Il fondatore di Slow Food a confronto con il filosofo Telmo Pievani: “rafforzare saperi e sapori dei territori per salvare la biodiversità alimentare”
Credit: Maxxi-Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo
Mai come ora la biodiversità in tutti i suoi aspetti, da quella ambientale a quella alimentare, culturale e antropologica, è sotto attacco e rischia di soccombere per mano di un uomo che mette la logica del profitto e della competitività al centro delle sue azioni. Perde pezzi anche la biodiversità alimentare che ha pagato il conto della omogeneizzazione industriale del cibo e negli ultimi cento anni ha perso il 75% della diversità genetica di specie coltivate. Con i suoi ecosistemi messi a dura prova anche dal cambiamento climatico, il pianeta Terra traballa come non mai e potrebbe arrivare allo scenario della sesta grande distruzione di massa, che, a differenza delle precedenti ere geologiche, non avverrebbe però come causa i cataclismi naturali, l’azione sciagurata dell’uomo. E il problema è che ancora non si vede la grande mobilitazione sociale e politica necessaria a fermare la catastrofe, anche se la transizione ecologica avviata dai Paesi mondiali offre elementi di speranza, se affrontata con cooperazione e condivisione. È l’allarme lanciato dal fondatore di Slow Food Carlo Petrini e dal filosofo e accademico Telmo Pievani, nel talk show “La tutela della biodiversità alimentare”, ieri, al Maxxi-Museo nazionale delle Arti del XXI secolo a Roma, come significativo complemento alla mostra fotografica “Amazonia” del maestro Sebastião Salgado, più di 200 scatti che catturano l’incredibile bellezza e varietà naturalistica della foresta amazzonica brasiliana e i modi di vita delle popolazioni indigene che la abitano e la custodiscono.
“La biodiversità – ha detto Petrini, ricordando l’impegno ultratrentennale di Slow Food a favore della biodiversità e del cibo “buono, pulito e giusto” per tutti – non si misura solo con la diversità genetica, ma anche nella diversità di culture, di tradizioni di spiritualità. Una diversità che è ben sintetizzata nella magistrale opera di Salgado. Se oggi la biodiversità alimentare è in pericolo, è perché tante specie sono state distrutte in nome del profitto. Questa logica ha prodotto e produrrà tanti guai. Bisogna cominciare a ragionare su un diverso modo di alimentarsi, puntando a rafforzare i saperi e i sapori dei territori e le relazioni con i contadini. Ci vuole una mobilitazione sociale e politica che ancora non vedo. Devo dire che c’è grande attenzione e sensibilità dei giovani al tema della biodiversità, ma di lì a mettere in campo buone pratiche e realizzare una rete mondiale che lavora su questo c’è molta strada da fare”. Petrini ha ricordato come il commercio alimentare di prossimità, dai mercati alle botteghe alimentari abbiano sofferto prima l’affermarsi della gdo e poi il colosso dell’e-commerce Amazon che ha sovrastato anche la grande distribuzione. “Bisogna realizzare dei movimenti di contrapposizione a questo stato di cose – ha detto Petrini – e dire, per esempio: non comprare su Amazon!”.
L’idea del consumatore passivo è sempre stata largamente combattuta dal fondatore di Slow Food che si è sempre impegnato, invece, per formare una cultura e una coscienza alimentare che partisse dal basso e, a questo proposito, l’educazione alimentare da proporre ai giovani e che la Chiocciola ha attivamente promosso portando tra l’altro il progetto “Orto in Condotta” nelle scuole, si propone come un pilastro fondamentale per diffondere la giusta consapevolezza nelle scelte alimentari. Petrini ha ribadito a WineNews che “è necessaria una grande azione di educazione alimentare presso i giovani, perché abbiamo bisogno di rivedere l’approccio che noi tutti abbiamo con il cibo e capire quanto sia stretto il legame che ha con l’ambiente e la salute”.
Per il filosofo Pievani, tutelare la biodiversità alimentare, significa “agire su un sistema di cause. Bisogna lavorare in modo sistemico per cambiare il sistema di sviluppo e di produzione”. Pievani, autore di numerosi saggi sulla biologia evolutiva, ha spiegato inoltre dal punto di vista antropologico il perché dei rischi che incombono sulla biodiversità e la conservazione degli ecosistemi. “L’homo sapiens – ha detto Pievani – è una specie perturbante della biodiversità perché, dove arriva, distrugge, e trae vantaggio adattando l’ambiente a sé. Ma soprattutto preoccupa la velocità, finora mai vista, con cui si svolge questa azione perturbante, perché così non diamo tempo alla natura di reagire. E c’è il rischio della sesta distruzione di massa. Quando si parla di cambiamento climatico, i grandi della Terra dicono che non c’è più tempo, che si va verso il disastro ambientale, ma poi non fanno proposte per uscirne”. In testa alla classifica di azioni particolarmente dannose per la biodiversità, secondo Pievani, c’è la deforestazione, seguita dalle specie invasive che portano all’estinzione delle specie autotctone, quindi l’inurbamento selvaggio, l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento di caccia e pesca. “In più – ha sottolineato – ci preoccupa il fatto che il cambiamento climatico stia accelerando questo processo di estinzione della biodiversità. Cosa possiamo fare per evitare il peggio? Bisogna fare tutto, posso dire solo questo”. E l’Italia ha necessità di ricevere una particolare attenzione sul fronte delle azioni da fare, ha sottolineato l’accademico, perché nel Belpaese c’è un grande patrimonio di biodiversità da salvaguardare e valorizzare. “L’Italia – ha detto Pievani ai microfoni di WineNews – è il Paese top in Europa per biodiversità, dobbiamo imparare a tutelarlo sempre di più. Ora ci sono i fondi del Pnrr, una linea di questi prevede proprio un Centro Nazionale per la Biodiversità. Quindi è una grandissima occasione che abbiamo, ora o mai più direi, perché da qui al 2026 si inverta la rotta, per esempio raggiungendo un obiettivo indicato dall’Europa e cioè che il 30% del territorio italiano, inclusi il mare e le coste, siano posti sotto protezione rispetto alla biodiversità. Non è una cosa utopistica, si può fare”. Secondo Pievani la pandemia non ha fatto riflettere a sufficienza sullo scenario che ha portato al suo insorgere. “Ci stiamo dimenticando – ha osservato il filosofo – che il vaccino ci protegge dal virus ma non riduce la probabilità che l’epidemia ritorni. Se vogliamo lavorare sulla prevenzione, dobbiamo lavorare sull’ecologia, sulle condizioni di contorno che rendono probabile la pandemia e che sono le stesse che più minacciano la biodiversità: dalla deforestazione, la trasformazione delle foreste in piantagioni, per continuare con i commerci illegali di animali esotici e i wet market: sono tutte situazioni in cui aumenta il contatto tra animali portatori di virus e gli essere umani. Quindi bisogna lavorare sull’aspetto ecologico e sociale delle pandemie”.
A conclusione del talk show, Carlin Petrini, che il quotidiano britannico “The Guardian” nel 2008 ha posizionato tra le 50 persone che potrebbero salvare il pianeta, ha fornito la sua ricetta per uscire dall’allarmante scenario di un’ecatombe ecosistemica. Cambiare prospettiva e impegnarsi nel cammino della transizione ecologica a favore della salute del pianeta e di stili di vita alimentari più adeguati, secondo il fondatore di Slow Food si può e si deve fare, “ma si può realizzare solo con la cooperazione e la condivisione, se, infatti, il paradigma della competitività continuerà ad essere vincente, non riusciremo a cambiare. L’elemento della cooperazione deve essere distintivo anche della politica. E poi ci vuole rispetto per chi è indietro, emarginato, e mi riferisco alle donne, agli anziani, agli indigeni e ai giovani. Possono essere loro l’elemento nuovo di questa fase storica”. Fonte: WineNews, Cristina Latessa, 03.02.2022