Il Ministro Martina: “Strumento necessario”
“L’etichetta di origine obbligatoria che permette di conoscere l’origine del grano impiegato nella pasta e del riso mette fine all’inganno dei prodotti importati, spacciati per nazionali, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come pure un pacco di riso su quattro senza che questo fosse fino ad ora indicato in etichetta”. A dirlo la Coldiretti, oggi, nel “Pasta Day”, promosso per celebrare l’entrata in vigore dei due decreti interministeriali sull’indicazione dell’origine obbligatoria in etichetta del riso e del grano per la pasta (simbolo del made in Italy per il 58% degli italiani, e di cui l’Italia è primo produttore mondiale) dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che cade esattamente il 13 febbraio per il riso e il 14 febbraio per la pasta.
Decreto che potrebbe arrivare anche a celebrare un nuovo record per le esportazioni di pasta italiani negli Usa, dove “un pacco su tre è made in Italy”. Oggi gli Stati Uniti, secondo gli ultimi dati diffusi da Ismea, rappresentano uno dei mercati di riferimento per la pasta made in Italy, con una quota pari al 12% di tutte le vendite di pasta italiana all’estero. Complessivamente dal 2012 al 2016 le esportazioni negli Stati Uniti hanno registrato una crescita del + 39%. In linea con i valori del 2015 e del 2016, anche nei primi 10 mesi del 2017, l’export dal Bel Paese verso gli Stati Uniti ha toccato quota 224 milioni di euro, apprestandosi a scrivere un nuovo record che porterà l’export a superare la soglia dei 270 milioni di euro nel 2017.
Una sperimentazione, per ora, ricorda il Ministero delle Politiche Agricole, prevista per due anni, nel solco di quanto fatto per latte e derivati. Con i decreti che resteranno in vigore fino alla piena attuazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 che prevede i casi in cui debba essere indicato il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l’applicazione all’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi non sono stati ancora emanati.
“Proteggere il made in Italy – afferma il Ministro Maurizio Martina – significa puntare sulla massima trasparenza delle informazioni in etichetta ai cittadini. Per questo abbiamo voluto con forza sperimentare l’obbligo di indicare espressamente sulle confezioni di pasta e riso il luogo di coltivazione. Un’informazione utile ai consumatori per poter scegliere in maniera informata e consapevole. Uno strumento necessario anche per valorizzare e tutelare il lavoro dei nostri produttori. La trasparenza deve essere una battaglia comune, da condurre con tutta la filiera anche in Europa. Non c’è dubbio che l’iniziativa italiana abbia ottenuto anche un risultato politico importante: dopo 4 anni la Commissione Ue ha presentato una prima bozza di regolamento attuativo della norma sull’etichettatura. Un passo avanti che va migliorato, a partire dall’indicazione obbligatoria e non facoltativa dell’origine delle materie prime. Stiamo lavorando per una proposta che trovi il supporto della nostra filiera e di altri Paesi europei a partire dalla Francia. Se non cambierà la proposta siamo pronti a dare voto negativo nel comitato che è chiamato ad esprimersi a Bruxelles”.
Secondo quanto previsto dal decreto, le confezioni di pasta secca prodotte in Italia, dovranno d’ora in poi avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più Paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi Non Ue, Paesi Ue e Non Ue. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, valgono le stesse regole della pasta.
I prodotti che non soddisfano questi requisiti immessi sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore dello stesso, possono essere commercializzati fino all’esaurimento scorte. fonte: Winenews, 13.02.2018