Le alte temperature contribuiscono a rompere i legami chimici della plastica, e le sostanze componenti possono trasferirsi alle bevande che si trovano all’interno
Questi giorni infuocati di fine luglio fanno seguito a quello che, secondo quanto riportato dall’agenzia federale Noaa (il National Oceanic and Atmospheric Administration), è stato il giugno più caldo mai registrato sulla Terra.
Prima di mettere le mani su una bottiglia d’acqua per rimanere idratati, però, sarebbe meglio chiedersi per quanto tempo quel contenitore è rimasto a “cuocere” sotto il sole.
“Più caldo fa, più le sostanze che si trovano nella plastica possono trasferirsi al cibo o all’acqua potabile” dice Rolf Halden, direttore del Center for Environmental Health Engineering al Biodesign Institute dell’università dell’Arizona.
La maggior parte degli oggetti di plastica rilasciano una piccola quantità di sostanze chimiche alle bevande o al cibo che contengono. Con l’aumentare della temperatura e del tempo, i legami chimici all’interno della plastica tendono a rompersi sempre più facilmente rendendo
così più facile il passaggio delle sostanze. Secondo l’Fda (Food and Drug Administration, l’omologa statunitense dell’Efsa europea ndt) la quantità di sostanze chimiche è troppo esigua per causare problemi di salute, ma gli scienziati che studiano gli effetti a lungo termine di questa nostra corsa alla plastica dicono che la somma di tutte queste piccole dosi potrebbe dare, come risultato, qualcosa di grosso.
La maggior parte delle bottiglie di plastica che si trovano sugli scaffali del supermercato sono fatte di una plastica che si chiama polietilene teleftalato o PET. Lo si riconosce dal simbolo del riciclo con il numero uno e viene comunemente riciclato.
Uno studio condotto da scienziati dell’Arizona State University nel 2008 ha cercato di capire quanto il caldo accelerasse il rilascio dell’antimonio nelle bottiglie in PET. Secondo uno studio l’antimonio, utilizzato per realizzare la plastica, a dosi elevate può essere tossico. In condizioni di temperatura miti (intorno ai 20-21 gradi centigradi) i ricercatori hanno misurato la presenza di antimonio in una bottiglia d’acqua entro i livelli di sicurezza. Tuttavia più calda era la giornata, meno tempo serviva perché l’acqua si contaminasse.
Un’automobile d’estate può raggiungere anche i 65 gradi. In alcuni esperimenti ci sono voluti 38 giorni perché le bottiglie – scaldate a quella temperatura in laboratorio – mostrassero livelli di antimonio superiori alle raccomandazioni di sicurezza.
“Come regola generale sì, è vero che il calore aiuta a rompere i legami chimici in oggetti di plastica come le bottiglie, e che queste sostanze possono trasferirsi alle bevande che si trovano all’interno” dice Julia Taylor, una scienziata che ha condotto diverse ricerche sulla plastica all’università del Missouri.
Nel 2014 alcuni scienziati trovarono sia antimonio che BPA (bisfenolo A), un altro composto tossico, in bottiglie d’acqua cinesi. Nel 2016 altri ricercatori trovarono alti livelli di antimonio in bottiglie d’acqua vendute in Messico. Entrambi gli studi testarono l’acqua in condizioni di temperatura che superavano i 65 gradi centigradi: il peggior scenario possibile.
Secondo l’International Bottled Water Association che riunisce diverse industrie del settore, le bottiglie d’acqua dovrebbero essere conservate nello stesso modo in cui si conservano altri generi alimentari.
“L’acqua in bottiglia svolge un ruolo importante in condizioni di emergenza: quando si corre il rischio disidratazione, non ha molta importanza la sostanza di cui è fatto il contenitore, ma per il consumatore medio – dice Halden – non c’è alcun beneficio nell’utilizzarne così tante”.
E i contenitori riutilizzabili?
Le bottiglie d’acqua che possono essere riutilizzate più volte sono quelle in polietilene ad alta densità (HDPE) o in policarbonato. L’HDPE è largamente accettato dai programmi di riciclo (con il codice numero due) mentre è più difficile dare nuova vita al policarbonato (il cui codice di riciclo è il numero sette). Per rendere queste bottiglie così dure e lucide spesso i produttori utilizzano il bisfenolo A, un composto che negli ultimi anni è finito nella bufera per la sua tossicità. Il BPA è infatti un interferente endocrino: significa che può incidere negativamente sulla normale funzionalità ormonale e portare a seri problemi di salute. Alcuni studi hanno trovato una correlazione tra questa sostanza e il cancro al seno.
L’FDA ha vietato l’uso di bisfenolo A da bottiglie e bicchieri con beccuccio per bambini, ma non ha trovato evidenze che possano giustificare ulteriori limitazioni.
Comunque, molti produttori hanno reagito alle preoccupazioni dei consumatori mettendo sul mercato contenitori senza BPA.
“La dicitura ‘BPA free’ non significa necessariamente ‘sicuro’” dice Taylor. La quale fa notare che spesso viene usato, come alternativa, il bisfenolo S nonostante sia “simile al BPA a livello strutturale, il che significa che ha proprietà molto simili”.
Finora sono stati condotti pochi studi per capire cosa succede alle bottiglie d’acqua riutilizzabili se esposte ad alte temperature, ma alcune ricerche fatte versando acqua bollente nel policarbonato mostravano come il BPA si trasferisse al contenuto.
“La morale della favola è che il vetro è meglio della plastica, quando è possibile” dice ancora Taylor. “Altrimenti, il messaggio che si può dare è di tenere la bottiglia d’acqua in una borsa o, comunque, coperta quando non la usiamo (cioè non esporla alla luce del sole per lunghi periodi) e non lasciare le bottiglie di plastica nell’automobile, soprattutto in questo periodo dell’anno in cui le temperature salgono molto rapidamente”.
Il quadro generale
Per concludere, la quantità di tracce chimiche che una persona può ingerire da un contenitore in plastica per alimenti o bevande non metterà in pericolo la sua salute. Halden sostiene che dovremmo piuttosto preoccuparci del fatto che viviamo circondati dalla plastica ogni giorno.
“Se bevi acqua da una bottiglia in PET, metti la tua salute a rischio? Probabilmente no – dice – ma se consumi 20 bottiglie al giorno la questione è completamente diversa”. Halden fa notare che il maggior impatto potenziale per la nostra salute è dato dall’effetto cumulativo, essere cioè circondati dalla plastica, sia nel cibo che mangiamo sia nell’acqua che contiene microplastiche.
Personalmente, Halden preferisce bere da una bottiglia di metallo piuttosto che da una di plastica riutilizzabile. “Se non te la vuoi ritrovare nel corpo, non contribuire a inondare la nostra società di questo materiale”, consiglia. Fonte: National Geographic, Sarah Gibbens, Fotografia di Mark Thiessen, National Geographic, 24.07.2019