Torna l’anteprima, ideata da Andrea Franchetti, tra i produttori più illuminati e anticonformisti, sul vulcano, oggi territorio sulla cresta dell’onda
I grandi vini dell’Etna si presentano “en primeur”
Oggi l’Etna è uno dei “diamanti” del vino siciliano ed italiano. Fatto di mille sfaccettature, rappresentate dalle Contrade, vicine ma tutte diverse. Raccontate nel calice da Nerello Mascalese e Carricante, con cantine che valorizzano al massimo i 1.300 ettari di vigna nelle zone più vocate, espressione di una qualità che nasce dal coraggio di produttori che danno vita ad un viticoltura “super eroica”, con le vigne arrampicate su terrazze e “radure” fatte di boschi di castagni, noci, noccioleti, e che raccontano una biodiversità naturale incredibile, alimentata dalla vitalità del vulcano attivo più alto d’Europa, e territorio del vino sulla cresta dell’onda nel mondo. Un successo, quello per i vini più “vulcanici” del momento, che si può ben misurare con quello de “Le Contrade dell’Etna”, l’“en primeur” ideata da Andrea Franchetti, tra i produttori più illuminati e anticonformisti del vino italiano, capace di creare due Tenute icona tra la Val d’Orcia, Patrimonio Unesco, con la Tenuta di Trinoro, e l’Etna, con Passopisciaro, che torna da domani al 17 aprile nel Picciolo Etna Golf Resort, a Rovittello a Castiglione di Sicilia.
Evento più importante sull’Etna, “Le Contrade dell’Etna”, all’edizione n. 14, dedicato a wine lovers (16 aprile) e addetti ai lavori, vede protagoniste ben 100 tra le più celebri cantine del vulcano, di Sicilia e d’Italia, da Alberelli di Giodo ad Alta Mora Cusumano, da Baglio di Pianetto a Benanti, da Cottanera a Donnafugata, da Girolamo Russo a Graci, da Maugeri a Passopisciaro Vini Franchetti, da Pietradolce a Planeta, da Tasca d’Almerita alla Tenuta di Fessina, dalle Tenute Bosco a Terrazze dell’Etna e Torre Mora, per citarne solo alcune. E per la prima volta, domani ci sarà anche lo studio “Analisi delle strutture dei prezzi medi dei vini dell’Etna” dedicato al valore dei vini del territorio ed affidato all’Università Palermo con un’autorità in materia di Economia Aziendale come il professore Sebastiano Torcivia, accanto a masterclass sui vini vulcanici e la degustazione dei giornalisti specializzati per i “vini en primeur”.
Un territorio unico al mondo, l’Etna, che dalla fine degli Anni Novanta del Novecento, ha visto un crescendo di produttività e professionalità, ed una gran fioritura di cantine e nuove cantine, nuovi vigneti e nuovi vini, ma anche numerosi riconoscimenti da parte della critica internazionale, grazie agli investimenti delle aziende pioniere, dei produttori storici di Sicilia che qui hanno tenute e vigneti, e all’arrivo di vigneron e imprenditori venuti da fuori – da Angelo Gaja ad Oscar Farinetti, tra gli altri – intravedendovi un nuovo “El Dorado” del vino dove un ettaro di vigneto vale da 125.000 a 150.000 euro, più che nel resto della Sicilia, per un vino che è già tra i pochi su La Place de Bordeaux (con l’Etna Rosso della storica griffe del Barolo Giovanni Rosso). E dove Andrea Franchetti, già proprietario della toscana Tenuta di Trinoro, è stato uno dei primi produttori ad arrivare all’inizio del Nuovo Millennio, diventando uno dei più significativi esponenti dell’“Etna Renaissance” dai vigneti di Passopisciaro. Sua, possiamo dire, la “paternità” della riscoperta delle “Contrade” in termini enoici, cioè quello che oggi in generale si definiscono “Cru”, che formano l’articolatissimo mosaico dei vigneti del vulcano, intuendone l’inestimabile valore. Ma anche, di antichi vigneti ad alberello semiabbandonati, tutti tra i 70 e i 100 anni di età, sul versante Nord del vulcano, a quote tra i 550 e i 1.000 metri sul livello del mare. Un territorio che continua a crescere e sperimentare, grazie a storie come quella di Carlo Ferrini e della figlia Bianca nei vigneti di Alberelli di Giodo, progetto enologico etneo della famiglia Ferrini che affianca quello di Montalcino. Una scelta precisa che mette insieme, probabilmente, due degli areali più intriganti del panorama enoico del Belpaese, entrambi animati da due protagonisti ben precisi, il Nerello Mascalese e il Sangiovese, vitigni dal carattere spiccato e capaci di dare vita a vini altrettanto originali e riconoscibili. Il vigneto etneo della famiglia Ferrini si compone di circa due ettari spezzettati in diversi piccoli appezzamenti, in prevalenza vecchi impianti ad alberello anche pre-fillosserici e quindi anche a piede franco tra gli 80 e i 100 anni d’età, posti tra i 900 e i 1000 metri di altezza sul livello del mare, che si trovano sul versante nord del vulcano.
Un territorio, l’Etna, che punta ad entrare tra i miti dell’enologia mondiale. Del resto, se c’è un luogo simbolo della mitologia è proprio questo vulcano, citato dai più grandi poeti e letterati, da Pindaro ad Ovidio, da Esiodo ad Eschilo, da Euripide a Omero, da Virgilio a Petrarca, da Goethe a Dumas, da Verga a Pirandello, come prigione dei venti, dimora dei Ciclopi, come il Tartaro dei morti, rifugio di Re Artù, sfondo della leggenda di Aci e Galatea, e, come caverna di Polifemo incontrato da Ulisse nell’Odissea, ma anche fonte di ispirazione per i maestri del cinema, da Luchino Visconti a Pier Paolo Pasolini, da Franco Zeffirelli a Roberto Rossellini, senza dimenticare Giuseppe Tornatore, un maestro della fotografia come Vittorio Storaro e uno dei più grandi cantautori italiani come Franco Battiato che ci ha trasmesso la magia del paesaggio etneo, come oggi fanno i suoi grandi vini. Fonte: WineNews 14.04.2023