Ma prima di partire sotto la guida di Cingolani servono nuove competenze per il ministero incaricato
Mario Draghi ha imposto ai suoi ministri tecnici la consegna del silenzio: comunicazioni interrotte fino a che non sarà stato riscritto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e fino a quando, con una operazione normativa che è allo studio di Palazzo Chigi, non saranno smontati e risassemblati alcuni dicasteri per permettere, ad esempio, al super ministro della Transizione ecologia Roberto Cingolani, di occuparsi anche di energia, tema cruciale ma certo al di fuori delle competenze del vecchio ministero dell’Ambiente. Bocche cucite, dunque. Esistono però documenti che aiutano a capire in cosa dovrebbe consistere la tanto auspicata Transizione ecologica e quali saranno le prime misure in tal senso del governo Draghi.
Il primo documento è proprio il Pnrr, il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU. Lungamente rimpallato tra i ministri competenti, fino a dicembre scorso era poco più di una scatola vuota. Poi i venti di crisi politica hanno imposto una accelerazione e la versione attuale, approvata dal Consiglio dei ministri il 21 gennaio, quando era ancora premier Giuseppe Conte, è tutto sommato un buon punto di partenza, a giudizio dei tecnici che l’hanno letta. Delle sei missioni previste, “Rivoluzione verde e transizione ecologia” rappresentano il perno in cui ruotano le altre: salute, digitalizzazione, infrastrutture, istruzione, equità sociale. Nelle “Linee guida” si legge: «In primo luogo, occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. In secondo luogo sarà necessario migliorare l’efficienza energetica delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria nei centri urbani e delle acque interne e marine. Nell’ambito delle politiche di transizione ecologica, si ritiene prioritario incentivare una gestione efficace delle aree verdi, attraverso corposi interventi di rimboschimento e una maggiore diffusione delle stesse sul territorio urbano e periurbano».
Buoni propositi, che ora il neoministro Cingolani dovrà calare nella realtà. Tagliare le emissioni, certo, ma attraverso quale strategia? Virando decisamente verso fonti energetiche rinnovabili e rinunciando a tutte le fossili, gas compreso? O adottare una strategia più graduale? E solo un esempio dei tanti bivi di fronte ai quali si troverà il governo nel suo procedere verso la Transizione ecologica.
Il secondo documento aiuta proprio a intuire quali potrebbero essere le scelte del governo Draghi in questo campo, perché è firmato da un altro dei suoi ministri, Enrico Giovannini, fino a poche settimane fa voce critica dei ritardi italiani in fatto di sostenibilità. Si tratta del Rapporto Asvis 2020, la relazione annuale dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, di cui Giovannini era all’epoca portavoce. «Il Pnrr deve essere orientato a un forte aumento degli investimenti a favore della transizione energetica e industriale dell’Italia», vi si legge. «La prima misura da adottare è quella di fissare target più ambiziosi del taglio delle emissioni al 2030, approvando il prima possibile la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990». E ancora: «Il governo deve urgentemente assumere tre iniziative di carattere strategico: riscrivere il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), ormai obsoleto, adeguandolo alle misure e agli impegni previsti dalla Roadmap 2050 del Green Deal europeo; la legge sul clima italiana va resa coerente con il regolamento europeo proposto a marzo 2020, che prevede la decarbonizzazione al 2050 come legalmente vincolante per tutti gli Stati membri; va rapidamente approvato un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici rafforzato dagli orientamenti del Green Deal europeo. Sull’onda dei recenti disastri, appare ormai evidente a tutti la relazione tra queste tematiche e quella della protezione della salute».
Più in dettaglio: per rispettare gli Accordi di Parigi va confermata l’eliminazione totale del carbone al 2025, con la riduzione del ricorso al gas naturale per energia, riscaldamento e trasporti, in favore dell’uso del biometano e dell’idrogeno green. Con le dovute cautele, «l’Italia deve associarsi ai progetti a scala europea e internazionale per la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio».
E poi naturalmente ci sono una serie di misure proposte per rendere green i trasporti, le abitazioni, l’agricoltura, le industrie. Una sfida colossale, con in palio i 209 miliardi dell’Europa. E appena otto settimane per essere almeno abbozzata: la transizione ecologica firmata Draghi-Cingolani andrà presentata a Bruxelles entro il prossimo 30 aprile. Fonte: La Repubblica, Luca Fraioli, 20.02.2021