Il 3 gennaio 2023 l’Unione Europea ha autorizzato la commercializzazione a scopo alimentare della farina di grillo, dopo che l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha valutato che il consumo dell’insetto è sicuro per la nostra salute.
Nel mercato alimentare si fanno sempre più spazio i “novel food”, alimenti od ingredienti che non fanno parte delle nostre tradizioni culinarie. Così dopo la larva gialla della farina e la locusta migratoria, il mercato europeo si apre a nuovi prodotti alimentari che combinano un alto contenuto proteico alla sostenibilità ambientale. Ma i “novel food” comprendono, oltre ai cibi a base di insetti, diversi tipi di proteine alternative, fra cui la carne coltivata o sintetica, prodotta in laboratorio a partire da cellule animali. La FDA (Food and Drag Administration) americana ha dato il via libera, lo scorso anno, alla commercializzazione del pollo sintetico e i tecnici si aspettano che anche a livello europeo siano presentate le prime domande di registrazione.
Affrontiamo questo duplice argomento: gli insetti per uso alimentare e la carne sintetica, proponendovi anche la posizione di Slow Food.
INSETTI PER USO ALIMENTARE
L’Unione Europea ha approvato la polvere di grillo come alimento (1)
Dal 24 gennaio si potranno trovare alimenti contenenti polvere di grillo domestico in tutti i supermercati dell’Unione Europea, Italia inclusa. Lo ha stabilito la Commissione europea, inserendo la “polvere parzialmente sgrassata di grillo domestico” nell’elenco dei nuovi alimenti approvati nell’Unione e permettendone l’immissione sul mercato unico.
L’autorizzazione, firmata da Ursula von der Leyen, è stata pubblicata ieri sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue: dal 24 gennaio la società Cricket One Co. Ltd (che aveva presentato la domanda) sarà l’unica a poter commercializzare la polvere di grillo per i prossimi 5 anni; “salvo nel caso in cui un richiedente successivo ottenga un’autorizzazione per tale nuovo alimento senza riferimento ai dati scientifici protetti a norma dell’articolo 3 o con il consenso di Cricket One Co. Ltd”.
Il nuovo alimento è costituito dalla polvere parzialmente sgrassata del grillo domestico (Acheta domesticus) intero, ottenuta mediante una serie di fasi: digiuno di 24 ore degli insetti per consentire lo svuotamento intestinale, il congelamento degli insetti e la loro conseguente uccisione, lavaggio e trattamento termico, essiccazione, estrazione dell’olio e macinazione.
Nel parere scientifico chiesto dalla Commissione Ue all’European Food Safety Authority (EFSA), l’Autorità “ha concluso che la polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus è sicura alle condizioni e ai livelli d’uso proposti. La farina di grillo potrà quindi essere utilizzata durante la produzione di “pane e panini multicereali, cracker e grissini, barrette ai cereali, premiscele per prodotti da forno (secche), biscotti, prodotti a base di pasta, salse, prodotti trasformati a base di patate, siero di latte in polvere, prodotti sostitutivi della carne, minestre concentrate o in polvere, snack a base di farina di granturco, bevande tipo birra, prodotti a base di cioccolato, frutta a guscio e semi oleosi, snack diversi dalle patatine, preparati a base di carne” e in molte altre tipologie di alimenti elencati nel documento di approvazione. Le etichette dei prodotti che la contengono dovranno riportare la dicitura “polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico)”.
Così, dopo il primo via libera dell’Ue all’utilizzo delle tarme della farina nel settore alimentare, ecco un altro insetto edibile sul mercato europeo.
L’Unione Europea ha dato via libera al cibo a base di tarme (2)
I 27 Stati Membri dell’Unione Europea hanno approvato la proposta della Commissione europea di consentire la commercializzazione ad uso alimentare dei cosiddetti «vermi gialli della farina», ossia le larve del coleottero «tenebrione mugnaio». È il primo via libera dell’Ue circa l’utilizzo di un insetto nel settore alimentare ed esso fa seguito alla valutazione scientifica fornita negli scorsi mesi dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), che aveva definito tali larve sicure da mangiare per l’uomo. Adesso il prossimo passo è quello di adottare un regolamento dell’Ue che autorizzi l’uso dei vermi gialli della farina come alimenti, cosa che sarà fatta nelle prossime settimane.
Secondo molti ricercatori si tratta del cibo del futuro in quanto potenzialmente sostenibile, in grado cioè di nutrire la popolazione crescente del pianeta senza intaccare eccessivamente le risorse naturali e il clima. Infatti, è un alimento a basse emissioni di carbonio, motivo per cui allevare tali insetti come risorsa alimentare potrebbe generare risvolti positivi per l’ambiente. In tal senso, la decisione rientra all’interno della strategia Farm to Fork, il piano d’azione Ue 2020-30 che mira a rendere sostenibili i sistemi alimentari e che indica gli insetti come una fonte di proteine a basso impatto ambientale. A tutto ciò si aggiunge il fatto che queste larve siano una fonte di cibo sana ed altamente nutriente: hanno un elevato contenuto di grassi, proteine e fibre e possono essere utilizzate essiccate o come farina proteica in numerosi prodotti alimentari.
Insetti, via libera di EFSA alla locusta migratoria: Ok al consumo, ma attenzione al rischio di allergie (3)
Dopo la tarma della farina, arriva anche la locusta. Il Comitato di esperti sulla nutrizione, i novel food e gli allergeni alimentari (Nda) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare si è espresso favorevolmente sulla sicurezza di questo insetto, in formulazioni congelate ed essiccate. Il parere scientifico era stato richiesto dalla Commissione europea, che ora dovrà decidere se autorizzare al commercio le locuste, come ha fatto a maggio con le larve delle tarme della farina (Tenebrio molitor).
L’Efsa ha valutato la sicurezza alimentare degli adulti degli insetti della specie di insetti Locusta migratoria, in diverse formulazioni: surgelati ed essiccati senza zampe e senza ali, oppure macinati interi. Le locuste, si legge nel documento, non presentano particolari problemi di sicurezza: sono alimenti composti principalmente da proteine, grassi e fibre e la concentrazione di contaminanti in essi contenuta dipende direttamente dai livelli presenti nei mangimi utilizzati nel loro allevamento.
L’Efsa ha valutato positivamente la sicurezza della specie Locusta migratoria per uso alimentare
Gli esperti dell’Efsa hanno quindi concluso che, considerando la composizione di questi alimenti e le condizioni d’uso proposte, il consumo di locusta non è considerato né svantaggioso da un punto di vista nutrizionale, né pericoloso per la popolazione generale. Tuttavia è possibile, secondo l’Autorità, che nelle persone con allergie a crostacei, acari e/o molluschi possano verificarsi reazioni allergiche. Lo stesso problema era stato sollevato anche per la tarma della farina.
Locuste e tarme sono i primi due insetti a ricevere parere positivo per l’autorizzazione come novel food. Con questo termine, secondo la normativa europea in materia, si definiscono tutti gli alimenti che non siano stati consumati “in maniera rilevante” prima del maggio 1997, che vengono autorizzati dalla Commissione europea caso per caso, come stabilito dal regolamento (UE) 2015/2283. Ma nella lista dei nuovi alimenti non ci sono solo gli insetti: nel corso degli anni sono stati approvati cibi che ormai sono diventati familiari per molti consumatori come l’alga spirulina o i semi di chia. Sono sottoposti al regolamento anche cibi provenienti da Paesi lontani, come il baobab, le sostanze ricavate da fonti già note ma non utilizzate prima in forma isolata – per esempio il licopene estratto dal pomodoro – e gli alimenti prodotti con nuove tecnologie che potrebbero interferire con le caratteristiche nutrizionali.
Posizione di Slow Food: Ci nutriranno gli insetti (4)
La Terra si prepara a ospitare nove miliardi di persone. Con un pianeta insufficiente a sfamarci tutti, non possiamo che chiederci come far fronte alla domanda di cibo in constante aumento. Potenziare il sistema produttivo attuale non è fattibile: non si può pensare che il malsano consumo occidentale si diffonda così com’è in tutto il mondo. È arrivato il tempo forse che anche noi iniziamo a prendere in considerazione altre fonti di sostentamento che non prevedano un sistema industrializzato di produzione di cibo. A questo proposito i funzionari per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao) si stanno occupando del ruolo degli insetti nel sistema alimentare, dopo aver documentato l’importanza significativa che questi animali svolgono nelle diete di Paesi come la Thailandia, la Cambogia e il Perù.
La Fao ha, negli ultimi anni, commissionato diversi studi, redatto relazioni e organizzato meeting sulla dieta insettivora e le sue conseguenze.
L’incontro a Ede (municipalità dei Paesi Bassi), organizzato congiuntamente dalla Fao e dall’Università di Wageningen (Conference Insects to feed the world, 14-17 maggio 2014), è stato il culmine di tutti questi sforzi, la prima grande conferenza internazionale che ha riunito entomologi, imprenditori, nutrizionisti, cuochi, psicologi e funzionari governativi al fine di discutere dell’inserimento degli insetti come alimenti e mangimi, in particolare in Occidente. Sono state quindi gettate le basi per un possibile inserimento nel mercato degli insetti commestibili.
Bruchi, vermi e larve sono ricchi di proteine e di micronutrienti essenziali, quali ferro e zinco. Occupano meno spazio di un allevamento di vitelli, minori emissioni di gas a effetto serra e hanno un tasso di conversione dei mangimi non paragonabile: un solo chilo di mangime produce 12 volte più proteine commestibili di quante siano contenute nel manzo. Alcune specie di insetti sono resistenti alla siccità e possono richiedere meno acqua di mucche, maiali o pollame.
Gli insetti potrebbero anche sostituirsi alla soia e alla farina di pesce e diventare un mangime decisamente più sostenibile. Inoltre cavallette, formiche e Co. potrebbero essere alimentati con scarti di cibo e deiezioni animali, gli allevamenti di insetti aumenterebbero quindi l’offerta mondiale di proteine favorendo al contempo la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti. Si tratta indubbiamente di un’ambiziosa visione per il futuro della Terra.
L’entomofagia, presente in molte cucine tradizionali e nei sistemi agro-ecologici dei popoli di cui costituiscono parte importante della dieta, non ha mai avuto un riscontro positivo in Occidente. Il ruolo degli insetti infatti, è sempre stato quello di ospite scomodo dei campi coltivati, capace di minare il lavoro di un intero anno. Non c’è quindi da stupirsi se in Europa le leggi che prevedono l’importazione e la vendita ai fini alimentari sono poco dettagliate e in alcuni casi, inesistenti. È questo l’esempio dell’Italia, dove la normativa non prevede il consumo di vermi, bruchi e cavallette considerate nel migliore dei casi una sottocategoria alimentare utilizzata in Paesi con poca alternativa.
È impossibile ignorare l’interesse della comunità del cibo nei confronti di questi potenziali alimenti del futuro, soprattutto se in grado di allieviare il mondo da malnutrizione e sprechi. Molti lettori potrebbero storcere il naso al pensiero che questi animaletti entrino a far parte della dieta quotidiana ma la curiosità è tanta. Lo abbiamo constatato al Salone del Gusto e Terra Madre dove il Laboratorio del Gusto sugli insetti tenuto dai ricercatori di Nordic Food Lab (NFL) Istituto di ricerca sul cibo, con sede a Copenaghen ha registrato il sold out. L’inesistenza delle normativa a riguardo hanno fatto si che il laboratorio venisse annullato, l’Italia evidentemente non è ancora pronta ma confidiamo che presto avverrà un’apertura capace di agevolare la ricerca su quella che potrebbe essere una soluzione reale.
Non ci resta che assaggiarli e superare qualche limite, che ne dite?
CARNE SINTETICA
Carne coltivata: arriva il primo via della FDA a un prodotto dell’agricoltura cellulare (5)
Con un pronunciamento che probabilmente sarà ricordato, ma che non è ancora il via libera definitivo, la Food and Drug Administration ha inviato un primo sì ai nugget di carne di pollo coltivata di Upside Foods, la start up californiana fondata da Uma Valeti e Nicholas Genovese nel 2014 con il nome di Memphis Meat. Una decisione attesa da mesi, che potrebbe dischiudere le porte del mercato statunitense alle decine di start up che stanno lavorando sull’agricoltura cellulare, cercando di capire quale sarà il destino dei propri prodotti una volta giunti presso le agenzie regolatorie.
Negli Stati Uniti, dopo mesi di discussioni molto accese, FDA e Dipartimento dell’agricoltura (USDA) si sono divise i compiti, per quanto riguarda le procedure di approvazione della carne coltivata. La prima è incaricata di verificare i test nell’ambito dei protocolli GRAS, cioè dei prodotti considerati sicuri fino a prova contraria, mentre lo USDA delle verifiche dei siti di produzione e delle lavorazioni. La risposta giunta dalla FDA è stata ottenuta sottoponendo dossier molto articolati su tutti i passaggi della produzione. In questo caso è stato esaminato come vengono prelevate le cellule dai polli, in che tipo di ambiente – bioreattori di acciaio – e con quali soluzioni vengono fatte crescere, come vengono raccolte e conservate, e così via. Se tutto va bene, si riceve una comunicazione che sostanzialmente dice: “non abbiamo ulteriori richieste”. Per essere commercializzata, la carne coltivata dovrà ancora superare i controlli del Servizio per la sicurezza alimentare e le ispezioni del Dipartimento dell’agricoltura (USDA-FSIS) e poi ottenere un parere positivo, relativamente ai prodotti finali.
Mentre l’iter procede, Valeti e Genovese stanno mettendo a punto la strategia commerciale, che deve essere molto accurata anche perché, per ora, nonostante i costi siano enormemente diminuiti rispetto ai primi tentativi, non sono ancora sovrapponibili a quelli della carne di pollo da allevamento: secondo le stime, nelle prime produzioni di scala dovrebbe essere attorno ai 30-35 dollari al chilo. Per quanto riguarda il grande pubblico, Valeti ipotizza per il momento dei prodotti a base mista, con ingredienti vegetali, per contenere i costi.
Oltre a questo, c’è poi un problema di opportunità e di scelta della modalità e del momento giusto per far arrivare l’agricoltura cellulare nei supermercati: decisioni delicatissime, che potrebbero fare la differenza tra un clamoroso flop e un successo planetario. Upside Foods ha deciso di seguire la via indicata dalla concorrente Eat Just, la prima a ottenere i permessi per la vendita a Singapore, che aveva iniziato in un ristorante esclusivo chiamato 1880, per capire la reazione del pubblico e provare diverse ricette con l’aiuto di grandi chef. Solo in seguito era passata al delivery, quindi alla GDO. Anche Upside Foods procederà in modo simile: quando arriveranno tutte le autorizzazioni, offrirà il suo pollo coltivato inizialmente solo da Atelier Crenn, un ristorante di San Francisco il cui proprietario è la chef Dominique Crenn, che sperimenterà varie ricette, confrontandosi anche con i clienti e offrendo probabilmente solo assaggi.
Secondo Valeti, la carne coltivata sta seguendo un iter che ricorda quello dell’auto elettrica, e come per quest’ultima occorreranno 10-15 anni prima che diventi familiare e accessibile a tutti dal punto di vista economico. Ma il pronunciamento dell’FDA potrebbe accelerare il processo, e spingere altri paesi a fare altrettanto. Intanto, assaggi di carne coltivata sono stati presentati da altre start up, come Good Meat, alla COP27 di Sharm-el-Sheik. Un appuntamento in cui non si è parlato molto di carne e in cui attivisti, come quelli del gruppo Plant Based Treaty, hanno chiesto la fine delle sovvenzioni pubbliche agli allevamenti, e la promozione delle diete vegetariane e vegane.
Lo scorso 27 aprile la Commissione Europea ha approvato la raccolta di firme di una Iniziativa dei cittadini europei chiamata End the Slaughter Age, finalizzata a spostare i sussidi della PAC oggi assegnati alla zootecnia sui progetti di agricoltura cellulare e sui prodotti a base vegetale. L’iniziativa per ora ha raccolto 40 mila firme e, se riuscirà a raggiungere il milione entro giugno 2023, sarà necessariamente discussa al Parlamento in una seduta aperta.
Via libera alla carne sintetica, i pro e i contro: fa male? Quanto costa e come viene prodotta (6)
Usa e Singapore danno il via libera alla carne coltivata in laboratorio, che presto potrebbe arrivare in Italia, tra le critiche e i legittimi dubbi.
C’è il via libera al consumo della carne sintetica, cioè creata in laboratorio, negli Stati Uniti. La decisione storica della Food and Drug Administration, l’ente del Governo americano che regola la somministrazione di farmaci e cibo, potrebbe aprire la strada al suo arrivo nei supermercati anche all’interno dell’Unione Europea, e quindi in Italia. Tra timori, più o meno legittimi, e l’entusiasmo di chi saluta questo avanzamento tecnologico come un nuovo strumento per fermare il cambiamento climatico e rendere più sostenibile la filiera alimentare, si diffondono però notizie false e allarmistiche che è bene analizzare.
- Stati Uniti e Singapore producono carne sintetica, arriverà anche in Italia
- Coldiretti lancia la raccolta firme contro la “carne di Frankenstein”
- L’impatto sull’ambiente della carne sintetica rispetto agli allevamenti
- Cosa si intende per carne sintetica o coltivata e come viene prodotta
- La carne sintetica non è vegana: per produrla servono i macelli
- Quali sono i reali rischi per la salute umana della carne sintetica
- Quanto costa la carne sintetica e quali sono i rischi per l’economia
Stati Uniti e Singapore producono carne sintetica, arriverà anche in Italia
Le aziende americane potranno produrre la carne in laboratorio dopo che le autorità sanitarie hanno stabilito che si tratta di un cibo sicuro per il consumo da parte degli esseri umani. La FDA ha concesso i permessi necessari alla società Upside Food che ha sede in California. Utilizzando le cellule di animali “veri”, nello specifico pollame, l’azienda le riproduce in un ambiente controllato in laboratorio, per produrre carne che non richiede il macello di uccelli vivi. L’ente governativo è in trattativa con altre realtà. Tra queste anche una che fa lo stesso con frutti di mare e pesci.
La bistecca sintetica “non è più qualcosa di surreale, ma è concreta“, e arriverà anche nel mercato alimentare dell’Unione Europea. Ne è sicuro Wolfgang Gelbann, ufficiale scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che parlando con Politico ha spiegato che la carne prodotta in laboratorio è sempre più vicina a fare il suo esordio anche nei banchi frigo e negli scaffali del Vecchio Continente. Solo un altro Paese, oltre agli USA, ha già permesso la produzione di questo cibo, cioè Singapore, dove viene già venduto e consumato.
Per il momento all’EFSA o alla Commissione Europea non è arrivata alcuna richiesta, da parte delle aziende di biotecnologie o alimentari, di inserimento nel registro dei Nuovi alimenti. Ma, come spesso accade per il mondo occidentale, gli Stati Uniti potrebbero fare da apripista per il cibo del futuro. Che però desta preoccupazioni ed è al centro della diffusione di molte fake news. Addirittura Coldiretti ha lanciato una battaglia contro la carne sintetica.
Coldiretti lancia la raccolta firme contro la “carne di Frankenstein”
La “carne di Frankenstein“, come la definisce Coldiretti, non piacerebbe al 75% degli italiani, in base agli ultimi dati raccolti dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi economica. L’associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana ha avviato una mobilitazione con Filiera Italia e Campagna Amica contro il cibo sintetico, con la raccolta firme in tutto il territorio nazionale per fermare quella che viene definita come una “pericolosa deriva che mette a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale, delle campagne e dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Italy“.
Coldiretti si schiera anche contro il “latte senza mucche” e il “pesce senza mari, laghi e fiumi“, annunciando che presto questi prodotti potrebbero “inondare il mercato europeo” sulla spinta delle multinazionali e dei colossi tecnologici. L’associazione sottolinea che non è vero che la carne sintetica salverà gli animali, considerando che sarebbe prodotta “sfruttando i feti delle mucche”, ma neanche l’ambiente, perché “consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali”. Ci sono preoccupazioni anche per la salute. Per l’associazione non ci sarebbe infatti la garanzia che “i prodotti chimici usati” siano sicuri per il consumo alimentare.
L’impatto sull’ambiente della carne sintetica rispetto agli allevamenti
A oggi almeno 150 compagnie stanno testando la carne sintetica, con investimenti miliardari da parte anche delle multinazionali. L’industria della bistecca in laboratorio sta dunque crescendo esponenzialmente, anche per rispondere all’esigenza di abbattere l’impatto che gli allevamenti hanno sul clima, a causa delle emissioni del bestiame, del grande utilizzo di acqua e della deforestazione per creare terreni di pascolo e stabilimenti per la macellazione e la trasformazione della materia prima. Il nuovo cibo prodotto grazie alla tecnologia è salutato con positività dagli ambientalisti.
Alla Cop27, la deludente conferenza contro il cambiamento climatico che si è tenuta in Egitto, si è parlato a lungo di sostenibilità della filiera alimentare. La produzione di cibo è infatti responsabile per quasi un terzo delle emissioni di gas prodotte dalle attività umane. Circa la metà dei terreni abitabili del pianeta è occupata da allevamenti e coltivazioni, che usano circa il 70% dell’acqua potabile a cui abbiamo accesso.
La carne prodotta in laboratorio potrebbe per questo essere una alternativa etica alla filiera tradizionale, e potrebbe risolvere i problemi di un mondo sempre più affamato e popolato, inquinato e inquinante. Da diversi studi indipendenti è emerso infatti che creare la “bistecca di Frankenstein” è decisamente più sostenibile. Una ricerca condotta dalle Università di Oxford e di Amsterdam ha rilevato che rispetto agli allevamenti classici il consumo di acqua sarebbe inferiore del 99%, quello del suolo del 96%, come anche l’emissione di gas serra, e i consumi energetici calerebbero del 45%.
Cosa si intende per carne sintetica o coltivata e come viene prodotta
Nonostante esistano varie tecniche per produrre la carne sintetica, si può semplificare il processo dicendo che, attraverso una biopsia di un animale vivo, gli scienziati estraggono le cellule staminali e le coltivano in un liquido che le nutre e le fa proliferare. Le cellule staminali si moltiplicano e si specializzano, creando i tessuti muscolari e il grasso, e dunque la carne. Questa tecnica permette anche di controllare meglio il prodotto e difenderlo dalle contaminazioni batteriche, come l’E. coli e la salmonella e altri patogeni che si trovano in genere nell’intestino degli animali.
Inoltre la carne artificiale non ha ormoni della crescita né antibiotici, spesso iniettati negli animali d’allevamento. Peraltro è un ottimo modo per evitare zoonosi, come l’influenza suina o l’aviaria, e la diffusione di malattie che dai suini, dagli ovini, dai bovini e dal pollame possono infettare anche l’uomo. Sul piano della salute, inoltre, gli scienziati evidenziano come in laboratorio sia possibile creare una carne più sana, attraverso l’alterazione delle sostanze nutritive e della presenza di grasso, eliminando ad esempio gli acidi grassi trans e sostituendoli con gli Omega 3.
La carne sintetica non è vegana: per produrla servono i macelli
Una delle sfide più grandi per i produttori di carne sintetica, per allinearsi alle istanze di ambientalisti e promotori dei diritti animali, è quella di eliminare il medium necessario per le colture cellulari. Il più usato è infatti il siero fetale bovino, un liquido costituito dalla frazione del plasma sanguigno che rimane dopo la coagulazione del sangue ottenuto dal feto di bovine gravide durante il processo di macellazione. L’azione del siero è fondamentale per far crescere le cellule e farle proliferare, ma oltre ad avere alla base lo spargimento di sangue animale è anche particolarmente costoso.
C’è da dire poi che riprodurre i vari tagli di carne con questa tecnica è molto complicato e dispendioso in termini di tempo e denaro, e solo alcuni laboratori stanno riuscendo a ottenere i primi successi nella ricreazione di vasi sanguigni, tessuti connettivi e nervi. Difficile immaginare che i veri cultori della carne e gli chef possano abbandonare sin da subito la vera carne.
Quali sono i reali rischi per la salute umana della carne sintetica
Ci sono poi dei legittimi timori per la salute che concernono la produzione in vitro del cibo. La discriminante in questo caso non è il fatto che l’alimento sia “chimico“, termine che da un punto di vista scientifico non significa nulla se contrapposto a “naturale” e utilizzato con una connotazione negativa. Ogni cosa che ingeriamo è composta da molecole, e il corpo umano e il microscopio non sono in grado di riconoscerne la provenienza. La bontà di un alimento e i suoi effetti sulla salute non derivano dunque dal fatto che provenga da un terreno o da un laboratorio, ma da come le sue particelle più piccole interagiscono, e in quale quantità, con le cellule del nostro corpo.
I dubbi riguardano piuttosto le possibili mutazioni delle cellule riprodotte in laboratorio, esposte a processi di crescita esponenziale particolarmente rapidi, e che necessitano di controlli costanti. Potrebbero verificarsi, esattamente come avvengono in natura, e creare delle linee cellulari “difettose”. I cui effetti sulla salute potrebbero non essere facilmente prevedibili o controllabili, e sarà dunque necessario inserire il cibo sintetico in una più ampia cornice normativa che permetta analisi approfondite prima della sua commercializzazione. Niente che non venga già fatto con il cibo “vero”, comunque.
Quanto costa la carne sintetica e quali sono i rischi per l’economia
Superati questi primi scogli, bisognerà comunque pensare all’impatto economico che una produzione orientata principalmente al cibo sintetico potrebbe avere sulle filiere agricole classiche, con la perdita di milioni di posti di lavoro in tutto il mondo e una necessaria riconversione delle aziende in realtà produttive diverse. Ma il cambiamento, se avverrà, non sarà certo istantaneo, e sarà necessaria almeno un’intera generazione per vedere i supermercati pieni di cibo prodotto in laboratorio.
Anche perché attualmente la spesa sarebbe ancora proibitiva per la maggior parte dei consumatori. Un solo hamburger artificiale costava alcuni anni fa ben 250 mila dollari. Oggi costerebbe 10 dollari, non pochi comunque, e prima di far abbassare ulteriormente questo prezzo fuori mercato, bisognerà attendere ancora molto, e aspettare non solo la regolamentazione da parte delle autorità sanitarie, ma anche la diffusione di questi prodotti, che non è detto piacciano al grande pubblico, considerate anche le campagne di disinformazione che vengono fatte sulla materia, sia dai sostenitori che dai detrattori.
Posizione di Slow Food: la carne del futuro sarà “in vitro” ? (7)
Per dare una risposta alla domanda crescente dei consumatori che rifiutano la carne e i derivati animali (esistono anche varianti cosiddette sintetiche del latte, delle uova, del pesce), la ricerca scientifica ha sviluppato negli ultimi anni sostituti della carne basati sulla produzione in laboratorio di cellule animali coltivate con tecniche di “agricoltura cellulare”. Un’alternativa alla carne da allevamento che non richiederebbe ai consumatori di modificare le abitudini alimentari.
Mentre i sostituti della carne a base di proteine vegetali sono già disponibili per il consumo da anni, la carne coltivata (conosciuta anche come carne cellulare o carne “in vitro”), a causa degli alti costi di produzione, non ha ancora un prezzo competitivo, e i suoi sviluppatori devono risolvere ancora notevoli sfide tecniche.
Nei prossimi anni la carne coltivata potrebbe diventare un’opzione sul mercato, ma la sua produzione pone questioni cruciali.
Le cellule utilizzate per produrre carne coltivata sono prelevate da muscoli di animali e sono poi conservate nel siero fetale precedentemente aspirato dall’utero di animali femmine gravide, causando la morte dei feti (un aspetto sensibile per i consumatori che scelgono questi prodotti per ragioni etiche). La sua produzione richiede componenti, inorganici e organici (antibiotici/mitotici, carboidrati, sali, micronutrienti, amminoacidi, vitamine, conservanti aromi, colori e altri additivi e coadiuvanti tecnologici) per i liquidi di coltura. La crescita è innescata da lieviti ogm, promotori della crescita di origine ormonale. Per renderla simile a quella vera si aggiunge tra gli altri additivi la leghemoglobina (SLH) che simula l’effetto del sangue, mai introdotta precedentemente nella dieta umana. La SLH si ottiene usando un lievito geneticamente modificato che nella lavorazione ha generato la produzione di 46 proteine inaspettate, alcune non note, il cui produttore non ha poi identificato, e di cui quindi non è stata valutata la sicurezza. I rischi sanitari imprevisti dovuti a effetti fuori obiettivo e mutazioni genetiche sono possibili e le valutazioni di sicurezza in alcuni paesi non sono adeguate.
Non esiste ancora un controllo regolamentare obbligatorio per queste nuove tecnologie in rapida evoluzione e, in generale, le informazioni a disposizione sono poche.
Al di là dei dubbi per le conseguenze sulla salute date dal consumo di questi alimenti altamente processati e ricchi di vari additivi, sotto il profilo ambientale il loro impatto non è ancora chiaro. Secondo il produttore Mosa Meat, da 0,5 g di tessuto muscolare bovino si possono ottenere 80 mila hamburger. E’ evidente che l’implementazione di queste carni eliminerebbe l’esigenza di allevare animali, con la riduzione di grandi quantità di emissioni di gas climalteranti.
I bioreattori necessari per sviluppare i tessuti e i mezzi di coltura per produrli in quantità richiedono molta energia e le potenziali emissioni complessive del comparto sarebbero quindi elevate. Gli stessi scienziati che la stanno sviluppando ammettono che è necessaria ancora molta ricerca.
Ci sono anche altri aspetti sociali ed economici da considerare: quali saranno le conseguenze che si determineranno sul settore zootecnico quando saranno ampiamente commercializzate a prezzi accessibili? Il messaggio promosso da Impossible Foods, una delle maggiori aziende produttrici, è chiaro: “abbiamo una missione semplice: sostituire il bisogno di animali come mezzo di produzione della carne, globalmente, entro il 2035” afferma Pat Brown, Fondatore e CEO.
Se si avvererà la visione di Pat Brown, che ne sarà degli animali da allevamento? Possiamo farne a meno? Può farne a meno l’agricoltura? Le diverse forme di allevamento non hanno lo stesso impatto. Il marketing sbrigativo a favore della carne coltivata, ma forse anche di più i sostitutivi della carne ottenuti da cellule vegetali, potrebbero colpire non solo l’allevamento industrializzato che sta minando le risorse del pianeta, ma anche gli allevatori sostenibili e virtuosi, già penalizzati dal mercato e poco sostenuti delle istituzioni.
Una professoressa dell’Università di Davis in California, Alison Van Eenennaam, rileva che la natura ha già sviluppato un bioreattore perfetto alimentato da energia pulita (cioè dal sole), in grado di convertire materiale cellulosico in proteine di alta qualità: il bovino. I ruminanti in genere si sono evoluti, insieme ai microbi del loro rumine, per digerire la cellulosa, un carboidrato insolubile e non commestibile per l’uomo, che è il principale costituente delle cellule vegetali (dell’erba). Pascolando in ambienti spesso marginali e impossibili da convertire a colture agricole per l’alimentazione, svolgono un duplice servizio: ci nutrono e, se ben gestiti, si occupano dell’equilibrio del territorio. I pascoli hanno un grande ruolo nello stoccaggio di carbonio nel suolo.
Scegliere le carni alternative potrebbe avere come conseguenza l’ulteriore chiusura di molti allevamenti sostenibili la cui presenza è funzionale all’equilibrio dei territori, la perdita di razze animali locali, di saperi tradizionali e manualità legate all’allevamento e alla lavorazione della carne e dei suoi derivati. Senza contare la necessità di puntare ancora di più sulla chimica per le colture agricole, se mancherà il concime di origine animale. Le conseguenze ambientali, sul paesaggio, sul patrimonio culturale e gastronomico sarebbero notevoli.
Che dire inoltre dei potenti finanziatori del settore, alcuni dei quali sono le stesse multinazionali responsabili dei danni prodotti dal sistema al sistema agroalimentare e zootecnico negli ultimi decenni (tra i finanziatori ci sono ad esempio, Cargill e Tyson Foods)? Come evitare che questo mercato sia condizionato e cooptato da potenti corporations?
Il dibattito sulle normative del settore e sulla corretta definizione in etichetta di questi prodotti, per evitare malintesi nei consumatori, è sostanziale e ha già scatenato proteste negli USA e nell’Unione europea. Gli allevatori chiedono che questi prodotti non possano essere definiti “carne” o comunque non siano identificati con nomi in grado di generare confusione sulla loro origine (es. hamburger, salsiccia..).
I consumatori dovrebbero essere tutelati, per consentire scelte d’acquisto consapevoli.
Nel 2020 la UE ha già autorizzato alcuni sostituti che usano nomi che comunemente definiscono trasformati a base di carne (ad esempio gli hamburger vegetali) mentre, per ora, non consente di definire “carne” un prodotto non derivante da un animale.
La trasparenza in etichetta è cruciale, è lo strumento più importante a disposizione dei consumatori per sapere cosa mettono nel carrello e fa parte di questo principio non consentire l’uso di termini fuorvianti.
CONSIDERAZIONI FINALI
Passeggiavamo tra i padiglioni di Expo 2015, il tema era “nutrire il pianeta” e in ogni angolo del Decumano cartelli luminosi ci avvertivano che entro il 2050 la popolazione mondiale sarebbe cresciuta molto più velocemente delle risorse messe a disposizione dall’agricoltura intensiva. Con sorpresa, curiosità e non poca perplessità il padiglione del Belgio, dopo le necessarie autorizzazioni sanitarie italiane, ha offerto ai suoi visitatori una degustazione di insetti. Sono trascorsi quasi otto anni, si sono concluse da pochi mesi COP27 e COP15 e la relazione tra produzione di cibo, salute e sostenibilità ambientale è stato tra i temi salienti affrontati. Ed ora le nostre considerazioni finali si focalizzano su due tipologie di “novel food” che l’industria ci propone come valide alternative proteiche in risposta alle problematiche ambientali. Una doverosa riflessione deve essere fatta se consideriamo che più di due miliardi di persone in ben 113 paesi nel mondo consumano ogni giorno insetti, e non solo per combattere la fame, ma perché fanno parte della loro cultura gastronomica. Quindi il massimo rispetto delle tradizioni locali, anche delle nostre, ma senza preclusioni qualora sia interessante l’approccio a nuove abitudini gastronomiche.
Infine ci siamo posti un’ultima domanda: gli alimenti a base di insetti e la carne sintetica sono un’alternativa sana alla carne che tradizionalmente consumiamo?
Gli insetti, per quanto riguarda i valori nutrizionali, hanno un contenuto proteico che varia dal 15 al 32% a seconda della specie, sono presenti tutti gli aminoacidi essenziali e si possono comparare alla carne (la carne di vitello ha un contenuto proteico intorno al 22%). Hanno un alto contenuto in fibre, un basso contenuto in grassi saturi, forniscono minerali essenziali e un buon apporto vitaminico.
La carne sintetica, coltivata in laboratorio viene addizionata artificialmente per ottenere un prodotto con valori nutrizionali paragonabili a quelli della carne animale e l’impatto sul nostro metabolismo può essere molto diverso da quello che conosciamo consumando cibo naturale. Le tecniche di coltura prevedono sia l’utilizzo di cellule staminali che di OGM (ci siamo già ampiamente espressi sull’argomento). In campo medico molte patologie gravi sono curabili grazie al trapianto di cellule staminali e molte sono le sperimentazioni in corso per estendere ad un numero sempre maggiore di condizioni patologiche la possibilità di cura. Lasciamo che questa straordinaria tecnica scientifica continui nei suoi progressi per ridare speranza di vita a molte persone.
Concludiamo sempre riflettendo sul BUONO, PULITO e GIUSTO per TUTTI. (Mariagrazia Tripodi)
FONTI
1- Iris Paganessi: 5 gennaio 2023, L’INDIPENDENTE
https://www.lindipendente.online/2023/01/05/lunione-europea-ha-approvato-la-polvere-di-grillo-come-alimento/
2- Raffaele De Luca: 5 maggio 2021, L’INDIPENDENTE
3- Redazione Il Fatto Alimentare 16 Luglio 2021 Sicurezza Alimentare
https://ilfattoalimentare.it/efsa-locusta-migratoria.html
4- A cura di Letizia Morino 5/11/2014
https://www.slowfood.it/ci-salveranno-gli-insetti-conference-insects-to-feed-the-world
5-A cura di Agnese Codignola 18/11/2022
6-A cura di Mirko Ledda 21/11/2022
7- OLTRE IL BENESSERE: GLI ANIMALI D’ALLEVAMENTO MERITANO RISPETTO. Documento di posizione di Slow Food sull’allevamento 2022, p 51