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Set 07 2023

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GRANCHIO BLU, DALLA PESCA SELETTIVA ALLA CATTURA NEL PERIODO DELLA MUTA: ECCO SOME FERMARLO

Il granchio blu ha le ore contate?  A Chioggia il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida incontra i pescatori locali per discutere le misure di contrasto al famelico predatore che sta mettendo in ginocchio le molluschicolture del Veneto.

E nel pomeriggio nel Consiglio dei Ministri si approverà lo stanziamento di 2,9 milioni di euro “per contenere il fenomeno della diffusione del granchio blu e impedire l’aggravamento dei danni inferti all’economia del settore ittico”, come si legge nella bozza del decreto legge su taxi e voli.

Una specie aliena invasiva

La somma è destinata ai consorzi e alle imprese di acquacoltura che provvederanno a catturare e smaltire i granchi. Basterà per fermare questo crostaceo così vorace e aggressivo da essere addirittura cannibale? Pressoché privo di predatori naturali, il granchio blu è una delle specie aliene più invasive. «Il suo nome scientifico, Callinectes sapidus, è rivelatore: significa bravo nuotatore saporito» spiega la biologa Lucrezia Cilenti, direttrice del Cnr di Lesina e autrice di diversi studi sul tema. «In effetti questo crostaceo è molto rapido nello spostarsi – grazie anche all’ultimo paio di zampe, che sono a paletta – e nel conquistare porti, lagune ed estuari».

Come è arrivato da noi il granchio blu

Come è arrivato nel Mediterraneo, questo ospite vorace e indesiderato? «È originario del Nord America, soprattutto della baia di Chesapeake, ma si può trovare fino alle coste nord dell’Argentina, dove esiste un’economia molto forte per questi granchi che vengono anche allevati e trasformati. Ed è arrivato da noi con la globalizzazione dei trasporti, per via delle acque di sentina delle grandi navi» spiega Cilenti. «Il primo avvistamento nelle nostre lagune risale al 2007, in regime di riscaldamento climatico che ha fatto trovare un ambiente idoneo alle larve».

La pesca selettiva

L’invasione è preoccupante per la biodiversità dei fondali e per gli allevatori di molluschi, e le strategie di difesa sono diverse: «Un metodo che raccomandiamo è la pesca selettiva» spiega Cilenti. «“Selettiva” non solo nel senso di reti e trappole specifiche per questa specie, che pure sono opportune, ma anche nella scelta del dove e quando pescare. Sappiamo che le femmine, nel periodo di deposizione delle uova, si spostano dove le acque sono più salmastre, e quindi più salate, mentre i maschi prediligono le acque delle aree più interne, sempre salmastre però vicine a rivoli di acqua dolce. Queste conoscenza ci permettono di indicare ai pescatori i luoghi – ovvero i canali di comunicazione con il mare – e tempi – la primavera e poi il periodo da luglio a settembre – più adatti per intercettare le femmine prima che arrivino in mare a deporre le uova». Anche perché ne depongono tantissime: «Dai 2 agli 8 milioni per volta, che rilasciano in mare» spiega Cilenti. «Non solo: le femmine hanno anche un’altra particolarità preziosa per proliferare: dopo l’accoppiamento possono conservare il seme del maschio in un’apposita sacca interna. Così, quando si trovano in ambienti nuovi e idonei alla sopravvivenza, si autofecondano. E possono continuare a deporre più volte uova fecondate anche se si sono accoppiate una volta sola».

Un impatto distruttivo

L’impatto sugli ecosistemi è distruttivo: «È una specie opportunista e mangia qualsiasi cosa: abbiamo trovato nei loro stomaci non solo microplastiche ma addirittura metalli. Questo perché non vuole spendere molte energie per trovare il cibo, e quindi semplicemente mangia tutto quello che si trova davanti: prende con le sue chele possenti molluschi, pesci, crostacei e altri granchi blu». Come sta accadendo in questo periodo nella sacca di Goro, dove c’è un allevamento importante di vongole veraci. «I granchi blu hanno trovato queste vongole già esposte sulla superficie del sedimento e ne hanno fatto incetta, causando un netto decadimento delle popolazioni e forti danni ai molluschicoltori».

Pesca durante la muta

Un’altra strategia suggerita dalla scienza è approfittare del momento di maggior debolezza di questi granchi così forti e coriacei per trasformarli in manicaretti prelibati: «Almeno due volte l’anno, a seconda che si tratti di adulti o giovani, i granchi blu fanno la muta. E noi in Italia conosciamo bene questo processo: a Chioggia e Venezia, per esempio, dai granchi verdi si ottengono le “moleche”, ovvero i granchi molli, prodotto edibile fantastico, perché permette di mangiare il 70% del granchio, con costi che vanno da 70 a 150 euro al chilogrammo» spiega Clienti. «Si può fare anche con i granchi blu». Il gruppo coordinato dalla biologa ha già effettuato degli esperimenti per le “moleche blu”, usando vasche seminterrate prospicenti alla laguna di Lesina, nell’ambito del progetto “Catch Up Fish” con la Regione Puglia. «Ne abbiamo fatto una piccola produzione individuando i segni pre-muta» spiega Cilenti.

«Ora, non dobbiamo sicuramente incentivare l’allevamento di questa specie, ovvio. Però l’uso alimentare dei granchi, in ottica di controllo della popolazione, è sicuramente una strada promettente: soprattutto se pensiamo alla trasformazione in polpa di granchio e polpette e hamburger. Sarebbe senz’altro una strategia più sostenibile del mandare i granchi al macero per produrre mangime per polli, come si sta facendo attualmente nell’area veneto-romagnola». Esistono anche altri impieghi per i granchi estratti dalle acque «L’industria farmaceutica potrebbe avere un interesse nel recupero degli scarti» spiega Cilenti. «Il carapace del granchio è ricco di chitina, di chitosano, di astaxantina: sostanze utili per la nutraceutica in quanto anoressizzanti e utilizzabili quindi come integratori nelle diete». L’importante è non prendere un granchio. Ma prenderne tantissimi.   Fonte: laRepubblica, IL GUSTO, Giuliano Aluffi, 07.09.2023

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