Secondo alcuni studi il ciclo medio di vita delle api rispetto agli anni ’70 è dimezzato e il 40% degli impollinatori oggi sarebbe a rischio: non si possono più ignorare i problemi che minacciano questo piccolo esercito dal cui lavoro dipendono la salvaguardia della biodiversità e la produzione agricola stessa
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Il 20 maggio si celebrerà per la sesta volta la Giornata mondiale dedicata alle api, insetti piccolissimi ma fondamentali per il nostro ecosistema e per la nostra alimentazione. La maggior parte del cibo che portiamo nelle nostre tavole, infatti, deriva dal lavoro incessante e meticoloso delle api operaie. E può sembrare strano che un essere così minuto e dalla vita breve possa influire in modo tanto considerevole nella vita degli esseri umani. Quasi il 75% degli alimenti di cui ci nutriamo derivano dal loro lavoro di impollinazione, eppure le api operaie hanno un ciclo di vita davvero corto, se paragonato agli effetti del loro impegno nella natura.
Un’ape operaia, infatti, vive in media quaranta giorni. Poco più di un mese, in cui il suo ruolo cambia in base ai bisogni della sua comunità. Nell’ultima parte della vita, diventa bottinatrice, ovvero si occupa della raccolta del polline, andandosi a spostare anche in un raggio di tre chilometri per raccogliere tutti gli elementi nutritivi necessari. Romanzandoci un po’ su, si direbbe che l’ape muore da eroina, concentrando tutte le sue ultime forze nella creazione del suo nettare. Anche se in realtà, a ben vedere, tutto il mondo delle api dovrebbe essere romanzato nel suo racconto. Si tratta infatti di una specie da cui noi dovremmo imparare molto. Pensiamo che per produrre un classico e comune barattolo di miele da 500 grammi serve il lavoro di oltre ventimila api. Un lavoro collettivo, insomma, coordinato e perfetto.
Per questo probabilmente non facciamo abbastanza attenzione a questi piccoli insetti. Ci infastidiscono spesso, perché le confondiamo con le infestanti vespe, ma quel che è certo è che non mostriamo loro la giusta gratitudine. Eppure loro, le api, sono una specie quasi in via di estinzione, minacciata dai cambiamenti climatici e dalla mano dell’uomo. Una ricerca condotta qualche mese fa ha dimostrato, infatti, come il ciclo medio della vita delle api si sia dimezzato rispetto agli anni ’70. E questo non può che essere una notizia infausta anche per la nostra, di razza.
Fortunatamente sono tante le iniziative che si moltiplicano per cercare di tutelare questa specie e per farci capire l’importanza cruciale che ha. Proprio ieri, ad esempio, in Abruzzo, per iniziativa del Wwf, si è svolto un convegno dal titolo “To Bee or not To Bee”: «Con il convegno vogliamo porre l’accento sulla attuale grave situazione di crisi degli impollinatori e sui rischi che, di conseguenza, subiscono l’agricoltura e la nostra stessa salute. Quasi il 90% delle piante selvatiche con fiore e l’80% delle 1.400 piante che ci danno cibo e prodotti dell’industria hanno bisogno dell’impollinazione da parte di api domestiche e selvatiche, ma anche di vespe, farfalle, falene, coleotteri, uccelli, pipistrelli e altri vertebrati. Un vero e proprio esercito con oltre ventimila specie di animali che insieme garantiscono l’impollinazione dei fiori da cui dipende il 35% della produzione agricola mondiale. La distruzione degli habitat, l’uso di pesticidi e i cambiamenti climatici stanno mettendo in pericolo questi preziosi alleati e quindi anche la biodiversità» ha sottolineato Nicoletta Di Francesco, presidente del Wwf Chieti-Pescara in un’intervista rilasciata ad un quotidiano locale.
Argomentazioni che si inseriscono in un dibattito innescato dalle dichiarazioni del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Lollobrigida al Consiglio Ue Agrifish: «La tutela delle api non deve mettere a rischio produzione agricola. Sarebbe sbagliato collegare il declino degli impollinatori all’uso dei pesticidi»: aveva detto lo scorso marzo il ministro, rispondendo ad una comunicazione della Commissione europea sul progetto per la tutela degli insetti impollinatori.
La risposta del Wwf non si è fatta attendere, etichettando le parole di Lollobrigida come «sorprendenti e preoccupanti», in quanto «l’interazione tra pesticidi e api preoccupa da tempo gli scienziati di tutto il mondo e un’azione per ridurre la minaccia di estinzione degli insetti impollinatori dovrebbe essere una priorità per i nostri decisori politici se si vogliono davvero salvare le nostre produzioni agroalimentari oltre che tutelare la salute delle persone. È incredibile come il governo italiano arrivi a negare l’evidenza della responsabilità dell’uso dei pesticidi in agricoltura rispetto alla moria delle api, ignorando di fatto anche il loro ruolo fondamentale nella produzione agroalimentare». Secondo i dati dell’associazione, infatti, la correlazione tra pesticidi e estinzione delle api è fortissima: il 40% di questi insetti oggi sarebbe a rischio, numero destinato a moltiplicarsi entro il 2100.
E a questo proposito, infatti, proprio qualche giorno fa si è svolto il Terzo Convegno nazionale di Agroecologia, promosso dall’Associazione Italiana di Agroecologia e dalla coalizione Cambiamo Agricoltura con il sostegno di tante realtà associative, proprio per raccogliere idee per la creazione di un’agricoltura in linea con una sostenibilità ambientale, economica e sociale tangibile e reale. Concetti che ci riportano immediatamente alla necessità di conservazione della biodiversità su tute le scale. Nel cui primo gradino stanno proprio loro, le api. Fonte: Linkiesta, Gasronomika, Giulia Salis, 19.04.2023
Questo articolo fa parte del dossier su “Il valore del tempo”, il tema del Festival di Gastronomika 2023 che si terrà a Milano dal 21 al 22 Maggio. Per informazioni puoi leggere qui.