L’appello dal Forum Nazionale dell’Agricoltura Sociale
«Chi sa che non sia arrivato il momento di cambiare direzione, e investire tutte le energie possibili nel ricostruire un Paese solidale e più equo». Si conclude con questo auspicio l’appello che il Forum Nazionale dell’Agricoltura Sociale ha rivolto alla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova e al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Quelle firmate dal portavoce del Forum Giuliano Ciano sono due lettere che non rappresentano solo la richiesta di aiuto a un settore che rischia di finire schiacciato dalla crisi, ma anche la richiesta di essere riconosciuti per la propria funzione pubblica, che «ha sempre prodotto valore attraverso azioni singole con benefici collettivi». Tra le richieste che il Forum avanza quella di una misura straordinaria nazionale di sostegno all’agricoltura sociale e il riconoscimento delle strutture interessati quali “presidi di comunità essenziali”.
Il “mondo” dell’agricoltura sociale è popolato di aziende agricole, fattorie, botteghe dove si effettua la vendita diretta, agriturismi e agri-ristori la cui principale missione non è perseguire esclusivamente il profitto, ma fornire servizi alla collettività e alla persona come nel caso dell’inserimento lavorativo di persone fragili. La grande vitalità di queste aziende, il fatto di essere in gran parte gestite da giovani e in molti casi da donne, l’attenzione alla sostenibilità ambientale unitamente a quella etica, la dimensione di relazione con la comunità in cui si trovano, il recupero di un patrimonio che spesso afferisce a proprietà pubbliche, statali, demaniali, beni comuni e anche beni confiscati alle mafie le fa diventare luoghi di costruzione di paradigmi alternativi che sono e diverranno sempre più necessari per un rapporto più equilibrato con gli ecosistemi.
Ma c’è anche un altro motivo per cui occorre investire, e con prontezza, in queste realtà ed è che queste al pari di altri esempi di agricoltura civica, possono rappresentare una risposta concreta per uscire dalla crisi sociale ed economica che deriva dall’emergenza sanitaria. L’agricoltura civica, come sottolinea anche Corrado Fontana su “Valori”, ha dato prova di grande resistenza nonostante le restrizioni imposte dal lockdown e nella fase 2, quella del rilancio economico, dovrebbero costituire modelli da replicare e moltiplicare.
Modelli resistenti, ma anche resilienti si potrebbe dire grazie alla grande capacità delle economie solidali di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e alla grande capacità di relazione con l’utenza. La pandemia ha portato, secondo i produttori delle reti economiche solidali, un numero maggiore di persone a riconosce il vantaggio di quei sistemi di produzione che promuovono un approccio agroecologico, attento al clima e al paesaggio e alla legalità nei rapporti di lavoro. Una filiera buona, pulita e giusta. È da qui che possiamo ripartire. Fonte: Slow Food, Giorgia Canali, g.canali@slowfood.it, 11.05.2020