«

»

Nov 17 2009

Print this Articolo

LE DEGUSTAZIONI DI AUTUNNO DEL SEMINARIO VERONELLI

 

 

AGLIANICO DEL VULTURE 2006

L'Aglianico, vitigno a frutto rosso dalle potenzialità straordinarie, ha origini antichissime ed alcuni studiosi affermano che la sua coltivazione era praticata ai primordi di Roma (Carlucci “Viala e Vermorel, 1909) e concorreva in maniera prevalente nella produzione del vino Gauranum (tipo di Falerno), è stato introdotto in Italia dai Greci, all'epoca della fondazione di Cuma, ed il suo nome si è trasformato da Hellenica  in Hellanica  e quindi in Aglianico alla fine del XV secolo, al tempo del dominio degli Aragona nel regno di Napoli, anche se questa tesi da molti linguisti è contestata Le prime notizie certe del vitigno risalgono al 1800 con Columella (1804), Acerbi (1825) e Gasparrini (1844).
Vitigno coltivato in tutto il meridione peninsulare e diffuso in Basilicata, Campania, ed anche in Calabria, ha caratteristiche che cambiano a seconda delle condizioni pedoclimatiche, potente, tannico, austero, per molti aspetti simile al Sagrantino ed al Nebbiolo, per la sua esuberanza tannica, fino a qualche anno fa non aveva ancora espresso a pieno tutte le sue potenzialità.
Ha grappolo medio o medio-grande, mediamente compatto, conico o cilindrico, semplice o alato; l’acino è medio-piccolo, sferico, di colore blu-nero uniforme con buccia abbondantemente pruinosa.
Si adatta molto bene ai terreni argillosi e argillo-calcarei con la massima espressione su terre vulcaniche che ne valorizzano l’eleganza. In caso di terreni ben esposti si possono trovare vigneti che danno risultati eccellenti anche a 600-700 metri di altitudine. Buon adattamento alle elevate fittezze di impianto (5-6000 ceppi per ettaro) con forme di allevamento a guyot e cordone speronato.
Nei climi caldi si adatta ad ogni forma d'allevamento e potatura; nei climi più freddi  sono indicate le forme a controspalliera con tralci ben proporzionati attraverso oculate operazioni a verde per evitare gli attacchi di botrite al grappolo ed ottenere una buona lignificazione dei tralci. In annate particolarmente piovose e nelle zone con ristagno idrico è sensibile alla peronospora; in eccesso di fertilità e disponibilità idrica può dare grappoli eccessivamente compatti sensibili al marciume idrico. Ha una elevata sensibilità all’oidio.
Necessita per potere dare il meglio di se, di una forte ed accurata selezione clonale, di basse rese per ettaro in modo da aumentare la concentrazione di polpa, e di un uso accurato del legno.
Da questo vitigno nascono le D.O.C. Aglianico del Taburno, Aglianico del Vulture, Pollino, Taurasi.

L'Aglianico del Vulture è ottenuto dalla vinificazione in purezza delle uve appartenenti al vitigno omonimo coltivato nei vigneti ubicati ai piedi del Monte Vulture, un vulcano spento da millenni situato nella parte settentrionale della provincia di Potenza. In questa zona l'Aglianico viene coltivato fino a 800 metri di altitudine, ma trova le condizioni più propizie fra i 200 e i 600 metri.

Il risultato della degustazione
Che serata straordinaria! Una degustazione dalle tinte forti, dalle emozioni vere, di quelle che lasciano il segno nella memoria di ciascun degustatore, appassionato o professionale che sia. Il Vulture si è così presentato con tutta la potenza del suo ambiente, del suo vitigno e del millesimo 2006, segnato da un'estate calda e luminosa e da un autunno fresco e garbato. Le sue vigne, che affondano le radici nelle stratificazioni del tufo che vanno dal grigio al bruno scuro, disegnano un paesaggio a tratti ondulato e dolce, ma che sa farsi rapidamente ripido e brusco, dove le viti di Aglianico sono prevalentemente coltivate a guyot basso per catturare tutto il calore della terra e dare un raccolto avaro, ma estremamente ricco e concentrato. Ieri sera, sull'incerta origine di queste viti si sono spese poche parole, solo per ribadire la poco credibile equazione hellenico/aglianico, e si è preferito tratteggiare una mappa che lega l'Aglianico a tutti i vulcani del nostro meridione, isole escluse, quasi fosse un vitigno in cerca di suoli poveri ma soffici, di climi caldi ma con marcati sbalzi termici, di molta luce e molto vento, e di lunghi, lunghissimi tempi per maturare e costruire aromi, tanto che, vendemmiata a novembre, è l'ultima uva che si raccoglie in Italia.
Delle sue fatiche per crescere e di quelle che impone ai bravi vignaioli per trasformarlo in vino, sa ripagare con meravigliosa generosità: il frutto è dolce, polposo e masticabile, le spezie morbide ma energiche, il floreale è amabile e discreto, il vegetale si colma di balsamici effluvi e la trama tannica, fitta e densa, crea volume e consistenza. Difficile berlo da solo e da soli: senza cibo ci stordisce e ci confonde, senza allegria ci assorda e ci ingarbuglia.
Tra tutti i dieci ottimi, meglio ancora, eccellenti vini assaggiati ieri sera, in una sala colma di persone, di voci e suoni accesi e accalorati, due vini sono stati lanciati nettamente al vertice: l'Aglianico del Vulture Il Sigillo 2006 di Cantine del Notaio di Rionero in Vulture e l' Aglianico del Vulture Macarico 2006 dell' Azienda Macarico di Barile. Un risultato che ci conforta e ci appaga, perché entrambi sulla Guida Oro I Vini di Veronelli 2010 sono al vertice dei punteggi e dei segni: 95 centesimi e Super Tre Stelle per entrambi. E al Macarico pure il gloriosissimo Sole.
G.B.

Le preferenze dei Soci Slow Food Valli Orobiche: Oliviero ha preferito nell'ordine Aglianico del Vulture Macarico di Macarico, Aglianico del Vulture Il Sigillo di Cantine del Notaio e, a pari merito, Aglianico del Vulture Basilisco di Basilisco e Aglkianico del Vulture Carato Venusio della Cantina di Venosa; Cristiano ha preferito Aglianico del Vulture Macarico, Aglianico del Vulture Rotondo di Paternoster e Aglianico del Vulture Il SigilloSilvio ha preferito Aglianico del Vulture Il Sigillo, Aglianico del Vulture Macarico e Aglianico del Vulture Rotondo.

 

Permanent link to this article: https://www.slowfoodvalliorobiche.it/le-degustazioni-di-autunno-del-seminario-veronelli-5/