Aveva 66 anni, da una ventina di giorni era in ospedale al Mellino Mellini per un principio di infarto
dal suo sito:
“Sono un cuoco, il mio mestiere è fare. La passione per la Franciacorta mi ha portato a dar vita all’osteria Il Volto, al ristorante Le Maschere e alla Dispensa Pani & Vini. Il mio viaggio è proseguito dalla campagna lombarda fino a Milano, dove oggi sono chef al Pont de Ferr.
Ma il mio lavoro è anche al di fuori delle cucine: tramandare la sapienza millenaria della gastronomia italiana è la mia vita. Ho visto nascere l’alleanza dei cuochi di Slow Food per la valorizzazione e il sostentamento dei produttori locali, per poi partecipare anche ad altri progetti, come la rete di Franciacorta delle 13 Lune d’Agosto in favore delle carni grassfeed.
Come consulente ho partecipato alla creazione dell’innovativo Wine Gate 11 di Orio Al Serio. All’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo mi sono impegnato a trasmettere i valori della buona cucina alle nuove generazioni. Perché il buon mangiare avvicina le persone, aiuta a trovare punti di vista comuni, aiuta ad essere felici.
La mia filosofia: Passione per il territorio lombardo, creatività, correttezza, etica e solidarietà sono gli ingredienti della mia cucina. Una cucina che sceglie di custodire la memoria della propria cultura e delle proprie origini, e di nutrire privilegiando materie prime sane nel rispetto del lento scorrere delle stagioni. Una cucina anche in grado di innovare, creando grandi piatti adatti alla vita dei nostri giorni.
Custodire: La grande realtà del cibo italiano è unica al mondo per ricchezza di biodiversità e valore delle tecniche produttive. La personalità gastronomica della nostra penisola si è formata nei secoli grazie alla trasmissione della sapienza culinaria di madre in figlia. È tempo per noi di far tesoro di tutte le tecniche di cottura e di trattamento delle materie prime affinché non vadano perse. Ma è necessario anche custodire con cura il territorio, per far crescere la produzione di un cibo buono, genuino, pulito e rispettoso verso chi lo ha prodotto.
Nutrire: Realizzare alta cucina pensando alla salute dei clienti e all’ambiente in cui viviamo: questo è il mio obiettivo. Il primo passo da fare è abbandonare i piatti che stupiscono ma non nutrono, per sposare una cucina bella e piacevole ma anche piena di valori. La sapienza della tradizione e il nostro naturale senso del gusto sono gli strumenti migliori per scegliere ottime materie prime.
Innovare: Il cibo è ciò che ci permette di vivere e deve essere fonte di sostentamento quotidiano.
Per questo ogni generazione ha il diritto e il dovere di far propria la tradizione per riadattarla alla vita di oggi. Riuscirci è una sfida, ma provare a farlo dando anche libera espressione alla creatività è ciò che mi fa amare questo mestiere. Con ottime materie prime e tecniche tradizionali si possono inventare tantissimi grandi piatti.
Per innovare davvero bisogna anche uscire dalle cucine. Come cuoco che ha sposato i valori di Slow Food, mi sono impegnato nella creazione di nuove sinergie tra ristoratori e produttori locali, per dare la possibilità ai contadini di coltivare in modo naturale seguendo il ritmo delle stagioni, con la certezza di avere sempre una quantità di venduto assicurato. Questa rete fatta di solidarietà e collaborazione sta diventando sempre più solida e mira a diventare un punto di riferimento per tutto il territorio italiano.
La mia identità: Desideravo che il logo riuscisse a rappresentare me stesso, le mie origini e la filosofia in cui mi riconosco. Perciò, ho scelto di identificarlo con le mie iniziali, la V e la F, armonicamente vicine ma anche distinte una dall’altra, come i due impulsi che animano il mio lavoro. Quello di custodire la tradizione delle materie prime, e quello di innovarla tramite le stesse materie prime, rispettandone il valore nutrizionale.
Ho scelto poi una tonalità marrone, che rispecchiasse il colore della terra e richiamasse la tradizione e la cultura del territorio, a cui sono molto legato.
Infine, ho aggiunto un particolare geometrico che ricorda uno spicchio d’arancia, sia per forma che per colore: un piccolo tocco che mi rappresenta appieno e richiama la creatività, la salute e il buon umore.”
Alessandra Mastrangelo: “Mi dispiace davvero tanto iniziare l’anno con la tristissima perdita di Vittorio Fusari, che con il suo modo profondamento umano tanto ha dato in questi anni a tanti amanti della convivialità a 360°”
Silvio Magni: “lo conosco da una vita fin dai suoi primi passi al Volto di Iseo, dove mi invitava a mangiare la famosa sua casöla quando uccideva il maiale, poi le bellissime serate alle Maschere, e poi…
Grande intellettuale a messo la sua cultura al servizio della gente e soprattutto dei giovani delle Scuole Alberghiere dove veniva chiamato da noi a svolgere lezioni sulla filosofia della sua vita e della sua cucina per poi finire a cuocere un menu pere tutti…
Sempre disponibile e sempre pronto alla conversazione dotta…
Termina la sua vita, improvvisamente, dopo che le sue idee di cucina sono avvicinate, anche per merito della sua amata moglie e nostra grande amica Anna Patrizia Ucci, ad una nuova apertura filosofica che riguarda il salutismo in cucina. Suo ultimo best-seller La Felicità ha il sapore della Salute scritto a quattro mani con Luigi Fontana”
Lorenzo Berlendis: “Ci si sveglia il mattino e sembra impossibile accettare che il mondo, questo nostro mondo, possa continuare a fluire senza Vittorio. Non c’è razionalità che tenga. Né rassegnata accettazione dell’ineluttabile caducità delle nostre esistenze. Nostre e di chi ci ha accompagnati, di chi ci ha reso più ricco e appassionato il nostro viaggio.
Con Vittorio perdiamo un intellettuale che ha prodotto pensiero e visione con strumenti inconsueti. Atipici, forse, quanto incisivi. Vittorio ci lascia un enorme fardello, una responsabilità enorme sorretta da una ricchezza parimenti immensa.
Un abbraccio forte Vittorio”
Claudio Rambelli: Difficile trovare le parole per esprimere gli stati d’animo che si sono rincorsi in queste ultime ore . Vi trasmetto quanto scritto sul profilo di Vittorio : Non vi ho lasciati, avete in eredità le mie ricette che raccontano le mie idee.
Copiatele e fatele vivere costruendo attraverso il cibo un mondo migliore.”
Antica Trattoria Piè Del Dos: “Vittorio Fusari è stato un punto di riferimento per la cucina di Franciacorta. Ha dato “nobiltà” al pesce di lago nelle cucine da lui gestite al Volto, le Maschere e poi alla Dispensa di Adro e ha segnato come nessuno la gastronomia del nostro territorio. Non era semplicemente un cuoco, chef non mi piace permettetemi, ma una persona di cultura che ha promosso il cibo nella sua accezione più genuina. Con umiltà aggiungo: un abbraccio a tutti i suoi familiari.”
È morto Vittorio Fusari, aveva 66 anni, da una ventina di giorni era in ospedale al Mellino Mellini per un principio di infarto
Da una ventina di giorni era ricoverato al Mellino Mellini di Chiari per un principio di infarto, ma era in fase di dimissioni, quando è stato nuovamente colto da un malore. Non c’è stato nulla da fare per lo chef iseano Vittorio Fusari. Lo chef, che attualmente gestiva il Balzer di Bergamo, aveva 66 anni (li aveva compiuti da poco). La sua morte lascia nel dolore la moglie Anna Patrizia Ucci e il figlio di 15 anni. Fonte: Corriere della Sera/Bescia, 01.01.2020
E’ morto lo chef Vittorio Fusari
Da una ventina di giorni era ricoverato al Mellino Mellini di Chiari per un principio di infarto, ma era in fase di dimissioni, quando è stato nuovamente colto da un malore. Non c’è stato nulla da fare per lo chef iseano Vittorio Fusari. Lo chef, che attualmente gestiva il Balzer di Bergamo, aveva 66 anni (li aveva compiuti da poco). La sua morte lascia nel dolore la moglie Anna Patrizia Ucci e il figlio di 15 anni. Fonte: Brescia7giorni, 01.01.2020
Il Balzer perde il suo chef: è morto Vittorio Fusari
Lo chef Vittorio Fusari è morto. Aveva 66 anni, da una ventina di giorni era in ospedale al Mellino Mellini di Chiari, in provincia di Brescia per un principio di infarto. Fonte: BergamoNews, 01.01.2020
È morto Vittorio Fusari, rinomato chef tra Brescia, Bergamo e Milano
È stato anche allievo di Gualtiero Marchesi nonché uno dei protagonisti della cucina italiana contemporanea
“Il mio lavoro è anche al di fuori delle cucine: tramandare la sapienza millenaria della gastronomia italiana è la mia vita. Perché il buon mangiare avvicina le persone, aiuta a trovare punti di vista comuni, aiuta ad essere felici”. Così si presentava su Identità Golose nel suo profilo, questa era la sua filosofia di cucina. Non era uno “chef star” ma era un grande chef Vittorio Fusari, morto a 66 anni in ospedale a Chiari, dove era ricoverato da qualche giorno in seguito a un principio di infarto. A ucciderlo una embolia che lo ha colpito nella tarda mattinata.
Figlio di un ferroviere – e a sua volta capostazione in gioventù – Fusari aveva studiato filosofia, ma poi aveva aperto il suo primo ristorante il Volto di Iseo nel 1981, un’osteria che aveva creato e che, tra i primi se non primo in Italia, univa l’alta cucina a un ambiente rilassato e rilassante. Dal Volto erano nate le Maschere, ristorante di cucina d’autore, per poi tornare nel ’95 alla prima esperienza, alla sua osteria di Iseo. Poi l’importante parentesi milanese al Pont de Ferr, dal 2015 al 2017 e il ritorno in Franciacorta, di cui Fusari è stato un simbolo in cucina, a Adro con la Dispensa Pane e vini.
L’ultima esperienza a Bergamo con il ristorante Balzer, storico bar cittadino, che con Fusari è diventato simbolo di convivialità e di comunità del cibo. “Qui – raccontava con orgoglio – sono vietati i preparati, gli additivi e i conservanti a vantaggio delle materie prime fresche, delle biodiversità locali, i prodotti da agricoltura biologica”.
Di lui è doveroso sottolineare la missione che spesso ripeteva: “Bisogna nutrire non solo il corpo ma anche lo spirito”, come ha messo in pratica nel recente libro La felicità ha il sapore della salute edito da Slow Food scritto in collaborazione col prof. Luigi Fontana. Era il suo invito a tornare in cucina, in un mondo fatto di fast food e delivery, un inno al mercato, ai produttori, ai contadini, una proposta a provare l’autoproduzione, per recuperare quella conoscenza del cibo che è fondamentale per la nostra salute e quella dell’ambiente. Perché, diceva, il nostro rapporto con l’alimentazione e soprattutto la consapevolezza di come il cibo arrivi fino a noi può garantire salute e longevità come e più di una dieta. Non a caso Carlo Petrini lo aveva nominato benemerito della gastronomia. Ecco perché era considerato un maestro di vita oltre che un grande cuoco, ed era amatissimo nell’ambiente per il suo carattere schietto e vivace, ma mai sotto i riflettori.
Scrivevano Enzo e Paolo Vizzari: “Si parla troppo poco di lui, cuoco umile con lo sguardo buono che all’inizio degli anni ’80 s’inventò il mitico Volto a Iseo, il locale di ritrovo dei pionieri della Franciacorta dove, affianco ai fedeli calicisti, approdavano i primi curiosi attratti in zona da piccole e promettenti cantine come Bellavista o Cà del Bosco. Un passaggio nella brigata di Gualtiero Marchesi fece poi cambiare a Vittorio il modo di pensare la cucina, e da allora le sue idee non sono più rimaste ferme, filtrate attraverso stimoli sempre nuovi e aperture di varia natura”.Fonte: La Repubblica, Eleonora Cozzella e Marco Trabucco, 2.01.2020