I rappresentanti della rete di Slow Food e di Terra Madre provenienti da 90 Paesi del mondo, riuniti in Congresso a Chengdu in Cina hanno votato anche la Dichiarazione di Chengdu e sei mozioni congressuali che rappresentano gli orizzonti comuni e i fronti dell’impegno internazionale di Slow Food.
La sensazione è che avremo bisogno di tempo per comprendere pienamente la portata storica di questo congresso, un po’ come era accaduto con Terra Madre nel 2004. Ma fin da subito possiamo sentirci orgogliosi di far parte di un’Associazione che sa rilanciare i temi più nobili delle politiche alimentari planetarie, come il diritto al cibo, la difesa dell’ambiente e della biodiversità, la lotta ad ogni genere di iniquità fra i popoli e le persone. E nello stesso tempo sa mettere in campo azioni e progetti per raggiungere gli obiettivi politici. Una sfida non meno impegnativa è quella che riguarda il cambiamento necessario all’organizzazione di Slow Food a tutti livelli, da quello internazionale e quello locale, in ogni parte del mondo, con la necessità di adattare l’organizzazione ad ogni contesto sociale e culturale, nel rispetto di ogni diversità. Un cambiamento che non può essere imposto dall’alto ma deve essere costruito dal basso, verso un’organizzazione meno piramidale e più orizzontale, capace di mettere le persone nelle migliori condizioni per poter esprimere la propria vocazione “slow”, senza barriere e senza filtri di alcun genere. Insomma i partecipanti al Congresso di Chengdu portano a casa stimoli ed emozioni che arricchiscono il patrimonio di tutta l’associazione, perciò ai delegati ora spetta il compito di condividere questo patrimonio con tutta la rete associativa in ogni angolo del mondo. Gaetano Pascale
Assistere a un congresso internazionale in Cina ha spostato baricentri e portato il sorriso della partecipazione. Un mondo slow food che vuole divertirsi, discutere ed ha un bisogno reale di conoscere. Conoscere l’altro da noi che come noi è parte di un sistema complesso e necessita di solide basi. Menu for Change sarà una delle sfide più complesse in ambito scientifico e proprio per questo la più coinvolgente. Rachele Lodi
Le giornate di Chengdu sono state una continua fermentazione di stimoli, parole e incontri. Mai come oggi il nostro congresso ha incarnato i valori di Terra Madre: un grande momento di scambio tra chi si sente e pratica Slow Food in tutto il mondo. Lo scambio di storie ed esperienze è stato ancora una volta il motore immobile di questo grande incontro. Chengdu è stata un’occasione unica di confronto su cosa significhi fare Slow Food in una comunità di produttori agroecologici in Africa, in una scuola nordamericana, in una metropoli latina permettendo di riflettere sui minimi comuni multipli di ciò che rappresentiamo e di ciò che facciamo e riscoprirci uniti da questi. Un’entusiasmante ricchezza intrecciata dalle nostra rete. È proprio questa ricchezza che ci siamo impegnati ad abbracciare. Ci siamo dati 3 anni per farlo. La diversità non è solo alla base del nostri sistemi ecologici, ma anche della nostra rete. Starà a noi lavorare in questi anni per accompagnare (/continuate) questo processo rigenerativo che, se ben fatto, sarà l’occasione di portare tanto ossigeno ed energie anche nella nostra rete italiana. Ludovico Roccatello
Partecipare al Congresso di Chengdu per i delegati penso sia stato , oltre che un momento di discussione, di elaborazione e di definizione dei temi portanti la nostra associazione, un concentrato di stimoli emotivi, di sentimenti, qualche volta anche contrastanti. Per me sicuramente è stata l’occasione per approfondire, le ragioni del mio impegno nell’associazione e sentire sulla pelle l’essere parte di un movimento internazionale, non è stata la stessa cosa che partecipare a Terra Madre, qui stavamo parlando, con visioni talvolta molto diverse, della nostra organizzazione di quello che è e di quello che potrà e vorrà essere, niente comunque si potrà fare se non partire proprio dall’assunto della particolarità di essere Slow Food nelle comunità di tutto il mondo, “abbracciando la complessità” come affermava Carlin nel suo intervento. Mentre inizialmente, soprattutto nei delegati italiani, era evidente l’elemento “attesa”, delle proposte, a fine Congresso credo che ci sia stata una maggiore chiarezza,forse serenità: siamo per strada a costruire il nostro futuro di organizzazione, aperti al contributo di tutti, disposti come i viandanti a percorrere qualche chilometro in compagnia, desiderosi di contaminare e contaminarsi. Siamo convinti di voler accettare questa sfida che è sempre “il cambiamento”, ma questo, necessariamente, deve partire da un’approfondita conoscenza di ciò che siamo e della nostra identità distintiva. Come Slow Food Italia credo che dovremo sentire tutta la responsabilità di definire i principi e i termini che potranno strutturare un’organizzazione sempre più capace di fare politica. Raffaella Grana