“La politica è molto importante, ma lo è anche la cultura, come le regole dello stare a tavola e il piacere della convivialità. Siamo in lotta con un sistema che vuole distruggere la cultura alimentare, che non vuole che mangiamo insieme, ma da soli, in auto. Il cibo non è solo carburante, è insegnamento, amore, responsabilità. E cucinare diventa un atto agricolo” perché “dobbiamo anche pensare con che cosa nutrire il pianeta. Se tutti mangiassimo come in Occidente non basterebbero 6 pianeti”. Il problema della comunicazione sul cibo è proprio il fatto che “non abbiamo deciso qual è il nostro argomento forte, la salute? Il clima, l’accesso?”. Parole che accendono il dibattito e stimolano la riflessione, pronunciate da Michael Pollan, giornalista e saggista statunitense, docente di giornalismo all’Uc Graduate School of Journalism di Berkeley, in California, autore di volumi fondamentali sul cibo, all’Università di Scienza Gastronomiche di Pollenzo di Slow Food, dove oggi ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Promozione e Gestione del Patrimonio Gastronomico e Turistico.
“Il lavoro di Carlo Petrini ha avuto molta influenza su di me – ha detto Pollan alla platea affollata di personalità tra cui il presidente e fondatore di Slow Food, circondato dai giovani studenti dell’Ateneo – la domanda da dove viene il cibo ha bisogno di trovare risposta nella nostra epoca. Un fatto che terrorizza le grandi aziende. Ma c’è speranza, e me l’ha data anche Slow Food, e l’Università di Pollenzo: quanto studiate è davvero radicale”.
“Ho conosciuto Pollan in California nel 2003 quando era un giovane giornalista, prima che nascesse questa Università – ha detto Petrini – oggi è qui con noi ed è diventato una delle più autorevoli personalità dello studio del cibo a livello mondiale. Michael, questa piccola Università, che è sempre più internazionale, vogliamo che tu la senta come casa tua”.
“Pollenzo considera il professor Pollan come un membro a pieno titolo del nostro Ateneo – ha detto il rettore Piercarlo Grimaldi – un compagno di viaggio a cui rivolgersi quando vanno affrontati nuovi e difficili tornanti nel campo del cibo”, rimarcando come la laurea venga conferita per il contributo fornito da Pollan nella crescita della conoscenza e della comunicazione della gastronomia sostenibile, a partire dalla sua teoria della coevoluzione, “il dispositivo teorico più avanzato per rendere conto delle relazioni tra società e natura”.
“Ho iniziato a lavorare seriamente sul cibo intorno al 2000 – ha raccontato Pollan – quando ho visitato due grande aziende alimentari per scrivere un articolo sulla Monsanto e sulla patata geneticamente modificata. La Monsanto mi invitò a vedere una azienda agricola molto estesa nella East Coast. Qui l’agricoltore stava nella stanza dei bottoni e senza scendere mai nei campi di patate gestiva l’irrigazione e l’erogazione di pesticidi e fertilizzanti. Ho iniziato a discutere con questo signore e mi si è aperto una finestra sul mondo agroindustriale. Gli ho chiesto perché usava questi pesticidi. Lui mi spiegò che era per curare la necrosi della patata, un problema estetico, dato che McDonald comprava solo patate senza difetti. Gli chiesi se ci fosse un modo per ovviare questo problema. Lui mi rispose di sì, che bastava coltivare altre varietà di patate. Quindi gli chiesi per quale motivo McDonalds comprasse solo questa varietà. Lui mi spiegò perché aveva abituato il consumatore a volerle tutte uguali, regolari, lunghe. Questo è il desiderio del consumatore”. Pollan ha infatti sottolineato come siamo proprio noi consumatori i complici di questo sistema aberrante: vogliamo sempre le stesse cose in tutto il mondo e questo ha portato a cambiamenti sostanziali nel sistema alimentare.“La standardizzazione dell’agricoltura e l’abbassamento dei prezzi è un sistema che abbiamo creato noi: negli Usa un bambino su tre mangia da McDonald’s. Siamo in lotta contro il settore agroindustriale che vuole distruggere la cultura alimentare, che ci vuole fare mangiare da soli o in auto. Il 20% dei pasti consumati negli Usa è così: il Governo chiama questo fenomeno secondary eating, ovvero un pasto a base di snack. Ben 78 minuti al giorno sono impiegati dall’americano medio per mangiare snack, mentre solo 68 minuti sono dedicati a pasti veri e propri, il cosiddetto primary eating”.
Sottolineando l’importanza della nascita e dell’attività di movimenti come Slow Food, Pollan ha voluto chiudere il suo intervento con un messaggio di speranza per gli studenti: “voi dovete capire quanto le idee di cambiamento portate da Slow Food siano radicali oggi. La prima idea è che il cibo è cultura, non è solo carburante, soldi o scienza e la seconda è che mangiare, per noi umani, è un atto di diverso significato rispetto da ogni altra specie: è un collegamento con la natura, perché attraverso la cucina trasformiamo la natura in cultura, è un prototipo di n processo culturale”.
Tra i volumi di successo di Pollan pubblicati in Italia ci sono “La botanica del desiderio. Il mondo visto dalle piante” (Il Saggiatore, 2005), “Il dilemma dell’onnivoro” (Adelphi, 2006) e“ In difesa del cibo” (Adelphi, 2009), “Breviario di resistenza alimentare. 64 regole per mangiare bene” (Rizzoli, 2011), “Cotto. Storia naturale della trasformazione” (Adelphi, 2014), “Una seconda natura” (Adelphi, 2016).