Roma 13 gennaio 2015. (ANSA) – “La libertà non ha limiti. Quel che fanno a Charlie Hebdo non lo fa nessun altro giornale in Francia, sono i soli che osano. Personalmente rispetto molto il lavoro e lo trovo fonte d’ispirazione”.
A parlare, in un’intervista all’ANSA, è Amina, la blogger tunisina che postando su Facebook una sua emblematica immagine a seno nudo nel 2013 è diventata il simbolo di una generazione che, dopo aver partecipato alla Primavera araba, cerca di percorrere fino in fondo la strada della libertà.
Ma che a chi le chiede se è andata alla grande manifestazione di Parigi, risponde: “Non posso camminare dietro Netanyahu, la Merkel, il re di Giordania…”.
Amina Sboui, nota anche come Amina Tyler, ha appena 19 anni, si è allontanata dal movimento delle Femen che aveva abbracciato in un primo momento, ha vissuto eventi tragici, è stata in prigione da dove ha continuato la sua battaglia di giustizia e ora vive a Parigi cercando di condurre un’esistenza normale dopo il ciclone che l’ha travolta.
Tutto questo lo racconta nell’intensa autobiografia, ‘Il mio corpo mi appartiene’, che esce in questi giorni in Italia per Giunti, e che ripercorre le tappe di quello che è stato un caso internazionale ma è anche la storia intima e drammatica di una ragazza ribelle che è rimasta delusa dalla politica del suo paese, dalla sua famiglia, dai suoi affetti più cari. E che non vuole tacere.
Come giudichi quello che è successo in questi giorni a Parigi? Uno dei killer dice di averlo agito in difesa dei musulmani e della Palestina, anche tu un tempo volevi manifestare per la Palestina, che cosa pensi in proposito?
“E’ scioccante e doloroso – spiega Amina all’ANSA -, l’avrà pur fatto per difendere i musulmani, ma anch’io domani potrei commettere un gesto orribile e dire che lo faccio per difendere una qualunque comunità! A sentire lui ha vendicato il profeta, in realtà non ha fatto che complicare la vita dei musulmani in Europa”.
Dopo quello che è successo, e con l’allerta ancora alto, ti senti meno sicura a Parigi?
“No. Vivo come prima e invito tutti a farlo, perché lo scopo di ogni atto terroristico è impaurire le persone: non dobbiamo aiutare questi pazzi a raggiungere il loro obiettivo”. Che cosa pensi dovrebbe fare l’Europa per evitare questi episodi ed aiutare il dialogo? “Bisognerebbe sorvegliare le moschee e anche le persone che sono state incarcerate: le prigioni in Europa stanno diventando campi di addestramento, molti dei comportamenti cui stiamo assistendo oggi sono maturati in carcere”, sostiene ancora Amina.
La battaglia che hai portato avanti è una battaglia di libertà molto coraggiosa, pensi che anche la satira sia un’espressione di libertà oppure a tuo avviso esistono dei limiti che vanno rispettati?
“Penso che non debbano esserci limiti. Non puoi dire a qualcuno ‘sei libero di fare ciò che vuoi, ma questo no’: la libertà non ha limiti. Quel che fanno a Charlie Hebdo non lo fa nessun altro giornale in Francia, sono i soli che osano. Personalmente rispetto molto il lavoro e lo trovo fonte d’ispirazione”.
Perché hai deciso di mettere letteralmente a nudo, dopo il tuo corpo, anche la tua vita in questa autobiografia in cui racconti episodi molto intimi e drammatici, come quelli delle violenze che hai subito da bambina?
“Perché spesso le persone hanno paura ad affrontare l’argomento, non ne hanno il coraggio; l’ho fatto per spingerle a parlare, per non farle sentire sole”.
Nella tua autobiografia descrivi in modo molto duro tua madre, mentre sei più clemente con tuo padre, quali pensi che siano le responsabilità delle donne nel mondo arabo e che cosa consigli alle ragazze che sono rimaste nel tuo paese?
“Le donne sono più rigide perché hanno vissuto il sessismo, il patriarcato e l’ingiustizia; questo le spinge a essere più prudenti, a desiderare che le loro figlie facciano senza discussioni quel che la società impone. Anche mia madre è fatta così. A tutte loro io consiglio di parlare, di non abbassare la testa, di essere forti”. Che cosa fai ora? Cosa pensi di fare nella vita? “Per il momento sono al liceo; in futuro vorrei scrivere un secondo libro, fondare un movimento, avviare in Tunisia un progetto per le donne che escono di prigione”.