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Set 18 2019

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DONNE POCO ADATTE A FARE LO CHEF? È POLEMICA TRA LE STAR DELLA CUCINA

Acceso dibattito sulla differenza di genere ai fornelli (e non solo). Dai tristellati Alléno e Crippa alla pluripremiata Manu Buffara, le opinioni raccolte da Sapori

Quando Clare Smyth, chef e titolare del Core di Londra (già tre stelle Michelin alla guida del locale di Gordon Ramsey), ha ricevuto il riconoscimento di miglior chef donna al mondo nell’ambito dei World’s 50 Best Restaurants, le chiesero cosa si provasse a essere una donna chef oggigiorno. La sua risposta fu: “Non lo so. Come potrei saperlo? Non sono mai stata una chef uomo”.
Ecco, non si può fare un paragone tra due situazioni, se non si sono vissute entrambe. Questo rende il dibattito sulla differenza di genere molto complesso, perché spesso si parlano lingue diverse.
A rendere l’attrito ancora più evidente è stato un incontro a Parigi durante i 50 Best Talks, serie di dibattiti organizzati periodicamente in diverse città del mondo per ragionare su diversi temi. L’argomento principe avrebbe dovuto essere lo stato dell’arte della cucina contemporanea francese, ma al momento delle domande del pubblico, una ha gelato i relatori: “Excuse me, where are women?”. Sì, perché sul palco c’erano cinque chef a rappresentare la Francia, ma erano tutti uomini.
Tra l’imbarazzo del panel, il pluripremiato Yannick Alléno ha tentato una risposta, che ha sortito l’ effetto contrario a quello desiderato. Ha detto che le donne, pur numerose ed elementi fondamentali nelle sue stesse cucine (ne ha 46 nelle brigate dei suoi locali, quattro dei quali nella sola Parigi) sono in generale in minoranza numerica nell’alta cucina perché è per loro più difficile affrontare un lavoro dai ritmi serratissimi e orari difficili, dovendo magari occuparsi della casa e dei figli. Ha detto che cerca di andare loro incontro con turni mattutini o pomeridiani perché, essendo in famiglia le deputate alla cura dei figli, cerca di farle andare a casa presto. E ha poi sottolineato che rientrare a casa da sole la notte è più pericoloso e si preoccupa per le sue dipendenti.

La platea non ha gradito la risposta, ritenuta maschilista, anche se la sensazione a freddo è quella che il re Mida della ristorazione (tutto quello che tocca riceve piogge di stelle) abbia solo avuto l’ingenuità di dire quello che spesso accade. E che è un problema della società, non solo della cucina: che nell’ambito di una famiglia, se uno dei due coniugi deve rinunciare alla carriera a vantaggio dei figli, di solito è la donna. In molti altri ambiti professionali. Succede nella politica (vogliamo ricordare quando le donne hanno ottenuto il diritto al voto?) tanto che in molti paesi sono state decise le quote rosa, nel mondo accademico (le più brillanti ricercatrici donne si trovano spesso gli uomini come titolari di cattedra), a livello di top management privato (con l’aggravante che, a parità di mansioni, le donne sono anche retribuite meno).

È la società che in questo deve cambiare.

Lo ha capito a sue spese lo stesso Alléno, che ha detto a Sapori di essere stato travolto dalle critiche dopo il suo intervento, e si dice costernato per essere stato frainteso.

Ho avuto un vero e proprio choc. Non esagero. Ma è stata una lezione importante. Non mi ero mai veramente reso conto del clima di tensione, dell’insoddisfazione, della sensazione di non essere valorizzate delle donne. Invece è importante prenderne coscienza. Ho parlato con altri colleghi e sono d’accordo con me. Si parla spesso di differenza di genere in cucina, ma non avevamo mai davvero realizzato quanto il clima fosse incandescente. Adesso bisogna agire e dimostrare concretamente che l’ammirazione che abbiamo per le colleghe è immensa. Per esempio il mio neo stellato locale a Seoul, Stay, è guidato da una donna, Hea Young Choi, cui sono legato da grande stima. Ma mi rendo conto di non averla mai messa sotto i riflettori come merita”.

Lo chef belga Christophe Hardiquest, due stelle Michelin col suo Bon Bon a Bruxelles, dice che le donne in cucina sono una ricchezza: “Abbiamo una visione differente quindi il processo creativo ne guadagna. Inoltre per me sono emblema di un grande dialogo, portatrici di evoluzione. Ho avuto due sous chef donne molto in gamba che adesso hanno i loro locali. Non ho mai visto la differenza tra la loro tenacia e forza e quella degli omologhi maschi”.

Stessa forza e vigore di un uomo, con la capacità di affrontare orari di anche 12 ore senza pause è quella che riconosce Ana Roš, già World’s Best Female Chef 2017, del ristorante Hiša Franko di Kobarid in Slovenia: “La differenza è sempre da persona a persona e non da uomo a donna. Quando Marco Pierre White disse che non amava tenere donne in brigata perché sono troppo emotive e volubili, veramente lo sentii come un insulto. Abbiamo stessa capacità di concentrarci e macinare ore di lavoro, in più siamo multitasking, cosa che ci permette di essere anche madri e mogli senza rinunciare alle ambizioni professionali“.

 

Per il tre stelle del Duomo di Alba, Enrico Crippa, poi, è incredibile che alle soglie del 2020 qualcuno pensi che ci sia differenza tra uomini e donne in cucina, o che il gentil sesso abbia difficoltà a gestire un lavoro impegnativo come quello dello Chef.

Personalmente – afferma – trovo superfluo parlare di tutto ciò, nel team di Piazza Duomo abbiamo sempre avuto presenze femminili, in qualche momento abbiamo 3-4 ragazze, in altri una e in altri nessuna, ma questo dipende semplicemente da una naturale rotazione del personale. La storia della gastronomia italiana è piena di esempi di grandi donne al timone di una cucina, e non parlo propriamente dell’altro ieri. Posso citarne tante e perdonami se non le ricordo tutte: da Lidia Alciati a Annie Feolde, da Nadia Santini a Luisa Valazza fino a Valeria Piccini e tante altre ancora. E oggi abbiamo una schiera di talenti femminili in giro per lo stivale e per il mondo che non hanno certo bisogno di strumentalizzazioni per esprimere il loro valore. Per portare esempi validi non ho neanche bisogno di guardare lontano, la storia della ristorazione qui in Piemonte è fatta di donne chef che ne hanno scritto la gastronomia: dalle già citate Lidia Alciati e Luisa Valazza a Elide Mollo de Il Centro a Priocca, da Mariagela Susigan a Caluso con il suo Gardenia a Marta Grassi del Tantris a Novara e poi i grandi nomi delle piole come Gemma a Roddino e Renza a Castiglione Falletto. Il mio pensiero è che non bisogna concentrarsi sul sesso di chi c’è dietro un piatto, piuttosto valutare quanta personalità si riesce a far trasparire dalle proprie creazioni e, molto spesso, le colleghe donne mettono nei loro piatti la loro sensibilità, il fascino e l’eleganza. E non sono certo punti deboli, anzi“. 

Le donne, e in questo caso le cuoche, ci stanno provando. Applauditissima è stata nel talk successivo Manu Buffara, Best Female Chef del Sud America. Sentita da Sapori ha detto che “in effetti ancora oggi molti ci vorrebbero relegare alla casa, all’accudimento dei figli. Ma proprio questa sfida poi ci fa lavorare ancora più duro per raggiungere quei risultati prima appannaggio maschile”. L’esser donna e madre per lei non vuol dire rinunciare ai sogni di carriera, anzi perseguirli con più vigore per dare loro l’esempio. Ha raccontato che quando i suoi due bambini la vedono uscire, ogni volta chiedono: devi andare a lavorare? Lei risponde: “No, vado a cambiare il mondo”. Fonte: La Repubblica, Eleonora Cozzella, 18.09.2019

 

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