La cerimonia dei 20 anni dell’Università di Pollenzo. Barbero: “senza la scuola l’Italia non ha futuro”. Farinetti: “create belle menti e progetti”
Il compito in classe sulle stagionalità di frutta e verdura, l’interrogazione sulle diverse fasi dell’allevamento. L’educazione alimentare in futuro potrebbe diventare una materia di studio a scuola e ad insegnarla ai ragazzi dovranno essere proprio i produttori di cibo: contadini, allevatori, pescatori. È la proposta rilanciata dal fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, in occasione dei festeggiamenti, ieri, per i 20 anni dalla nascita dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, la prima in Italia, fondata e presieduta proprio da Petrini, e che dal 2004 ha visto laurearsi 3.800 gastronomi, il 45% dei quali provenienti da 101 Paesi del mondo, e il cui Rettore, oggi, è Bartolomeo Biolatti.
“Non una materia di studio rigida, ma aperta e che interiorizzi il territorio – ha detto Carlo Petrini, ricordando l’appello “Con il cibo si cambia, con il cibo si educa” – vogliamo raccogliere un milione di firme, ma al di là dei numeri quello che conta è il sentimento di fondo che si crea. Dal Governo sono già arrivati segnali che qualcosa si sta muovendo. È importante sviluppare alleanze strategiche”.
La sponda è arrivata dalla Coldiretti: il presidente Ettore Prandini, presente alla cerimonia, si è detto “convintamente a fianco di Slow Food e dell’Ateneo, convinto che debbano essere gli agricoltori a portare le loro conoscenze – ha dichiarato – è una grande opportunità di educazione per le nuove generazioni. Da tempo Coldiretti è presente nelle scuole con i suoi agricoltori per promuovere l’educazione alimentare e l’importanza di educare le nuove generazioni a comprendere quello che è il vero valore del cibo. Dobbiamo far sì che, soprattutto i bambini, comincino da subito un percorso di avvicinamento al cibo che passi dal racconto della produzione agricola, fino a quelli che possono essere gli aspetti sociali ed economici”.
A parlare, davanti a una platea di 800 persone in rappresentanza di più di 300 realtà dell’industria alimentare italiana, le principali istituzioni del territorio e 12 rettori universitari, anche Alessandro Barbero, professore di Storia medievale, che ha evidenziato il ruolo formativo della scuola: “le scuole sono un pezzo del nostro Paese importantissimo e sacro senza il quale l’Italia non avrebbe futuro. Un valore che non viene mai abbastanza riconosciuto, ma che ha la possibilità di fare il miracolo, di non trasmettere solo contenuti e una direzione per il proprio futuro professionale, ma di aprire le teste e far ragionare i ragazzi. La scuola può senz’altro farsi carico anche di questa dimensione e sono consapevole che agli insegnanti si chieda un altro sacrificio. Il consiglio è di riempire l’educazione alimentare di fatti per farci capire chi siamo e come dobbiamo stare al mondo”.
Sostenitore dell’appello anche Maurizio Martina, dg Fao, che in un video messaggio ha spiegato come “attraverso l’educazione alimentare si può sviluppare un percorso di formazione non solo al cibo, ma alla cittadinanza. Conoscere i popoli attraverso il cibo, vuol dire conoscerne virtù e fragilità e in una situazione geopolitica e ambientale così complicata, pensare di investire sul cibo come strumento di educazione alla cittadinanza è un atto rivoluzionario”.
A sottolineare l’esigenza di inserire l’educazione alimentare nelle scuole anche due interventi scientifici: per Carmine Garzia, professore di Economia Aziendale all’Università di Pollenzo e coordinatore scientifico del Food Industry Monitor, “i consumatori consapevoli sono in grado di generare una domanda di qualità, che porta a sua volta a una offerta di qualità”, mentre per il climatologo e divulgatore scientifico, Luca Mercalli, “negli stessi 20 anni di esistenza di Pollenzo si è manifestato l’aumento delle temperature e la sempre maggiore frequenza dei fenomeni atmosferici violenti, in una corsa del clima che sta cambiando troppo e troppo in fretta perché gli essere umani possano adattarsi”.
Sul concetto di cibo, inteso invece come strumento culturale, il discorso di Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia: “la logica che deve guidare il sistema alimentare non può essere che “bio” in senso etimologico, cioè imperniata sulla vita. Nessuno sviluppo degno di questo nome, oggi può essere disgiunto da un approccio che lo renda prima di ogni cosa sostenibile, durevole, armonico – ha spiegato – in antitesi al cibo come “commodity”: prodotto per essere venduto, invece che per nutrire il corpo e lo spirito; prodotto per i mercati finanziari e soggetto a speculazioni; cibo che viene sprecato, a livello globale, per un terzo della produzione complessiva: ecco che l’educazione alimentare ci insegna la cultura del necessario per contrastare lo spreco”.
Alla cerimonia era presente anche Oscar Farinetti. Il fondatore di Eataly si è soffermato sul ruolo svolto dell’ateneo nel tempo: “20 anni sono passati in fretta, ma l’Università ne ha fatte di cose. Ha assolto pienamente, dal mio punto di vista, al ruolo che deve ricoprire: far crescere belle menti, creare progetti, lanciare sfide e avviare ricerche allo scopo di migliorare il mondo. Nel suo campo specifico, ha migliorato davvero questo mondo. Se oggi esistono menti e cuori, in diverse parti del Pianeta, che operano per un equilibrio nuovo e migliore tra natura e tecnologia, lo dobbiamo anche alla nostra Università”.
A margine della cerimonia, Petrini ha annunciato che Slow Food l’anno prossimo porterà a Parigi la celebrazione per i 200 anni della “Fisiologia del gusto”, il libro scritto nel 1825 dal francese Brillat Savarin, considerato il “padre” della gastronomia intesa come scienza e materia multidisciplinare. Fonte: WineNews, 30.05.2024
La cerimonia dei 20 anni dell’Università di Pollenzo