Ristorante che vai clientela che trovi. Ciascun bistrot, cocktail bar o pizzeria ha il suo target di riferimento affezionato. Ma che cosa accade quando in locale giungono ospiti inaspettati? La professionalità di un’attività risiede proprio nel saper gestire situazioni fuori dal comune con empatia e gentilezza
La clientela di un certo genere di ristoranti è standard. Se andate da Cracco in Galleria troverete attempati signori benestanti che si mescolano a giovani appassionati di Masterchef. Se andate al bar sotto casa ci sarà un andirivieni di varia umanità, abitudinari e qualche passante. Se andate in pizzeria, troverete tavolate di amici, famigliole e ragazzi. Se scegliete un locale modaiolo, troverete perlopiù ragazzi ben vestiti più interessati ai drink che al cibo, o comunque distrattamente alla ricerca del vedere ed essere visti, piuttosto che della ricercatezza nel piatto. Non è banalità, è statistica.
Quando entrate in un ristorante gastronomico, che sia un bistrot o una tavola stellata, avrete ai tavoli persone dai 30 in su, curiosi e con una soglia di spesa sul cibo un po’ più alta del normale, interessati a godersi un’esperienza più che a “mangiare” nel senso più comune del termine. Sono i foodies, ma non solo: persone interessate ad entrare in contatto con una realtà che fa della cucina una ricerca, anche solo sul prodotto da servire, o qualche volta una sperimentazione, per scoprire che cosa c’è di ancora inesplorato nell’universo del gusto.
Che cosa succede se in uno di questi ristoranti arriva un insider? Una persona inattesa, nei ristoranti gastronomici, è evidentemente un errore del sistema. Un produttore di musica rap con felpa e cappellino nel bistrot gourmet che con attenzione e cura cerca di fare non solo somministrazione ma anche cultura del cibo, portando in tavola piccoli produttori ben selezionati, una cucina semplice ma ricercata e con quel tocco in più di raffinatezza ed estro, è un bag. Saperlo gestire senza che gli altri ospiti del locale si innervosiscano è arte: arte dell’accoglienza.
La professionalità di una sala si misura in capacità di gestire gli errori del sistema, con garbo e gentilezza, anche se questi clienti difficili sono chiassosi e guardano video al cellulare scambiandosi commenti a voce alta, e soprattutto non sono in alcun modo interessati a quello che comparirà nel loro piatto. La bravura e la maestria dell’ottimo maître è quella di cercare comunque di spiegare a dei clienti insoliti la propria scelta professionale, con pazienza e con il sorriso. Un’attività tutt’altro che scontata, e che in certe condizioni può instillare una goccia di curiosità nelle persone capitate per caso in un locale che fa cultura del cibo, e non solo “da mangiare”. Un’attività che richiede però una grande capacità di ascolto, doti innate di empatia e calma interiore.
Succederebbe la stessa cosa a parti invertite? Con il foodie che si imbatte in un ristorante pop o in un locale modaiolo? Probabilmente sì. Codici diversi, abitudini diverse, modi di servizio differenti. Uscire a cena non è un’attività univoca, e spesso equiparare le tipologie di ristoranti, mettendoli tutti dentro un grande unico compartimento, è un errore che crea infelicità alimentari. Saper distinguere l’insegna da scegliere per essere felici a tavola e nell’approccio, fa parte delle nostre capacità di relazione. Fonte: Linkiesta, Gastronomika, Anna Prandoni, , 12.02.2022