Anche l’industria alimentare influenza la medicina, tra finanziamenti alla ricerca e sponsorizzazioni
Non sono solo le multinazionali del farmaco a influenzare la medicina: anche le grandi aziende alimentari condizionano la ricerca scientifica e le politiche sanitarie, con l’unico obiettivo di favorire le vendite dei propri prodotti, che siano bevande zuccherate o barrette di cioccolato. A parlarne è il libro Conflitti di interesse e salute di Nerina Dirindin, Chiara Rivoiro e Luca De Fiore (*), che dedica un intero capitolo all’influenza di Big Food sulla medicina.
Un “argomento chiave”, secondo gli autori, nella storia dei conflitti di interesse della medicina con l’industria alimentare è quella del latte in polvere per neonati. Negli anni ’70 quattro donne americane su cinque allattavano i figli con formule artificiali, grazie alla pioggia di sponsorizzazioni e finanziamenti che si riversavano su pediatri, gruppi di ricerca e società scientifiche da parte delle aziende produttrici. C’è voluta una forte presa di coscienza di medici e istituzioni sanitarie, Oms in testa, affinché questo conflitto di interesse fosse riconosciuto ed arrivare nel 1990 alla Dichiarazione degli Innocenti (dal nome dell’ospedale fiorentino) in difesa dell’allattamento al seno.
Quello del latte in polvere per neonati non è il solo esempio significativo del rapporto stretto tra multinazionali del cibo e mondo sanitario. Per esempio, fin dagli anni ’60 l’industria dello zucchero ha manipolato la ricerca scientifica sulle malattie cardiovascolari in modo tale da distogliere l’attenzione dalle responsabilità degli zuccheri. Una questione tornata alla ribalta di recente con la pubblicazione di migliaia di documenti che svelano le strategie delle aziende per negare il ruolo dello zucchero nell’obesità (ne abbiamo parlato qui).
L’influenza dei colossi del cibo e delle bevande è così grande da essere difficilmente contrastata anche dalle autorità che dovrebbero tutelare della salute pubblica, e invece talvolta si ritrovano a sposare la linea dell’industria. Ed è così che il settore della nutrizione viene inquinato da studi di qualità modesta e poco affidabili finanziati dalle aziende o addirittura scritti da ghostwriter e firmati da scienziati compiacenti. Poi ci sono medici e scienziati che non dichiarano i propri conflitti di interesse con Big Food e congressi, simposi e corsi di aggiornamento sull’alimentazione sono sponsorizzati dalle multinazionali. Le conseguenze di tutto ciò sono facilmente immaginabili.
La soluzione ai diffusi – e spesso non dichiarati – rapporti tra medicina e industria alimentare non è semplice e non può essere solo normativa, spiegano gli autori. C’è bisogno di un cambiamento di mentalità nel mondo della salute: da una parte, si devono favorire integrità e trasparenza, dall’altra fornire a medici e scienziati gli strumenti per riconoscere le situazioni di potenziale conflitto di interessi. Ma tutto ciò rischia di non bastare se in questo cambiamento non si coinvolgono anche i cittadini.
“Conflitti di interesse e salute – Come industrie e istituzioni condizionano le scelte del medico” di Nerina Dirindin, Chiara Rivoiro e Luca De Fiore. Il Mulino, 2018.
(*) Nerina Dirindin professoressa di Scienza delle finanze ed Economia e organizzazione dei sistemi di welfare, Università di Torino.
Chiara Rivoiro, medico e PhD in Neuroscienze cliniche, specializzata in economia e politica sanitaria e in valutazione e gestione delle tecnologie sanitarie
Luca De Fiore, Associazione Alessandro Liberati – Network italiano Cochrane