che meglio incarnano l’idea di osteria secondo Slow Food. Presentazione, alla giornata conclusiva di Terra Madre e Salone del Gusto a Torino, piena di sorprese e novità, a partire dai sei premi speciali: sei riconoscimenti a chi, per motivi diversi, porta alto il nome della tradizione, della semplicità e della qualità, con un occhio per il futuro e la sperimentazione, senza l’attenzione degli chef star, recensiti e apprezzati dalle grandi guide gastronomiche internazionali. Come il Premio Migliore Dispensa, al Reis di Frassino (Cuneo), o il Premio Migliore Carta dei Vini al Da Cesare di Roma, o ancora il Premio Migliore Novità della Guida al Cacciatori di Cartosio (Alessandria), il Premio Migliore Interpretazione della Cucina Regionale allo Zenobi di Colonnella (Teramo), quello al Migliore Giovane al Badessa di Casalgrande (Reggio Emilia) e il Premio Migliore Oste all’Osteria Fratelli Pavesi di Podenzano (Piacenza).
“Questo è un prodotto editoriale che il prossimo anno compie 30 anni – ha evidenziato il presidente di Slow Food Carlo Petrini – vuol dire che buona parte di questa sala non era ancora nata o era giovanissima e nemmeno immaginava di diventare un giorno oste. Le osterie rappresentano ancora oggi l’espressione dell’italianità più profonda, sono cambiate, si sono evolute ma hanno mantenuto l’ancora ferma, le radici nel territorio. E questo – ha continuato Petrini – perché gli osti hanno saputo distinguersi, hanno continuato a essere se stessi. Il giorno in cui le osterie dovessero perdere la loro biodiversità non sarebbero più tali, la biodiversità le fa grandi, mentre l’elemento coercitivo delle guide e i premi appiattisce chi vuole stare dietro a queste mode. Il vostro referente deve rimanere l’affettività con cui accogliete i clienti, affinché si sentano a casa, come in una comunità. Seguite il tema dell’ambiente e della salute perché questa è la domanda che viene dal basso ed è la sensibilità dei vostri futuri avventori: una volta c’erano solo gourmet, oggi invece la sensibilità è cambiata. Fin quando curerete questi due elementi e curate i contadini – ha concluso – i prodotti e i clienti sarete sulla strada giusta”. Fonte: Winenews, 24.09.2018