La ricorrenza è stata creata dall’Onu nel 2017 fa per sensibilizzare sull’importanza dei piccoli impollinatori, che sono sempre più a rischio. Dalla loro sopravvivenza, però, dipende il cibo che mangiamo
“Le api sono un tipo di mosche, create da Dio perché con la loro diligenza e il loro instancabile lavoro provvedano alle esigenze dell’uomo di prodotti insostituibili come il miele e la cera. Tra tutte le creature del Signore, non ce n’è altra che sia allo stesso tempo utile, docile, e poco esigente, com’è l’ape”. Così le descriveva lo sloveno Anton Janša, precursore dell’apicoltura razionale, che nella seconda metà del Settecento dedicò la vita all’osservazione e all’allevamento degli operosi insetti sociali.
Tutti gli apicoltori gli sono in qualche modo debitori, così quando l’Onu ha deciso di istituire una giornata mondiale per sensibilizzare all’importanza degli impollinatori è stato spontaneo scegliere il giorno della sua nascita, il 20 maggio (1734).
E la maggiore attenzione al benessere delle api sembra davvero urgente, se sempre di più si segnalano morie. Come quello denunciato lo scorso marzo da Greenpeace e Apilombardia, secondo cui oltre 10 milioni di api non hanno fatto più ritorno ai loro alveari. È accaduto tra le province di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia, nella pianura caratterizzata da una prevalenza di monocoltura di mais, destinato ai mangimi animali, dove già l’anno precedente si era registrato lo stesso fenomeno.
Colpevole a detta di Greenpeace è l’uso di pesticidi durante la semina di mais. La soluzione sarebbe solo una: “una radicale transizione dalle attuali pratiche agricole industriali e intensive, verso un modello agroecologico“.
È lo stesso pensiero di Corrado Assenza, chef e pasticcere filosofo che al miele ha dedicato non pochi esperimenti per allargare i confini della conoscenza gastronomica: “le api sono messe in pericolo dall’agroindustria. Dobbiamo de-industrializzare l’agricoltura se vogliamo salvaguardare la biodiversità”.
E infatti, secondo l’insegnamento che ci ha lasciato l’etologo e entomologo Giorgio Celli, “la scomparsa delle api potrebbe causare una carestia mondiale”, considerando che “oltre un terzo delle coltivazioni da cui dipende la nostra dieta vengono impollinate col lavoro delle api” e che paradossalmente “servono anche per la produzione di carne, dato che questa a sua volta dipende dalle colture come l’erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati da allevamento”.
Api nomadi da ospitare
Le api non sopravvivono ai pesticidi. Di contro, la loro presenza indica un ambiente pulito e chi ha a disposizione spazi incontaminati sempre più si presta ad ospitarle. Come la famiglia Malinverno a Isola Dovarese nel cui vigneto accoglie gli apicoltori che fanno transumanza delle api. “Mettiamo a disposizione la vigna – racconta Federico Malinverno – dove albergano gli apiari in concomitanza della fioritura nelle vicinanze”.
O come, nel Trevigiano, il progetto APInVIGNA, una sperimentazione coordinata da Confagricoltura Treviso e avviata dal 2019 nei vigneti della tenuta Rive degli Angeli di proprietà dei 5 Comuni del Consorzio del Bosco Montello, gestita da Giusti Wine. Nelle arnie tra i filari vengono monitorate le api per migliorare la convivenza tra apicoltura e viticoltura e garantire l’equilibrio.
O, ancora, come il parco di Grassina nel comune di Bagno a Ripoli dove è stato inaugurato un progetto di apicoltura urbana per promuovere la conoscenza da parte dei cittadini (e dei bambini che frequentano il parco) delle piccole creature fondamentali per l’ecosistema.
Sono solo alcuni esempi di come in Italia si stia affrontando l’emergenza che ha visto negli ultimi anni una costante riduzione della produzione di miele, come ricorda la FAI – federazione apicoltori italiani – al Ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, e al Sottosegretario all’Agricoltura, con delega all’Apicoltura, Gian Marco Centinaio.
Miele: usi innovativi in cucina
Certo il miele non è il solo dono delle api, ma di sicuro è uno dei più preziosi. E proprio il miele, anzi i mieli sono il simbolo della biodiversità, per cui tanto si era battuto il “pastore di api” Andrea Paternoster, recentemente scomparso, che con la sua azienda Mieli di Thun aveva contribuito a diffonderne la cultura. “In un mondo di omologazione di millefiori dello stesso colore, perché così si credeva che il mercato volesse – ricorda Corrado Assenza che era suo grande amico – aveva fatto comprendere ai suoi stessi colleghi che la diversità di gusto, colore e consistenza è una ricchezza, non un difetto. Avevamo creato insieme un caleidoscopio, il nostro catalogo pantone dei mieli”.
Corrado Assenza è anche tra i pionieri di un nuovo modo di usare il miele in pasticceria e in cucina. In modo che lui stesso definisce scompaginato, non ortodosso. “In natura è dolcezza allo stato puro, ma c’è molto di più. I suoi poteri sono ancora tutti da esplorare. Con le carni e i pesci sono perfetti per marinature lunghe, le conservazioni di tagli difficili, come la spalla, che il miele non solo addolcisce ma, togliendo acqua, lavora sui tessuti più duri. È uno zucchero molto concentrato e lavora per osmosi, un lavoro bio-fisico-chimico: ha il potere di togliere liquidi ma non sali minerali. Così prepara le fibre a una cottura, a bassa o bassissima temperatura, completamente diversa e riesce a mantenere il gusto vero dell’animale perché non è deformato dalla cottura. Un po’ come il sale negli insaccati”.
Ecco allora la spalla marinata sei ore con miele di erica, accompagnato dall’alga “mauro” e gelato fiordilatte alla cipolla. Anche il pesce si presta particolarmente. Come la triglia marinata per pochi minuti nel miele di acacia aromatizzato al pepe bianco e zenzero, da accompagnare a gelato all’origano fresco o il gambero, marinato nel miele allo zafferano, da servire su tartellette al tè verde o ancora i filetti di sgombro, marinati tre ore in miele d’arancio prima di passare all’oliocottura.
Miele passione anche per Giuseppe Iannotti, dello stellato Kresios di Telese Terme. “Per me il miele – spiega – è come l’olio extravergine di oliva, un grande ingrediente, molto più che un semplice accompagnamento per formaggi. In pasticceria i mieli sono di gran lunga superiori allo zucchero perché hanno uno spettro aromatico ben più complesso. Nella mia cucina lo uso molto più dello zucchero, da alcune salse alla maggior parte dei dessert“.
Ecco allora il dolce al litchi e violetta con gelato al miele di corbezzolo, o i Cannelé alla melannurca laccato con miele di acacia o, ancora, le finte olive di cioccolato con miele di sulla.
Anche Emanuele Scarello del ristorante agli Amici a Godia, Udine, ha sperimentato nel tempo diverse strade dei mieli, anche per marinare la cacciagione. Proprio in collaborazione con Paternoster aveva creato la sua ricetta di Sella di cervo con purè di sedano rapa e mostarda di bacca di rosa canina. Il cervo è marinato per sei ore nel miele di rosmarino, grande prodotto della sua regione. Dopo la cottura viene vaporizzato con acquavite di miele.
Lo chef friulano usa moltissimo il miele in molte preparazioni, dal pane impastato con miele di castagno (“ti arriva un profumo incredibile!”) al miele di ciliegio che diventa elemento di uno speciale cocktail, il Barefoot in the garden. Scarello inoltre collabora con una giovane apicultrice che alleva una specie di api carniche, l’antica ape grigia che i vecchi apicoltori ricordano e che c’è tuttora in Austria e Slovenia. E così torniamo ad Anton Janša che proprio tra Slovenia, sua terra e Vienna, nella cui università aveva insegnato.
Api da salvare: non solo mellifere
Jansa amava tutte le api, non solo quelle mellifere. E oggi la sua lezione rivive nella campagna Coop “Ogni ape conta”, una sorta di manifesto antidiscriminazione per le api che non bottinano miele. Coop ha già all’attivo oltre 1 miliardo di api ospitate ogni anno dalle aziende sue fornitrici, ma con il nuovo progetto vuole allargare la tutela anche alle “api solitarie”, in particolare le osmie che non producono miele, ma svolgono comunque, anzi meglio, l’opera dell’impollinazione: è di oltre il 90% l’efficacia di fecondazione dei fiori visitati, più alta rispetto all’ape mellifera. Queste api gentili, perché più docili, sono però meno conosciute. Per facilitare la loro presenza sono state posizionate nelle prime 36 aziende agricole che hanno aderito, dal Trentino alla Sicilia, 100 casette per consentire alle osmie di nidificare. Studiandone il comportamento potremo avere un quadro complessivo dello stato di salute del territorio.
Flower Bomb Challenge
Intanto Slow Food ha creato un nuovo presidio, quello dell’ape nera del ponente ligure, tipica del territorio, ma a rischio estinzione a causa degli effetti del cambiamento climatico, dell’utilizzo dei pesticidi e dei danni dovuti alla vespa velutina. Inoltre, deve fare i conti con l’erosione genetica per l’introduzione reiterata, da parte dell’uomo, di altre sottospecie di api o di ibridi commerciali.
E ha lanciato la sfida Flower Bomb Challenge, una campagna europea già diventata virale. L’idea è di costruire delle “bombe di fiori” da spargere in giro, in giardino, in campagna, nei parchi e dovunque anche nelle città ci sia terra dove possano crescere. Si tratta di un mix di semi di fiori selvatici e locali, argilla e terra.
Si prepara così, spiegano dall’associazione:
- Mescola 1 tazzina di semi con 5 tazzine di compost senza torba e 2-3 tazzine di argilla in polvere (puoi usare il terriccio se ce l’hai) in una ciotola.
- Aggiungi lentamente dell’acqua e mescola con le mani fino a quando tutto si amalgama bene.
- Fai delle polpettine con il composto.
- Lascia asciugare le palline in un posto soleggiato.
- Una volta asciutte, arriva la parte divertente. Pianta le tue bombe di semi lanciandole nelle parti spoglie del giardino o nei terreni incolti della città (rotatorie trascurate, aiuole e fioriere ecc.) e aspetta di vedere cosa salta fuori!
- Fai foto o video mentre le prepari, pubblicale sui tuoi profili tagga tre amici per incoraggiarli a fare le loro bombe con gli hashtag #FlowerBombChallenge e #SaveBeesandFarmers e taggaci su Facebook Facebook (@Italia.slowfood @sfynitalia) Twitter (@SlowFoodItaly) e Instagram (@slow_food_italia, @sfynitaly)
- Firma l’Ice, Iniziativa dei Cittadini Europei, per la salvaguardia di api e agricoltori.
Fonte: Gusto, Eleonora Cozzella, 20.05.2021