RadiciGroup, Santini e Plastik avamposto di un gruppo di 32 aziende – Il prototipo ha superato i test del Politecnico: in settimana il verdetto Iss
C’è mascherina e mascherina. Quella che tre imprese della Bergamasca stanno per certificare è del tutto particolare. Anzitutto per il nome, “mascherina molamia”, che nel dialetto locale significa “non molla mai”. In secondo luogo per il profilo delle aziende che la stanno producendo, il cui core business è lontano anni luce dalla realizzazione di questo dispositivo di sicurezza.
RadiciGroup di Gandino, Plastik di Albano e il maglificio Santini di Lallio sono la testa di ponte di una task force di 32 aziende del territorio, chiamate a raccolta da Confindustria Bergamo, in lizza per ottenere il via libera alla produzione di mascherine ad uso sanitario e per i lavoratori con i requisiti previsti dal decreto Cura Italia, all’articolo 15 comma 2. I presupposti ci sono dal momento che la mascherina molamia è uno degli otto progetti su 500 arrivati da tutta Lombardia ad avere ricevuto l’ok del Politecnico di Milano.
«Se la fatica dei tre pionieri andrà in porto – spiega Paolo Piantoni, direttore di Confindustria Bergamo – procederemo alla creazione di altri gruppi e per gemmazione condivideremo il sapere necessario: a pieno regime vogliamo arrivare a produrre 100mila mascherine al giorno».
Una filiera a fisarmonica, per dirla con le loro parole, che non prelude per forza a una riconversione definitiva delle imprese in questione ma che dà l’idea della collaborazione scattata immediatamente tra le realtà produttive del territorio per fare fronte al qui e ora.
«La prima emergenza cui abbiamo dovuto fare fronte era la mancanza totale di mascherine – aggiunge Piantoni -. Abbiamo provato a bussare alla Cina per l’approvvigionamento locale ma abbiamo rilevato una difficoltà assoluta. È stato allora che abbiamo pensato di coinvolgere le imprese locali e per dare un contributo a questa emergenza, abbiamo deciso di inventarcela in casa». È partita dunque una call alla quale hanno risposto 32 imprese. «Abbiamo assistito a una grandissima sinergia tra imprenditori: chi proponeva il tessuto, chi il taglio o il confezionamento. Anche sul versante istituzionale la Regione Lombardia è stata rapida e il politecnico di Milano, con il dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali del professor Giuseppe Sala, ha dato la disponibilità a testare il prodotto, che con successo ha superato tutti gli step», continua il direttore.
Per trovare il tessuto conforme sono state fatte alcune prove con il cotone, ma non hanno passato il test. Solo con il tessuto non tessuto (TNT) è stato centrato l’obiettivo. A questo proposito le regole sono chiare e prevedono un esame sulla traspirabilità, la filtrazione batterica e la resistenza agli schizzi.
«Il materiale che produciamo – ha sottolineato Angelo Radici, Presidente di RadiciGroup – è solitamente destinato ad applicazioni come automotive, edilizia e agricoltura, settori che richiedono importanti prestazioni tecniche: vedendo l’aggressività di questo virus abbiamo pensato che delle proprietà così elevate potessero essere “sfruttate”. E così ci siamo messi in gioco rendendo disponibili la nostra tecnologia e le nostre competenze. Credo che questo periodo di grande difficoltà ci stia insegnando a cogliere le opportunità del territorio, uno dei più ricchi per capacità di innovare e “andare oltre”, e ci stia facendo capire l’enorme valore di una filiera coesa e solidale». Sulla filiera batte anche Monica Santini, ad dell’omonima azienda. «Siamo riusciti a realizzare il progetto perché la nostra azienda è rimasta in Italia, in tutte le sue componenti. Ed è straordinario come in pochissimo tempo abbiamo dato vita alla filiera della mascherina a km zero. In una situazione così complicata abbiamo deciso di metterci in gioco per il nostro territorio». Il compito di Santini è quello accoppiare i tessuti di Radici e Plastik, stenderli a nove strati, tagliarli e saldarli. Dopodiché vengono realizzate le pieghe e messi gli elastici: la mascherina è pronta per il controllo qualità – realizzato da Steris – per poi essere imbustata e sterilizzata. «Mai avremmo immaginato di avere queste competenze – confida Santini -, noi che produciamo abbigliamento per i ciclisti».
Un po’ meno lontano dalla riconversione si è trovata Laura Cattaneo, ad di Plastik, che produce la parte esterna dei pannoloni e pannolini e dispositivi per il medicale. «Questo tessuto, che viene realizzato da Plastik Textile – spiega – si è rivelato essere compatibile con la realizzazione di una mascherina a norma di legge. Abbiamo messo a disposizione il nostro know how: proprio l’unione di competenze diverse ci farà toccare il traguardo».
Per la mascherina made in Bergamo manca ora l’ultimo miglio, il sì del Iss che dovrebbe arrivare entro la settimana. Da ieri però le imprese hanno già cominciato a produrre, perché in fondo la convinzione di arrivare alla certificazione esiste. E anche perché il pragmatismo bergamasco suggerisce di non perdere tempo, nemmeno un giorno. La capacità produttiva ora sfiora le 10mila al giorno ma con la gemmazione del modello molamia e la costituzione di altre realtà si allargherà in modo esponenziale.
l gruppo dei 32 imprenditori non è chiuso e se qualche azienda vuole mettere a disposizione le proprie competenze può scrivere a mascherina@confindustriabergamo.it. Fonte: Il Sole 24 Ore, Cristiana Gamba, 31.03.2020