PIÙ PRODOTTI TIPICI, PIÙ “SQUADRA” NEI TERRITORI. AL TAVOLO MICHELIN, L’ESPRESSO, SLOW FOOD, TOURING CLUB ED IDENTITÀ GOLOSE
Oltre 300 milioni di euro all’anno. Tanto vale in Italia l’indotto dei 356 ristoranti stellati della Rossa più desiderata, la Guida Michelin. A dirlo è lo studio “Taste Turism” condotto dalla società Gfc, e i numeri sono stati presentati al Mart di Rovereto da Marco Do, direttore comunicazione di Michelin Italia, nel convegno che per la prima volta, promosso dalla giornalista Francesca Negri, ha messo allo stesso tavolo le guide de L’Espresso con Andrea Grignaffini, Le Osterie d’Italia con Eugenio Signoroni, Identità Golose con Paolo Marchi, il Touring Club Italiano con Lorenza Vitali e, appunto, Do per Michelin Italia (mancava solo il Gambero Rosso, che ha dato forfait a poche ore dal summit).
Il tema, lanciato dall’Accademia Italiana della Cucina, era inedito quanto ambizioso: capire il valore aggiunto delle guide gastronomiche per il territorio e la cucina regionale italiana. “Un aspetto questo – ha commentato Do – che deve ancora essere sviluppato, perciò questo convegno è un’occasione molto interessante. La cucina è un business molto alto, in pieno sviluppo. Non si è ancora approfondito abbastanza su quanto valore abbia la ristorazione di alta qualità per il luogo in cui si trova. Chi segue questo tipo di ristorazione si muove, dorme in un hotel, va a visitare un museo, in altre parole spende dei soldi. Tutto questo genera un indotto”.
I viaggi legati al cibo e al vino sono costantemente in crescita: secondo il “Primo Rapporto sul turismo enogastronomico italiano”, presentato a gennaio di quest’anno e curato dall’Università degli studi di Bergamo e dalla World Food Travel Association, i turisti enogastronomici sono saliti al 30%. Un dato che dichiara come l’enogastronomia sia passata da ruolo “accessorio” a componente in grado di influenzare le scelte di viaggio. A questo si aggiungono i dati Fipe sul 2017: la ristorazione italiana, con 41 miliardi di euro di valore aggiunto, è il settore trainante della filiera agroalimentare italiana,più importante, da questo punto di vista, di agricoltura e industria alimentare.
“Nonostante questo – ha sottolineato la Negri, che ha moderato il convegno – ad oggi non esiste una classificazione istituzionale dei ristoranti, come invece accade per gli alberghi”. E così, le Stelle Michelin sono diventate il traguardo di ogni cuoco ambizioso: nel mondo, ha fatto sapere Do, ci sono in totale 3.100 i locali stellati, di cui 500 2 Stelle appena 130 3 Stelle, il massimo riconoscimento.
Target opposto alla Michelin è la pubblicazione de Le Osterie d’Italia di Slow Food, ma anche qui il valore economico non è da poco: “non abbiamo dati precisi – ha spiegato Signoroni – ma secondo quanto riportatoci dagli operatori, posso dire che la presenza in guida vale il 30% dei clienti. Un dato rilevato soprattutto nel nord Italia, in particolare in Piemonte, Lombardia e Veneto. Grazie all’edizione tedesca delle Osterie siamo in grado di attrarre molta clientela dalla Germania”.
Oltre all’aspetto economico, c’è anche (o forse soprattutto) un valore culturale rivestito da tutte le guide enogastronomiche, e ognuna lo affronta in maniera peculiare. Identità Golose “punta sulle grandi idee, su chi ha un’eccellenza da raccontare, e sui giovani emergenti” racconta l’ideatore Paolo Marchi; L’Espresso (la cui guida I Ristoranti d’Italia da quest’anno ospiterà anche la sezione dedicata ai vini, ndr) “cerca di dare una lettura professionistica di un mondo ormai fatto da professionisti: le nostre schede fanno un racconto in cui emerga che oggi il cibo ha una lettura molto complessa, non si tratta più di un esercizio palatale, ma di un esercizio mentale” spiega il vice curatore Grignaffini. Il Touring Club Italia, invece, punta al target delle famiglie, “per farle mangiare bene e viaggiare bene a prezzi corretti, un’esigenza molto sentita se si pensa che a oggi sono 280.000 gli associati al Touring” spiega Vitali; Le Osterie d’Italia invece mirano alla salvaguardia, appunto, dell’osteria, “di chi valorizza la cucina legata alla tradizione del territorio e anche i suoi vini” dice Signoroni. Non è un caso, infatti, che il primo simbolo comparso nella guida di Slow Food sia quello della bottiglia, “perché l’osteria ha un ruolo fondamentale anche per le cantine del luogo”.
Cosa serve a un territorio per crescere in termini enogastronomici? La risposta è corale: valorizzare il più possibile i prodotti tipici, puntare su un’offerta sempre più peculiare, aprirsi al confronto e mettere da parte i personalismi per catalizzarsi attorno agli alfieri, ai sognatori, a quelli che investono e si impegnano perché hanno compreso prima di altri che la ristorazione d’eccellenza è – ed è destinata a essere sempre di più – un volano dell’economia locale e nazionale. fonte : WineNews, 07.05.2018