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Feb 12 2022

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IL GRILLO SALTA NEL PIATTO: AUTORIZZATO L’USO ALIMENTARE

Dopo vermi e locuste, un nuovo sì al “novel food”. La decisione della Commissione Europea è stata fatta con l’intento di “promuovere una dieta più sostenibile” all’interno della Comunità 

grillo domestico

Il grillo domestico diventa il terzo insetto autorizzato come ingrediente alimentare per il mercato europeo. Lo ha deciso la Commissione europea affermando che l’esemplare, disponibile nella sua interezza e sotto diverse consistenze (congelato, essiccato o in polvere) è conforme a tutte le valutazioni e i criteri dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Ente che ne ha valutato e validato l’attendibilità e la sicurezza a tavola. Entra così nel nostro (potenziale) paniere quotidiani di alimenti anche il grillo, quello che sentiamo cantare d’estate, andando a seguire il destino del verme giallo e della locusta migratrice, entrambi già approvati durante il 2021. 

Una scelta non tanto dettata dall’esterofilia, come ironicamente si può leggere sui social network quando notizie simili cominciano a viaggiare di bacheca in bacheca tramite il tam tam tra Facebook e Twitter, ma una decisione orientata a promuovere in Europa “il passaggio a un’alimentazione più sostenibile” secondo quanto previsto dal Piano d’azione UE 2020-2030. Sottolinea infatti la Commissione in una nota come queste particolari tipologia di insetto non solo abbiano un alto contenuto di fibre e vitamine ma, di fatto, “possano essere una fonte proteica alternativa”. “L’autorizzazione – si legge nella nota – è stata approvata dagli Stati membri l’8 dicembre 2021, a seguito di una rigorosa valutazione dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare”. I prodotti contenenti il nuovo alimento “saranno etichettati in modo appropriato per segnalare eventuali potenziali reazioni allergiche”. 

Locuste a tavola: via libera Ue al secondo insetto commestibile

Il processo che ha portato all’arrivo di questi “novel food” (ovvero, per la legge, tutti quei cibi che non vengono considerati tali o non vengono massivamente consumati in Europa) è nato in realtà molto tempo fa. Ovvero nel 2014 quando, recependo i comportamenti di alcuni Stati membri come l’Olanda e il Belgio (chi ricorda la birra a base di insetti nel padiglione belga a Expo 2015?), la commissione Europea approvò un cambio al regolamento (il (CE) 258/97) che prevedeva la semplificazione nel processo di acquisizione e approvazione di queste tipologie di alimenti, con in pole position proprio gli insetti. Una delle motivazioni è l’utilizzo da parte di milioni di persone in tutto il mondo di grilli&Co. nell’alimentazione quotidiana. Un po’ come accade in Italia e Francia, ma non solo, con lumache ed escargot. Chiave di volta nel cambio di approccio al problema è stata la tipologia di mangime e di allevamento utilizzato per questi insetti (proprio come per alcune lumache e come per i grilli domestici): l’EFSA aveva infatti stabilito (ottobre 2015) che lì dove gli insetti fossero stati alimentati con mangimi autorizzati nella Comunità allora non c’era motivo di temere problemi e pericoli microbiologici diversi da quelli di altre tipologie di proteine che già assumiamo quotidianamente all’interno della nostra dieta.  

Tarli fritti 

I grilli che saltano metaforicamente sulle nostre tavole sono di fatto figli di questi cambiamenti legislativi, anche se la loro approvazione arriva circa un quinquennio dopo l’approvazione effettiva del cambio di regolamento. A precederli il verme giallo, detto anche tarma della farina, e le locuste. Fattore prevedibile e dovuto soprattutto alla capacità di allevamento di questi insetti e alla loro diffusione in Paesi terzi studiati e valutati negli ultimi anni da Commissione Europea e EFSA. Funzionerà, in questo caso, il modo di dire secondo cui il Paese reale (in questo caso il Paese che mangia) precede il Parlamento? Probabilmente no, almeno non in Italia, se è vero che solo poco più di un anno fa uno studio di Coldiretti/Ixe aveva evidenziato come il 54% degli italiani considerasse gli insetti eccessivamente distanti dalla nostra cultura gastronomica (pur evidenziando gli uomini come di media più possibilisti rispetto alla compagine femminile). Alla base di tutto, secondo numerosi studi sociologici, il senso del disgusto che però potrebbe essere contrastato con una corretta informazione e promozione del prodotto in sé.  Fonte: IL GUSTO, Lara De Luna, 11.02.2022

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