Con l’operazione “Scarlatto” i Militari del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, con le Unità dell’Arma Territoriale e Forestale, hanno sequestrato più di 4mila tonnellate di prodotti etichettati come italiani ma fatti con materia prima straniera. Ma la truffa è solo l’ultimo dei problemi della filiera
Lavorazione pomodoro
Non dobbiamo più prestare attenzione solo all’american sounding, quella pratica scorretta che prevede la vendita di prodotti di ispirazione italiana ma in realtà fatti all’estero, senza materie prime italiane e senza seguire le nostre ricette o i nostri disciplinari.
Adesso la frode arriva proprio da qui, più precisamente da Livorno, dove sono stati sequestrati dai carabinieri 4mila tonnellate tra prodotti finiti e semilavorati a base di pomodoro proveniente da paesi extra Ue e venduto come autenticamente italiano o addirittura come 100% toscano. Il sequestro ha un valore commerciale di almeno 3 milioni di euro.
L’azienda è Petti e sei sono le persone indagate, tra dirigenti e responsabili della contabilità, per una frode che sembra davvero essere la più grande truffa alimentare mai scoperta. Secondo quanto ha dichiarato a Fanpage il colonnello Luigi Cortellessa incaricato delle indagini, comandante dei carabinieri per la Tutela agroalimentare, non c’era niente di italiano nella materia prima usata dall’azienda, nonostante l’etichetta dei prodotti strillasse l’opposto e l’azienda nel suo marketing facesse un vanto della provenienza nazionale della sua produzione.
L’azienda sta continuando a lavorare, e sono state fermate solo le linee dedicate alla passata di pomodoro incriminata.
Sui social network il brand non ha dato la sua versione dei fatti e non ha commentato la notizia, ma in un comunicato sostiene che quelle confezioni non fossero destinate al mercato italiano. Il problema dell’etichettatura falsa rimarrebbe comunque. L’azienda, prosegue il comunicato, intende chiarire tutti gli aspetti della vicenda con le autorità “in quanto la merce semilavorata industriale di provenienza estera, rinvenuta tra lo stock di prodotto toscano e italiano stivati nei magazzini, viene regolarmente utilizzata come da altre aziende del settore conserviero per il confezionamento di prodotti a marchi terzi, destinati all’esportazione fuori dall’Italia”.
E se i responsabili non danno altre spiegazioni, i clienti del brand esplicitano la loro delusione per un’azienda che ha fatto del made in Italy e del brand Toscana un cavallo di battaglia.
La frode è solo l’ultimo dei danni emersi nella complessa filiera del pomodoro: caporalato e sfruttamento dei lavoratori agricoli, aste dei discount e prezzi bassissimi per la materia prima pagati agli agricoltori sono problemi che da sempre inquinano uno dei prodotti che più identificano la nostra gastronomia nazionale. Fonte: Linkiesta, Anna Prandoni, 29.04.2021