MONTEPULCIANO D'ABRUZZO 2006
La prima notizia storica sulla presenza del vitigno Montepulciano in Abruzzo è contenuta nell'opera di Michele Torcia, archivista e bibliotecario di Re Ferdinando IV, dal titolo Saggio Itinerario Nazionale pel Paese dei Peligni (Napoli 1793) il quale ebbe infatti modo di osservare il vitigno Montepulciano e di degustarne il vino nell'agro sulmonese. La provenienza di questo vitigno nell'area sulmonese resta sconosciuta ma l'ipotesi più accreditata, e nella tradizione ancora si considera, è che venisse considerato un sinonimo del Sangiovese o di qualche sua forma o sottovarietà come Brunello o Prugnolo, diffusi nel territorio di Montepulciano, in Toscana, cambiato da subito in Montepulciano, secondo la consuetudine dell'epoca di chiamare con il nome geografico di provenienza i vini e spesso anche i relativi vitigni.
È storia recente la disputa fra i viticoltori abruzzesi e il Comune di Montepulciano (Toscana) circa le origini del vitigno. In realtà è stato a lungo utilizzato per indicare vitigni assolutamente differenti, e di fatto è una varietà a sè stante la cui variabilità varietale non è motivo per confonderlo con altri vitigni che hanno qualche carattere in comune. L’origine rimane quindi dubbia per non dire sconosciuta.
A prescindere comunque dal vero luogo di provenienza sta di fatto che in Abruzzo nei primi decenni dell'ottocento il vitigno Montepulciano restò in splendido isolamento nella Conca Peligna, dove ebbe modo di rinnovarsi e di evolversi sotto il profilo ampelografico. La presenza del vitigno Montepulciano in terra d'Abruzzo risale quindi ad oltre due secoli. Qui, grazie al particolare microclima della regione, ha trovato le migliori condizioni per vegetare e produrre vini di grande valore, pieni, robusti e al contempo eleganti e profumati. Il Montepulciano si può quindi considerare a tutti gli effetti un vitigno autoctono abruzzese ed attualmente conta per circa il 50% della superficie vitata regionale, ossia circa 18.000 ettari.
Il vitigno è diffuso principalmente nel centro e sud Italia: nelle Marche (in provincia di Ancona e Ascoli Piceno), nel Molise (Campobasso), in Puglia (Foggia), Emilia Romagna (Rimini), Lazio e Toscana.
È un vitigno a bacca rossa, mediamente vigoroso, con foglia medio-grande pentagonale e pentalobata, grappolo di medie dimensioni, compatto o semi-compatto, di forma conica o cilindrico conica, provvisto di una o due ali, acino medio, di forma sub-ovale con buccia pruinosa, spessa e consistente di colore nero-violaceo. È piuttosto tardivo, poiché la maturazione si colloca quasi sempre nella seconda decade di ottobre, la forma di allevamento più utilizzata, purtroppo, è il tendone ma i nuovi impianti e le migliori aziende adottano forme compatte a spalliera tipo cordone speronato e guyot, con potatura medio-corta e fittezze elevate. Preferisce terreni di medio impasto, profondi e ben esposti, clima tendenzialmente caldo e asciutto. Molto sensibile all’oidio e agli acari, meno a peronospera e muffa grigia, soggetto ad acinellatura sia verde che dolce. Ben sopporta le gelate primaverili per la tardività del germogliamento.
In linea generale il vitigno Montepulciano dà origine a vini dalle caratteristiche organolettiche decisamente interessanti, di immediata piacevolezza se bevuto giovane, mentre dimostra di essere complesso e di stoffa superiore se maturato a lungo in botti di rovere.
Il Montepulciano d’Abruzzo Doc, coltivato in una grande area che racchiude le province di Pescara, Chieti, Teramo e L’Aquila, viene ottenuto unicamente da vigneti ubicati in terreni collinari o di altopiano, la cui altitudine non deve essere superiore ai 500 metri s.l.m. ed eccezionalmente ai 600 metri per quelli esposti a mezzogiorno. La resa massima di uva non deve superare i 140 q.li per ettaro mentre la gradazione alcolica minima deve essere pari all’11,5%. Il Montepulciano d’Abruzzo è ottenuto quasi esclusivamente dalle uve del vitigno omonimo, con l’eventuale piccola aggiunta (max 15%) di altre uve provenienti da vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione nel territorio della regione Abruzzo.
Da solo rappresenta oltre l’80% del totale dei vini a denominazione prodotti in Abruzzo ed è tra i primi tre vini doc prodotti in Italia.
Dal 2003 è stata riconosciuta la DOCG al Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane riservandola esclusivamente ai 31 comuni presenti sul territorio delle Colline Teramane in provincia di Teramo dove la qualità e i caratteri tipici del vino sono superiori. È il microclima che rende quest’area, la migliore di tutta la regione; il sottosuolo è calcareo-argilloso, ottimo per la vite, inoltre la presenza di numerosi corsi d'acqua ne favoriscono lo sviluppo, il quale trae vantaggio anche della vicinanza con il mare.
Viene impiegato il vitigno omonimo, con l’eventuale aggiunta (max 10%) di sangiovese, coltivato su terreno collinare o altopiano, ad altitudine massima di 550 metri. La resa massima non deve superare i 95 quintali per ettaro e la gradazione minima deve essere di 12,5%. Viene sottoposto ad invecchiamento di due anni di cui almeno un anno in botti di rovere o di castagno e sei mesi di affinamento in bottiglia; se sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a tre anni può portare in etichetta la menzione "riserva".
Con la vendemmia 2006 è entrata in vigore la revisione del disciplinare di produzione del Montepulciano d’Abruzzo Doc.
Le principali novità riguardano alcuni dati analitici e il riconoscimento di due sottodenominazioni per la provincia di Pescara: “Terre dei Vestini”, che può contare su circa 1.000 ettari situati sulle colline interne e litoranee e il cui limite di produzione è fissato in 100 quintali/ettaro, e la sottozona “Casauria o Terre di Casauria” per i circa 250 ettari di vigneti ricadenti nelle aree interne e pedemontane a Sud-Ovest, con limite di produzione fissato in 95 quintali/ettaro.
In entrambi i casi, i vini che si fregiano della menzione aggiuntiva devono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento di almeno 18 mesi, di cui almeno 9 in legno, che diventano minimo 30 mesi (di cui 9 in legno) per la versione Riserva.
Tale menzione, finora appannaggio solo delle sottozone, arriva anche per l’intera tipologia rosso della denominazione qualora venga effettuato un invecchiamento/affinamento non inferiore a 24 mesi, di cui almeno 9 in legno all’interno della zona di produzione.
Riguardo ai dati analitici, il titolo alcolometrico minimo per il Montepulciano d’Abruzzo immesso al consumo è fissato in 12% vol (rispetto agli 11,5% vol. previsti dal disciplinare ancora in vigore).
Un grande lunedì
Quella di lunedì 30 novembre è stata una giornata fitta e ricca di eventi interessanti ed appassionanti: si è iniziato nel pomeriggio con l'ormai tradizionale appuntamento con il professor Luigi Moio, ordinario di enologia presso l'Università Federico II di Napoli, che ha disquisito sul tema: La gestione dell'ossigeno nella vinificazione in bianco e caratteristiche sensoriali del vino bianco. Un convegno dedicato ad enologi e professionisti del vino, durante il quale si sono passate in rassegna le diverse tecniche enologiche, spaziando dall'iper-riduzione (ovvero la totale assenza di ossigeno nei processi di vinificazione) fino all'iper-ossidazione dei mosti o dei vini. L'illustre ricercatore ci ha fatto comprendere che l'ossigeno non va più considerato, seguendo i paradigmi della vecchia scuola enologica, soltanto come un nemico, bensì come un elemento che, sapientemente dosato, può favorire un buono sviluppo aromatico nei vini; ovviamente, però, occorre sapersi muovere "cum grano salis" e, in questo senso, due sono le parole chiave da tenere ben presenti: governare e degustare. Vale a dire che bisogna saper padroneggiare la tecnologia per tenere sotto controllo la quantità di ossigeno che il vino assorbirà, per evitare di trovarsi inaspettatamente di fronte a repentine ossidazioni piuttosto accentuate e dannose, e controllarne gli effetti attraverso la continua degustazione analitica del vino. E proprio con una degustazione si è chiuso l'incontro con Luigi Moio: nove vini per capire il passaggio dagli aromi riduttivi agli aromi ossidativi, per giungere, infine, a confrontarsi con il carattere singolare dei vini totalmente ossidativi, di cui si sta vivacemente discutendo in questi ultimi anni.
La serata è stata, invece, dedicata alle consuete degustazioni degli Incontri del lunedì, destinate al pubblico degli appassionati e dei sommelier: di scena c'era il Montepulciano d'Abruzzo 2006. Quindici campioni che hanno presto saturato la sala con il loro intenso e tenace profumo, facendo capire immediatamente di che carattere è dotato questo grande vitigno del centro Italia. E con queste premesse, degne della danza ritual-propiziatoria della squadra australiana di rugby, i famosi All Blacks, con sfoggio di aggressività, tenacia, forza, ma anche velocità, agilità e prontezza, si è aperta questa lunga degustazione che ha illustrato i caratteri del Montepulciano in una terra ricca e complessa, che muove dalle dolci colline prossime alla costa adriatica per inerpicarsi sui più aspri declivi a ridosso dei colossi del Gran Sasso o della Maiella. In una sorta di spettacolare competizione si sono, quindi, posti in evidenza i caratteri immediati e briosi dei Montepulciano più facili, per raggiungere poi vette molto elevate con vini fortemente concentrati, ricchi ed avvolgenti, capaci di catturare l'attenzione tanto del degustatore più distratto, quanto del più esigente e preciso. Ma è stato anche molto interessante notare come i vini che vantano l'appartenenza alla zona a Docg delle Colline Teramane abbiamo sfoggiato un carattere decisamente diverso e riconoscibile, con un tocco di raffinata eleganza floreale ed una trama tannica estremamente fine e vellutata. Distinte, quindi, in due partite le preferenze del pubblico, con vittorie nettissime ed indiscutibili: il Montepulciano d'Abruzzo Tolos di Terra d'Aligi ha prevalso su un agguerrito e baldanzoso Montepulciano d'Abruzzo Harimann di Pasetti, mentre, tra gli appartenenti all'area Docg, il Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Costamorro di Montipagano ha domato un combattivo Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Neromoro della Fattoria Nicodemi.
Non voglia sembrare flemmatico sostenere che, comunque, tutti i quindici bicchieri erano degni della migliore tavola del mondo, cioè quella italiana; anche se la sgommata guida franco-sciovinista ha aggiunto la terza stella solo al ristorante Da Vittorio di Brusaporto, sebbene la meritassero, e da diversi anni, molte altre grandi tavole italiane. Da buon campanilista ho comunque esultato e brindato con un grande spumante italiano alla famiglia Cerea, che unita ed agguerrita prosegue il cammino tracciato da papà Vittorio. Alé!
G.B.
I risultati della degustazione dei Soci Slow Food
Oliviero: Montepulciano d’Abruzzo Colline Tramane Riserva Neromoro della Fattoria Bruno Nicodemi; Montepulciano d’Abruzzo Toros dell’Azienda Agricola Terre d’Aligi; pari merito: Montepulciano d’Abruzzo Mazzamurello dell’Azienda Torre Beati e Montepulciano d’Abruzzo Hariman dell’Azienda Pasetti.
Bita e Silvio: Montepulciano d’Abruzzo Toros dell’Azienda Agricola Terre d’Aligi; Montepulciano d’Abruzzo Colline Tramane Riserva Costamorro dell’Azienda Montipagano; Montepulciano d’Abruzzo Hariman dell’Azienda Pasetti.