Possibili rischi per la salute e l’ambiente
Le nuove tecniche di modificazione genetica, anche se non inseriscono in un organismo vivente del DNA estraneo, ricadono comunque sotto le norme della legislazione europea sugli Ogm. Quindi gli organismi così modificati sono sottoposti anch’essi agli obblighi di valutazione del rischio, autorizzazione, monitoraggio, tracciabilità ed etichettatura. Lo stabilisce una sentenza della Corte di giustizia europea in merito a una causa che vedeva contrapposti il sindacato agricolo Confédération paysanne, insieme ad altre otto associazioni, e il governo francese. L’intervento della Corte era stato chiesto dal Consiglio di Stato transalpino.
Il problema si era posto perché la direttiva europea del 2001 sugli Ogm esclude gli organismi geneticamente modificati ottenuti attraverso la mutagenesi, cioè senza che venga inserito DNA estraneo, dal campo di applicazione della normativa stessa. Le disposizioni si applicano quindi solo agli Ogm ottenuti attraverso la transgenesi, cioè con l’inserimento di un gene estraneo. La controversia è nata perché la Confédération paysanne e le altre associazioni sostengono che le tecniche di mutagenesi sono cambiate col tempo. Prima dell’adozione della direttiva sugli Ogm, si utilizzavano solo metodi tradizionali o casuali applicati in vivo su piante intere. Il progresso tecnico ha portato all’emergere di tecniche di mutagenesi in vitro, che consentono di procedere a mutazioni mirate al fine di ottenere un organismo resistente ad alcuni erbicidi, con il rischio di danni importanti per l’ambiente così come per la salute umana e animale, alla stessa stregua degli Ogm ottenuti attraverso transgenesi.
La Corte di giustizia europea – in contrasto con l’opinione espressa lo scorso gennaio dall’avvocato generale della Corte stessa, il cui parere di solito viene invece rispecchiato nella sentenza finale – ha dato ragione al sindacato agricolo e alle associazioni francesi, stabilendo che la direttiva sugli Ogm va applicata anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi apparse successivamente all’adozione della direttiva nel 2001. Secondo la Corte, i rischi legati all’impiego delle nuove tecniche di mutagenesi potrebbero risultare simili a quelli derivanti dalla produzione e dalla diffusione di Ogm tramite transgenesi. La modifica diretta del materiale genetico di un organismo tramite mutagenesi consente infatti di ottenere i medesimi effetti dell’introduzione di un gene estraneo nell’organismo (transgenesi).
Inoltre queste nuove tecniche consentono di produrre varietà geneticamente modificate a un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi.
Alla luce di questi rischi, secondo la Corte di giustizia europea escludere dall’ambito di applicazione della direttiva sugli Ogm gli organismi ottenuti mediante le nuove tecniche di mutagenesi pregiudicherebbe l’obiettivo della direttiva, e violerebbe il principio di precauzione che la direttiva mira ad attuare. Quindi, la direttiva sugli Ogm si applica anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi emerse successivamente alla sua adozione. Fonte: il Fatto Alimentare, 14.08.2018