Secondo Agenzia europea per l’ambiente e l’Oms, sono oltre 630mila i morti per cause ambientali in Europa. L’Italia è uno dei paesi più esposti.
L’inquinamento atmosferico rimane il più grave rischio ambientale per la salute dei cittadini europei e causa almeno 400mila morti premature l’anno. Seguito dall’inquinamento acustico che porta, invece, oltre 12mila decessi. In aggiunta, anche in Europa si comincia a morire sempre più spesso per gli effetti dei cambiamenti climatici, a partire dalle ondate di caldo. Dati drammatici a cui si somma la perdita di giorni di vita causata da pesticidi, sostanze chimiche, interferenti endocrini e microplastiche diffusi nell’ambiente e nelle falde acquifere. L’Italia, duramente colpita dal virus Sars-Cov-2, rimane in particolare una delle nazioni più esposte all’inquinamento da micropolveri, biossido di azoto (NO2) e ozono, insieme a Grecia, Spagna e Slovacchia. E proprio nel nostro paese si accusano, sempre più, i drammatici effetti del riscaldamento globale.
Berlino, Germania: Il 28 febbraio 2019 a Berlino, in Germania, i ciclisti hanno iniziato a percorrere una nuova pista ciclabile protetta nel centro della città. Berlino sta espandendo la sua rete di piste ciclabili in tutta la città, in alcuni casi sostituendo i parcheggi a bordo strada per le auto. Le città di tutta la Germania stanno cercando di attuare una serie di misure per ridurre la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico © Sean Gallup/Getty Images
È il quadro per nulla rassicurante fornito dall’ultimo rapporto dell’European environment agency, l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), “Healthy environment, healthy lives: how the environment influences health and well-being in Europe“. Il report è stato aggiornato anche sull’impatto della pandemia da coronavirus che ribadisce, anche in base ai dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità, come la cattiva qualità dell’aria in Europa sia la causa di cardiopatie ischemiche, ictus, malattie polmonari ostruttive croniche, tumori e infezioni respiratorie. Oltre che disturbi neurologici, asma, diabete e obesità. Malattie che insieme all’esposizione alle sostanze nocive hanno indebolito i nostri sistemi immunitari e sono state associate ad una più marcata vulnerabilità alla Covid-19.
Secondo l’Oms oltre 630mila morti per cause ambientali
Gli esperti dell’Eea e dell’Oms hanno parlato, in totale, di oltre 630mila persone morte prematuramente per cause ambientali. A partire dalle fasce di popolazioni più deboli. I più colpiti sono i bambini, maggiormente esposti e indifesi all’inquinamento atmosferico con oltre 211mila anni di vita persi annualmente, ma anche le donne in gravidanza, gli anziani e le persone con condizioni di fragilità. Sulla qualità della salute dei cittadini europei incide, inoltre, anche il cattivo stato socio-economico che concentra nelle aree più inquinate le fasce di popolazione più povere, lasciando a quelle più abbienti il maggior accesso alle aree verdi. Tanto che il direttore esecutivo dell’Eea Hans Bruynininckx ha espressamente dichiarato, anticipando di qualche giorno la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, come sia “necessaria un’azione forte per proteggere i più vulnerabili nella nostra società. La povertà spesso va di pari passo con la vita in cattive condizioni ambientali e di salute”.
Anche in Europa ingiustizia sociale e ambientale vanno di pari passo
Ora più che mai, quindi, occorre un approccio integrato verso un’Europa più inclusiva e sostenibile. “La Covid-19 è stata l’ennesimo campanello d’allarme, che ci ha reso pienamente consapevoli del rapporto tra i nostri ecosistemi e la nostra salute. Il modo in cui viviamo, consumiamo e produciamo è dannoso per il clima e ha un impatto negativo sulla nostra salute”, ha dichiarato Stella Kyriakides, Commissario europeo per la Salute e la sicurezza alimentare.
Le oltre 170 pagine di dati raccolti dall’Agenzia europea per l’ambiente delineano un’Europa a due velocità, nella quale l’onere dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici varia da un paese all’altro con evidenti differenze sia tra nord e sud che tra occidente e oriente. La quota più alta di decessi nazionali attribuibili al cattivo stato dell’ambiente nel 2012 è stata registrata in Bosnia-Erzegovina (27 per cento), mentre i dati più bassi (9 per cento) sono quelli di Islanda e Norvegia.
Più aree verdi nelle città per combattere l’inquinamento atmosferico
Anche per questo, dicono gli esperti dell’Eea, un ambiente salubre è il meccanismo chiave per garantire la salute pubblica, riducendo malattie e promuovendo il benessere economico e sociale, tanto che la Commissione europea sta proseguendo nell’ambizioso piano “inquinamento zero“. Adottare soluzioni green per migliorare la qualità della vita, a partire dalle aree più congestionate, può rappresentare una triplice vittoria per la società, la salute e l’ambiente. Tra le misure proposte dall’Eea, quindi, figura l’istituzione di adeguati spazi verdi di qualità nelle città, diventati una necessità. Alberi, parchi, aree umide rinfrescano le aree urbane durante le ondate di calore, assorbono gli effetti delle inondazioni, riducono l’inquinamento atmosferico e acustico, oltre a favorire la biodiversità urbana. Vantaggi che durante la pandemia sono apparsi particolarmente evidenti e preziosi per la salute mentale dei cittadini.
Alberi e boschi in città abbattono l’inquinamento atmosferico fino al 40 per cento
In ogni caso almeno in un quarto delle città europee, tra cui Glasgow, Madrid, Praga, Stoccolma, Torino e Vienna, il 98 per cento della popolazione dispone di aree verdi raggiungibili a piedi. Mentre nel 10 per cento delle città, anche in Italia e Romania, oltre il 20 per cento della popolazione non dispone di sufficienti spazi verdi raggiungibili a piedi. Diverse capitali europee stanno poi utilizzano dei “corridoi verdi” per promuovere flussi d’aria pulita. Come Londra, che ha messo a punto il piano d’azione ‘All London Green Grid’. Lo stesso ha fatto Lubiana attraverso una rete di corridoi circolari che collegano i parchi urbani con gli spazi rurali. E anche Barcellona sta sviluppando una serie di corridoi verdi urbani: strisce ad alta concentrazione di vegetazione accessibili solo a pedoni e ciclisti.
Secondo il rapporto dell’Eea, si stima che nel solo Regno Unito nel 2015 la vegetazione naturale abbia eliminato 1,4 miliardi di chilogrammi di inquinanti atmosferici, con un risparmio di un miliardo di sterline sui costi sanitari. A Strasburgo, in Francia, tra il 2012 e il 2013 sono state rimosse dalla città 88 tonnellate di inquinanti, pari al 7 per cento del Pm10 in atmosfera. Piantando vegetazione nei canyon stradali si può ridurre fino al 40 per cento la concentrazione di biossido di azoto (NO2) e del 60 per cento quella di particolato fine e ultrafine. Anche la vegetazione sulle abitazioni (i cosiddetti muri e tetti verdi) ha dimostrato di migliorare la qualità dell’aria.
Foreste urbane. La progettazione di città resilienti che può cambiare il mondo
Berlino, città pioniera in Europa contro l’ingiustizia ambientale
La ricerca ha appurato invece che, in mancanza di precise misure delle istituzioni locali, la deprivazione sociale va di pari passo con quella ambientale. Così come l’aumento dei prezzi delle case nelle aree residenziali più verdi è diventato un ulteriore fattore di discriminazione. Ma c’è una città che sta facendo scuola: Berlino.
Già dal 2010 la capitale della Germania ha avviato un progetto sulla giustizia ambientale per esaminare i legami tra lo status socio-economico e le condizioni ambientali legate alla salute. Ciò ha permesso di identificare i quartieri con una peggior qualità della vita, a partire da alcuni indicatori come il livello di rumore, l’inquinamento atmosferico, la quantità di spazi verdi, la situazione climatica e lo stato sociale. Correlando questi indicatori a mortalità precoce, eccesso di malattie e struttura urbana, si sono andati a identificare i quartieri più a rischio sui quali intervenire.
Un sistema di monitoraggio che ha fornito ai decisori politici, ai pianificatori urbani e ambientali e alla comunità scientifica una solida base decisionale per poter affrontare le sempre più mutevoli condizioni ambientali e intervenire per ripristinare le condizioni di giustizia ambientale anche per la parte più povera della popolazione. Quella che rischia di pagare il prezzo più caro della crisi climatica, ambientale e sanitaria. Fonte: LifeGate, Rosy Battaglia, 1.10.2020