Il miele è un cibo molto antico, utilizzato già nella preistoria dai nostri antenati, che lo raccoglievano dagli alveari di insetti selvatici. L’apicoltura ha avuto probabilmente origine nel Neolitico ed era sicuramente praticata dagli Egizi nel III millennio avanti Cristo. Questo alimento è prodotto dalle api in seguito alla rielaborazione delle sostanze zuccherine di cui si nutrono: prevalentemente nettare di fiori, ma anche melata, una secrezione dolciastra prodotta da piccoli insetti, come gli afidi. Oltre alle molteplici proprietà organolettiche e nutrizionali, sono da tempo note le proprietà antiinfiammatorie ed antisettiche del miele, ma un gruppo di ricercatori dell’Università di Toronto, in un recente articolo pubblicato sulla rivista Nutrition Reviews (1) ha dimostrato un sorprendente beneficio del miele sulla salute cardiometabolica.
Ma il ruolo delle api è fondamentale, insieme ad altri insetti impollinatori, per la produzione alimentare e per l’ambiente. Ormai da diversi anni, in tutto il mondo si registra un importante declino delle api, minacciate da pesticidi, perdita di habitat, monocolture, parassiti, cambiamenti climatici. In particolare, alcuni pesticidi costituiscono un rischio diretto per gli impollinatori.
Il nostro interesse si focalizza innanzi tutto sull’articolo scientifico con i rilevanti risultati ottenuti dagli autori. Non meno importante la campagna internazionale “Slow Bees” lanciata da Slow Food a difesa degli impollinatori che riportiamo.
IL MIELE ABBASSA GLICEMIA E COLESTEROLO: È LO ZUCCHERO «MIGLIORE» (2)
Grazie alla presenza di prebiotici, antiossidanti e «zuccheri rari» è il più salutare, ma non bisogna eccedere. Meglio optare per la versione grezza. Nell’articolo la classifica degli zuccheri, fino al peggiore.
Con il mondo occidentale (e parte di quello in via di sviluppo) alle prese con le «epidemie» di obesità e diabete, l’attenzione alle calorie in eccesso che vengono dagli zuccheri aggiunti è fondamentale. Alla ricerca di fonti per dolcificare che siano più salutari, gli scienziati dell’Università canadese di Toronto hanno condotto una revisione di studi incentrata sulle proprietà del miele.
Lo studio canadese
I benefici dell’alimento che ci donano le api sui fattori di rischio cardiometabolico sono stati valutati attraverso una revisione sistematica e una meta-analisi di studi compresi nei database MEDLINE, Embase e Cochrane Library. I parametri considerati hanno incluso l’effetto dell’assunzione orale di miele su: adiposità, controllo glicemico, lipidi, pressione sanguigna, acido urico, marcatori infiammatori e marcatori di steatosi epatica non alcolica. Sono stati selezionati un totale di 18 studi controllati (fino al 4 gennaio 2021) con una particolarità: erano ricerche in cui i partecipanti seguivano una dieta sana, dove gli zuccheri aggiunti rappresentavano al massimo il 10% dell’apporto calorico giornaliero (la dose consigliata dalle agenzie sanitarie mondiali). Il quantitativo medio giornaliero di miele era, precisamente, di 40 grammi (circa due cucchiai) per un tempo di assunzione di 8 settimane. La maggior parte delle fonti di miele venivano da più fiori insieme. Il 42% dei partecipanti era sano e di peso misto (tra peso normale, sovrappeso o obesità), il 12% era in sovrappeso, il 21% aveva diabete di tipo 1 o di tipo 2, il 10% era intollerante al glucosio. I partecipanti avevano un’età media di 41,2 anni.
Effetti benefici
Complessivamente, il miele ha ridotto la glicemia a digiuno, il colesterolo totale e quello cattivo (LDL), i trigliceridi e ha avuto un effetto benefico sul fegato grasso. Inoltre, ha aumentato i livelli di colesterolo buono (HDL) e di alcuni marcatori dell’infiammazione. Sono state rilevate differenze significative nei sottogruppi di persone esaminate in base alla fonte floreale e alla lavorazione del miele. In particolare, il miele di acacia, trifoglio e quello grezzo sono stati i migliori per il controllo glicemico e i livelli lipidici, questo perché è stato valutato come il miele perda molte proprietà salutari dopo la pastorizzazione (cottura a 65° per almeno 10 minuti).
Meglio il miele grezzo
Il miele grezzo, infatti, contiene anche batteri probiotici, inclusi i lattobacilli, che hanno dimostrato di migliorare la regolazione del sistema immunitario. «Pertanto, può offrire benefici per la salute non forniti dal miele trasformato, poiché la lavorazione riduce la quantità di questi batteri probiotici», hanno rilevato gli autori. «Confermo – dichiara al Corriere Salute Stefano Erzegovesi, psichiatra e nutrizionista —. Il miele lavorato a temperature alte è più “bello” da vedere, però contiene meno antiossidanti. Le differenze notate nello studio sulle fonti botaniche dei vari tipi di miele invece sono generiche e i dati relativi pochi».
La maggior parte delle agenzie di regolamentazione, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, includono il miele nella loro definizione di zuccheri liberi o aggiunti. Certamente il miele contiene circa l’80% di zuccheri (la maggior parte dei quali è fruttosio e glucosio), ma non solo: è un composto complesso di zuccheri comuni e rari, proteine, acidi organici e altre sostanze bioattive.
Gli zuccheri «rari»
I suoi «zuccheri rari» costituiscono circa il 14% del contenuto zuccherino e moderano l’effetto del fruttosio e del glucosio. Hanno mostrato effetti sugli esiti glicemici a breve e a lungo termine. Inoltre, l’isomaltulosio ha dimostrato di agire come prebiotico favorendo la crescita di Lactobacillus acidophillus, Lactococcus lactis e Saccharomyces cerevisae, batteri associati a un microbioma intestinale sano. Il miele è anche ricco di composti fenolici e flavonoidi, che possono moderare gli effetti osservati sul colesterolo totale, LDL-C, HDL-C e trigliceridi a digiuno. Ha anche una serie di proprietà farmacologiche, inclusi effetti antinfiammatori e antitumorali, un effetto antiobesogenico e protegge dai radicali liberi (che favoriscono l’invecchiamento) e dalle malattie associate. «I risultati non supportano la considerazione da parte dei responsabili politici e di coloro che pubblicano linee guida per designare il miele come zucchero libero, poiché il miele, se assunto con moderazione, può offrire una varietà di benefici per il controllo glicemico e i livelli lipidici», commentano gli autori della revisione.
Quanto consumarne
«Il fatto che il miele sia un buon sostituto dello zucchero bianco non vuol dire che questo ci autorizzi a consumarne di più – specifica l’esperto —. La parola chiave per gli zuccheri semplici è “quantità”: dosi maggiori di quelle raccomandate dall’Oms (quindi, circa 25 grammi al giorno) non sono salutari. Le componenti diverse del miele rispetto allo zucchero bianco (che sono i prebiotici, gli antiossidanti e questi zuccheri rari) funzionano “a soglia”: se ne assumiamo qualche grammo fanno bene, ma non “funzionano meglio” se aumentiamo le quantità. Anzi, più aumentano i grammi assunti, più si riduce l’impatto degli zuccheri rari e sale quello degli zuccheri semplici classici (cioè il glucosio e il fruttosio)».
Qual è il modo ideale per consumare il miele in modo da ottimizzare le sue proprietà? «Un “trucchetto” utile, che si ritrova nelle tradizioni alimentari del mediterraneo e del Medio Oriente, è di associarlo alla frutta a guscio: in questo modo l’impatto glicemico viene “calmierato” dalla presenza dei grassi della frutta secca. Per questo motivo, se volete usare il miele da spalmare sul pane al mattino a colazione, potete unire un cucchiaio di miele e un cucchiaio di crema di frutta a guscio al 100% (ad es. mandorle, nocciole o arachidi)».
La classifica degli zuccheri «migliori»
E rispetto alle fonti usate per dolcificare, se dovessimo fare una classifica, a parità di grammi, quale preferire? «Primo il miele, per quel che si è spiegato, secondo lo zucchero naturalmente presente nella frutta (fresca o essiccata), poi lo zucchero bianco e come ultima scelta i dolcificanti: hanno effetti metabolici negativi sulla flora intestinale ed educano il palato a un sapore troppo dolce. Inoltre, non c’è un solo dato che dimostri l’utilità dei dolcificanti nella perdita di peso».
SLOW BEES (3)
Gli insetti sono il gruppo di animali più diversificato della Terra e sono onnipresenti nelle reti alimentari terrestri. In tutto il mondo le popolazioni di insetti stanno però diminuendo drasticamente. Questo fenomeno è aumentato in modo significativo negli ultimi anni e sta colpendo soprattutto i paesi e le aree in cui l’agricoltura è più industrializzata.
Gli insetti – e in particolare gli impollinatori – rivestono un ruolo cruciale per il pianeta, per la tutela della biodiversità e per l’agricoltura. Sono parte integrante del nostro sistema alimentare, perché impollinano le piante coltivate che finiscono come cibo sulle nostre tavole.
Il polline è trasportato da un fiore all’altro della stessa specie rendendo possibile la fecondazione e la conseguente nascita di frutti e semi. Ciò può avvenire in diversi modi ma, nella maggioranza dei casi, è il lavoro incessante degli insetti impollinatori a rendere possibile questo miracolo.
Per questo, la riproduzione di oltre l’80% (circa 300.000 specie) delle piante selvatiche e il 75% delle nostre colture (più di 300 specie) dipende proprio dagli insetti impollinatori. Il valore di questo servizio è enorme: se gli impollinatori si facessero pagare per produrre il cibo che consumiamo, il costo per la società ammonterebbe ogni anno a circa 260 miliardi di euro.
Le api che alleviamo ci forniscono anche i loro preziosi prodotti: miele, polline, pappa reale, cera, propoli, da sempre utilizzati e apprezzati dall’uomo.
Quando sentiamo parlare di scomparsa delle api è importante sapere che non stiamo parlando solo dell’ape mellifera. Stiamo parlando di tutte le specie di apoidei presenti sulla terra che sono più di 25.000. Queste api considerate “selvatiche”, poiché non sono oggetto di allevamento, sono importantissime per l’impollinazione. La loro scomparsa è ancora più silenziosa, ma le conseguenze della loro estinzione sono altrettanto catastrofiche.
Il declino degli insetti costituisce una seria minaccia non solo per la loro biodiversità e per quella delle piante, ma anche per gli animali che si nutrono di insetti, come uccelli e anfibi, e per gli esseri umani, che rischiano di non disporre più di cibo a sufficienza.
A cosa è dovuta questa minaccia apocalittica?
Le cause sono molto complesse, collegate tra loro, e hanno alla base l’azione dell’uomo.
Tra le cause più importanti ci sono i pesticidi, largamente utilizzati da decenni nei sistemi agricoli convenzionali senza tenere conto delle conseguenze dirette e indirette sull’ambiente. Oggi ne conosciamo gli effetti nocivi e alcuni prodotti sono già stati messi al bando (per esempio l’Unione Europea ha vietato l’uso di alcuni insetticidi neonicotinoidi dei quali è evidente l’alta tossicità sugli impollinatori), ma, sempre rimanendo al contesto europeo, l’attuale sistema di valutazione del rischio è basato sulla mortalità delle api adulte.
Si tratta di una misura insufficiente, perché non vengono valutati gli effetti “subletali” dei pesticidi: nelle api ad esempio dosi ammesse provocano la perdita della capacità di orientamento e compromettono il sistema immunitario e riproduttore; si verificano effetti su generazioni successive di api, perché le nuove larve, nutrite anche a distanza di tempo con polline contaminato, non completano correttamente lo sviluppo, conducendo la colonia al collasso; e infine non sono presi in considerazione gli effetti su tutti gli altri insetti impollinatori selvatici.
I pesticidi, fungicidi ed erbicidi hanno una lunga persistenza nel terreno, e possono dunque inquinare acque e fioriture per anni dopo il loro utilizzo.
2 – CRISI CLIMATICA
La crisi climatica, causata dall’aumento della temperatura media e dalla concentrazione di CO2 nell’atmosfera, sta modificando il ciclo di vita delle piante. Siccità, violenti fenomeni atmosferici, improvvise gelate e picchi di calore compromettono la capacità delle piante di fornire nettare e polline, e fioriture anticipate o posticipate possono non essere adeguatamente “servite” (impollinate) e “sfruttate” (per raccogliere alimento) dagli insetti impollinatori.
Secondo un articolo della rivista Science dal titolo “The projected effect on insects, vertebrates, and plants of limiting global warming to 1.5°C rather than 2°C”, con l’attuale previsione per il 2100 di un aumento della temperatura media di 3,2°C, si prevede che il 49% degli insetti, il 44% delle piante e il 26% dei vertebrati si riducano nelle diverse regioni geografiche di oltre il 50%.
A 2°C, il dato scende a 18% degli insetti, 16% delle piante e 8% dei vertebrati. A 1,5°C, scende a 6% degli insetti, 8% delle piante e 4% dei vertebrati.
Ricordiamo che nell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, le Nazioni Unite si sono impegnate a fare tutto il possibile per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, mentre le precedenti aspirazioni si concentravano su un limite di 2°C.
3 – CONSUMO DI SUOLO E MONOCULTURE
La perdita di biodiversità, oltre a essere una pericolosa conseguenza, è anche una delle cause della morìa di api. Le distese di campi con coltivazioni agricole a monocoltura creano veri e propri deserti alimentari e un contesto ambientale in cui mancano luoghi adatti agli impollinatori per nidificare e riprodursi, rendendoli deboli e incapaci di adattarsi.
Un’altra minaccia per le api è il degrado del suolo, risorsa naturale alla base di servizi eco-sistemici che permettono e regolano la vita sulla Terra. Per formare 2,5 centimetri di suolo fertile occorrono 500 anni, tuttavia oggi fenomeni come erosione, contaminazione, salinizzazione, impermeabilizzazione, tutti – direttamente o indirettamente – causati dalle attività umane, rendono il suolo arido e sterile, mettendo a rischio gli ecosistemi di api e altri insetti. Per non parlare della cementificazione che in molte aree avanza a ritmi rapidi e costanti.
4 – MALATTIE E PARASSITI
In questo contesto gli impollinatori sono sempre più indifesi e indeboliti, incapaci di adattarsi alle mutazioni repentine che l’uomo provoca all’ambiente in cui vivono. Facilitato dalla globalizzazione, l’aumento di patologie e parassiti sempre più aggressivi è causa di indebolimento, collasso e morte di intere colonie. Gli apicoltori sono costantemente impegnati in azioni di controllo, prevenzione e molto spesso contenimento delle infestazioni, ma per gli impollinatori selvatici non ci sono tutele.
Gli insetti non sono tutti pericolosi o dannosi, non sono da sterminare indiscriminatamente.
Le soluzioni
Occorre ripristinare gli habitat naturali e riprogettare l’agricoltura. Le pratiche agroecologiche non solo favoriscono gli impollinatori, ma conservano anche i nemici naturali degli insetti, essenziali per contenere le specie di parassiti. Bisogna tornare a piantumare filari, siepi e prati polifiti ai margini dei campi, e praticare la rotazione delle colture con trifoglio o altre leguminose.
È fondamentale ridurre al minimo l’uso dei pesticidi, principalmente insetticidi e fungicidi, per consentire il recupero delle popolazioni di insetti, poter continuare a beneficiare negli anni a venire del loro lavoro e mantenere vivo l’ecosistema in cui viviamo anche noi.
L’eliminazione delle sostanze chimiche più pericolose per le api è quindi il primo e più efficace passo da adottare per difenderli.
CONSIDERAZIONI FINALI
Un elogio al miele e alle sue caratteristiche nutrizionali. E’ un alimento naturale, composto principalmente da zuccheri semplici, infatti circa l’80% del suo contenuto è dato da glucidi (fruttosio, glucosio ma anche zuccheri rari) ed altre sostanze in quantità limitate, tra cui proteine, acidi organici, sali minerali e vitamine e composti bioattivi che hanno benefici sulla salute. Molte delle sue proprietà erano già note (ricostituenti, antiinfiammatorie, energetiche, prebiotiche, antibiotiche, solo per citarne alcune) ma, con sorpresa può ridurre il rischio di sviluppare patologie croniche generalmente associate al consumo eccessivo di zuccheri semplici. Ed allora, in attesa di ulteriori conferme scientifiche (come sempre nel campo della ricerca), non consideriamolo solo uno zucchero semplice, come ci dicono le Linee Guida per una Sana Alimentazione.
Parlando di alimentazione, oltre un terzo delle colture alimentari mondiali dipende dagli impollinatori per riprodursi e le api mellifere da sole impollinano circa il 75% di frutta, verdura e frutta a guscio. La forte moria di api in tutto il mondo ha destato e desta grande preoccupazione e, oltre all’utilizzo di robotica e intelligenza artificiale per aiutare le api a prosperare, all’approvazione di un primo vaccino contro la peste americana, numerose campagne internazionali sono state lanciate per la loro tutela. Il 24 gennaio 2023 la Commissione europea ha dato una prima risposta all’iniziativa dei cittadini Ue “Salvare le api e gli agricoltori” (4) con un nuovo piano per salvare gli insetti impollinatori. Presentando il «New Deal» per gli impollinatori il commissario Ue all’ambiente Virginijus Sinkevicius ha preso una decisa posizione a favore del progetto di riduzione dell’uso di agrofarmaci: «Invitiamo gli Stati membri e l’Europarlamento ad approvare velocemente le nuove norme per il ripristino degli ecosistemi e la proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi che sono elementi chiave per fermare il declino degli insetti impollinatori in Europa».
E come sempre concludiamo, pensando alla dolcezza del miele e a chi ci regala questo sanissimo nettare, che sia sempre BUONO, PULITO e GIUSTO per TUTTI. (Mariagrazia Tripodi)
FONTI
1)Effect of honey on cardiometabolic risk factors: a systematic review and meta-analysis di Amna Ahmed, et al. Nutrition Reviews, Published: 16 November 2022.
nuac086, https://doi.org/10.1093/nutrit/nuac086
2)di Silvia Turin, Corriere della Sera, 28 dicembre 2022.
https://www.corriere.it/salute/nutrizione/22_dicembre_28/miele-abbassa-glicemia-colesterolo-zucchero-migliore-5851699c-81da-11ed-bdbc-e664b85fa1b1.shtml
3)https://www.slowfood.it/cosa-facciamo/slow-bees/
4)https://www.slowfood.it/la-coalizione-salviamo-api-e-agricoltori-al-parlamento-europeo