I risultati di uno studio dell’Università della California
Una dieta tutta biologica fa crollare il livello di insetticidi, erbicidi e fitofarmaci nell’organismo. Il risultato dello studio pubblicato su Environmental Research dai ricercatori dell’Università della California di Berkeley può sembrare banale, ma non lo è, perché contiene diversi elementi di novità, gli effetti sono molto netti e significativi e poiché l’esito conferma altri studi analoghi, pubblicati negli anni scorsi da gruppi di ricerca australiani, californiani e di Seattle, rafforzandone così indirettamente le conclusioni.
Nello studio sono state selezionate quattro famiglie di quattro persone ciascuna di diversa ascendenza etnica e residenti in aree molto lontane (Oakland, Minneapolis, Baltimora e Atlanta) ed è stato chiesto loro di passare da una dieta normale a una totalmente biologica. Nel frattempo sono state raccolte le urine, sia mentre tutti ancora si alimentavano secondo le abitudini, sia quando avevano iniziato ad assumere solo cibo biologico, per un totale di 158 campioni. Su di essi sono state eseguite analisi alla ricerca di 14 diversi composti, rappresentativi in diverso modo (per esempio attraverso i metaboliti) di 40 pesticidi, e il risultato è stato evidente: dopo soli sei giorni la concentrazione media delle sostanze in esame era crollata in media del 60,5% in adulti e bambini, arrivando in certi casi fino quasi ad azzerarsi.
Nello specifico, gli organofosfati si erano ridotti del 70%, il clorpyrifos (già associato all’autismo e a deficit nello sviluppo cognitivo dei bambini) del 61% e il malathion, considerato probabile cancerogeno, del 95%, mentre l’unico erbicida analizzato, il 2,4 D (componente anche del defoliante Agente arancio), associato a disturbi endocrini e dello sviluppo sessuale, a danni epatici e al linfoma di Hodgkin, era sceso del 37%. Oltre a ciò i piretroidi si erano dimezzati, mentre l’unico neonicotenoide trovato (sui due cercati) era diminuito dell’84%. Il glifosato non è stato valutato perché i metodi di analisi quantitativa nelle urine non sarebbero ancora del tutto attendibili.
Nei commenti, raccolti anche dal sito Civil Eats, emergono diversi aspetti da tenere in considerazione. Innanzitutto, la buona notizia è che tutte queste sostanze vengono eliminate rapidamente dall’organismo. Anche se Kendra Klein, ricercatrice dell’associazione Friends of the Earth, ha sottolineato che a preoccupare è comunque l’esposizione cronica, per tutta la vita, a sostanze associate a malattie molto gravi quali i tumori e i disturbi dello sviluppo nervoso e sessuale.
Altri, come William Reeves della Bayer, hanno ricordato che tutte le indagini condotte dalle agenzie regolatorie, tanto negli Stati Uniti e in Canada quanto in Europa, hanno sempre trovato concentrazioni dei fitofarmaci al di sotto dei livelli di pericolo, e altri ancora hanno affermato che l’entità del campione è troppo esigua per trarre conclusioni definitive, invocando al tempo stesso grandi studi specifici. Per quanto riguarda le altre aziende, Dow Dupont non ha voluto commentare, mentre Syngenta si è riservata di rispondere dopo un’attenta analisi dello studio californiano.
Nel frattempo, ciò che impedisce a molte persone di passare al biologico è il costo: negli Stati Uniti, in media superiore del 47% rispetto a quello del cibo tradizionale, come attestato da Consumer Reports.
A questo proposito, secondo l’autrice del commento Meg Wilcox, il governo farebbe troppo poco per aiutare le produzioni biologiche, in gran parte provenienti dall’estero: investirebbe meno del 2% dei fondi federali per la ricerca in agricoltura nel settore, e finanzierebbe troppo poco le filiere. Anche se nei prossimi anni ci sarà un lieve miglioramento, visto che si passerà dagli attuali 9 milioni di dollari ai 24 del 2023: per questo il divario nei prezzi sarebbe ancora piuttosto rilevante.
Nel frattempo alcune aziende come Whole Foods e CostCo si starebbero già muovendo, chiedendo ai loro fornitori di non usare più molte di queste sostanze.
Klein, preoccupata del fatto che qualcuno potrebbe pensare di evitare frutta e verdura, non potendo permettersi quella biologica, consiglia di procedere per piccoli passi, per esempio limitando il consumo di quella che l’Environmental Working Group ha definito la “sporca dozzina”, ovvero: fragole, spinaci, nettarine, mele, uva, pesche, ciliegie, pere, pomodori e sedano, seguita da patate e peperoni, anche se l’invito appare piuttosto difficile da seguire, essendo questi frutti e queste verdure molto presenti nella dieta occidentale. Fonte: Il fatto alimentare, Agnese Codignola, 14.02.2019